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Tutto quello che sbagliamo quando parliamo di immigrazione

In Italia c'è una grande confusione sul tema dell'immigrazione, a partire dal lessico. Abbiamo provato a fare un po' di chiarezza sui termini più usati, e abusati, nel dibattito pubblico.

Dal nostro documentario

Le prigioni dei migranti in Libia.

Praticamente ogni giorno, dalla stampa alla pensilina dell'autobus, ci ritroviamo a discutere di sbarchi, accoglienza e immigrazione. Ma per quanto se ne parli, l'impressione è che sul tema ci sia una grande confusione—a partire dai termini che usiamo. Chiamare una persona profugo o immigrato è solo una questione di politicamente corretto? E perché discutere di "sedicenti profughi" è diventato così comune? Insomma, sappiamo davvero di cosa stiamo parlando?

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Per tentare di fare un po' di chiarezza, abbiamo deciso di compilare una breve guida alla terminologia legata all'immigrazione.

CLANDESTINO

Manifestazione della Lega Nord a Roma, 28 febbraio 2015. Foto di Federico Tribbioli

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Nonostante se ne faccia un grandissimo uso, la parola clandestino per la legge italiana non esiste. Agire in maniera clandestina, letteralmente, significherebbe farlo di nascosto, senza farsi scoprire. Comunemente, però, questo aggettivo è diventato un modo per indicare chi entra in Italia senza titolo, aggirando le frontiere, o chi, arrivato regolarmente, resta dopo la scadenza del permesso di soggiorno o del visto—i cosiddetti overstayer. Nella pratica la parola viene spesso usata come sinonimo di "migrante," tanto che alcuni giornali hanno titolato "Strage di clandestini," riferendosi alle morti in mare di persone che non sono arrivate nemmeno a toccare le acque italiane.

A parte queste distorsioni, comunque, clandestino non corrisponde a nessuna condizione giuridica: non c'è nella legge Bossi-Fini e non viene citata neanche nel testo unico sull'immigrazione nel cosiddetto "reato di clandestinità", che infatti si chiama "Ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello Stato." Tra l'altro, clandestino viene usato solo in Italia: il corrispettivo di altre nazioni, come ad esempio Francia e Inghilterra, è il più neutro "senza documenti."

Insomma, si abusa di una parola che non indica nulla di concreto, se non una qualche connotazione negativa. Questa circostanza—secondo la guida ParlareCivile—"è particolarmente importante perché sui clandestini (veri e falsi) si è abbattuta una retorica securitaria."

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Alcune parti politiche, infatti, sono davvero affezionate alla parola clandestino. Lo scorso dicembre l'associazione Carta di Roma ha chiesto che non se ne facesse più uso nei documenti pubblici, per disincentivarne l'utilizzo anche sui media, considerata la connotazione negativa del termine.

PROFUGO

Migranti a Quinto di Treviso (Veneto), sgomberati a seguito delle proteste di residenti ed estremisti di destra dello scorso giugno. Foto di Alessandro Rampazzo

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In realtà, con il termine profugo non si intende niente di specifico: solo genericamente una persona che è andata via dal suo paese d'origine a causa di persecuzioni, guerre, catastrofi naturali o altri eventi esterni. Possono essere anche "interni", quando non oltrepassano i confini della nazione.

Tra l'altro, profugo non corrisponde a rifugiato, come talvolta si vorrebbe far intendere, ed è una condizione che prescinde dall'accoglimento—o anche solo dalla presentazione—della richiesta d'asilo.

RICHIEDENTE ASILO

Un richiedente asilo è chi fugge dal proprio paese e chiede il riconoscimento di una forma di protezione internazionale. Fino a che non viene presa una decisione definitiva dalla Commissione centrale per il riconoscimento dello status di rifugiato, il richiedente asilo ha diritto di soggiornare regolarmente nel paese, anche se è arrivato senza documenti d'identità o aggirando le frontiere.

Secondo i dati Eurostat, il numero di richiedenti asilo nell'Ue nel 2014 è stato di 626mila, aumentando del 44 percento rispetto al 2013. Uno su tre ha fatto domanda in Germania – 200mila domande. In Italia a fronte di 170mila arrivi sono state 64mila, cioè il 10 percento dei richiedenti, registrando un aumento del 143 percento in un anno. Rispetto alla popolazione il rapporto è di 1,1 richiedenti asilo ogni mille abitanti. La media europea è di 1,2. I dati aggiornati a febbraio 2015 contano 5769 richieste d'asilo presentate in Italia, prevalentemente dal Gambia, poi da Senegal, Nigeria e Mali.

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Richieste d'asilo in Italia nel 2014. Via

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I migranti possono fare richiesta di protezione alla polizia di frontiera, o all'ufficio immigrazione. Alle forze dell'ordine devono spiegare le motivazioni per cui chiedono lo status di rifugiato. Ad esempio dimostrando di essere oggetto dipersecuzioni dirette e personali per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza a determinati gruppi sociali o per le proprie opinioni politiche.

Se arrivano senza documenti o c'è bisogno di verifiche vengono portati in un Cara, dove dovrebbero rimanere 20 giorni, che però spesso si allungano inesorabilmente, anche perché bisogna attendere le audizioni delle commissioni territoriali competenti. Altri finiscono nei Cie o nella rete dell'accoglienza straordinaria. Durante questo tempo i migranti potrebbero anche spostarsi, a patto di comunicare un nuovo domicilio. Ma la maggior parte non sa dove andare e resta bloccato.

L'anno scorso sono state esaminate 36.630 domande d'asilo; 13.327 sono state rifiutate, mentre a 21.861 migranti è stata accordata una qualche forma di protezione. A 3.649 persone è stato concesso lo status di rifugiato, a 8.121 è stata data la protezione sussidiaria, mentre quella umanitaria a 10.091. Delle 3.301 richieste esaminate a febbraio 2015 il 51 percento ha ottenuto protezione. Non aveva i requisiti quindi il 49 percento dei richiedenti—non il 90 percento, come recentemente ha sostenuto Giorgia Meloni.

RIFUGIATO

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Secondo la Convenzione di Ginevra del 1951 il rifugiato è chi "temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo paese."

Il riconoscimento dello status di rifugiato è il secondo—auspicato—step di chi fa richiesta di protezione internazionale. Viene riconosciuto dalla commissione competente qualora ritenga ci sia un fondato timore nel far tornare la persona nel suo paese. La Questura rilascia quindi un permesso per asilo politico.

I requisiti per ottenere lo status di rifugiato sono abbastanza stretti e precisi. Alcuni migranti sono costretti a mentire sulle persecuzioni, fuggendo in realtà da povertà e miseria, non contemplate tra le condizioni. Nel 2013 la Corte europea è intervenuta in tema di persecuzione degli omosessuali, su ricorso di tre richiedenti asilo provenienti da Sierra Leone, Uganda e Senegal, dove l'omosessualità è punita con multe e carcere fino all'ergastolo.

In ogni caso, secondo il report del Centro Astalli, un terzo dei rifugiati o dei richiedenti asilo presenti in Italia ha subito torture, violenze o maltrattamenti che, in molti casi, hanno portato a malattie mentali.

L'ingresso del centro d'accoglienza Baobab a Roma, giugno 2015. Foto di Marco Minna

PROTEZIONE INTERNAZIONALE E DIRITTO D'ASILO .

In Italia, il diritto d'asilo è garantito dall'articolo 10 della Costituzione allo "straniero al quale sia impedito nel suo paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana." Il diritto d'asilo, però, non coincide con lo status del rifugiato—per cui non è sufficiente che nel Paese di origine siano generalmente conculcate le libertà fondamentali, perché il richiedente deve aver subito, o fondato timore di subire, "specifici atti di persecuzione."

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Nonostante il prefetto di Gorizia abbia denunciato che "questa storia dell'asilo è diventata un escamotage per l'immigrazione," e che viene sfruttato "senza alcun diritto un istituto storico di protezione per i veri perseguitati," non sono solo i rifugiati ad aver diritto di restare in Italia. Sono previste, infatti, anche altre forme di protezione internazionale. Anzi, la maggior parte delle persone che vengono accolte non sono rifugiati in senso stretto.

Esiste la protezione sussidiaria, che si concede a chi non può dimostrare una persecuzione personale ai sensi della Convenzione di Ginevra, ma che rischia di subire un danno grave (come una condanna a morte, tortura, minaccia alla vita in caso di guerra interna o internazionale) in caso di rientro nel proprio paese.

L'altra forma di protezione è quella umanitaria, un permesso temporaneo previsto per chi, pur non rientrando nelle altre due categorie, viene ritenuto un soggetto a rischio per gravi motivi di carattere umanitario. Proprio quest'ultima forma di protezione è quella più diffusa: sulle 64mila domande presentate lo scorso anno, lo status di rifugiato è stato dato solo al 10 percento dei richiedenti, la protezione sussidiaria al 23 per cento e quella umanitaria al 28 per cento. Recentemente è stata concessa a un ragazzo straniero che si era dissociato da una pericolosa gang latinoamericana collaborando con la questura di Milano. Se fosse tornato in Salvador sarebbe probabilmente morto.

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MIGRANTE ECONOMICO

— Matteo Salvini (@matteosalvinimi)June 25, 2015

Uno dei temi più discussi negli ultimi tempi riguarda la distinzione tra profughi e migranti economici. Qualche tempo fa anche il premier Matteo Renzi è intervenuto sull'argomento, stabilendo che "i richiedenti asilo si accolgono, i migranti economici vengano rimpatriati." Anche la Francia ha chiesto all'Italia di selezionare chi arriva alla frontiera e "dividere chi arriva per cercare lavoro da chi fugge da guerre e persecuzioni."

Letteralmente, per migrante economico si intende appunto chi si sposta per motivi economici, quindi in cerca di lavoro o di condizioni migliori di quelle del paese d'origine. Una categoria che non meriterebbe protezione, perché per la legge italiana la fame non è equiparata alla guerra. Per molti però questa distinzione è una semplificazione che crea migranti di serie A e migranti di serie B.

TRANSITANTE

Migranti alla stazione centrale di Milano. Foto di Henry C. Krempels

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Quando lo scorso giugno le stazioni di Milano Centrale e Roma Tiburtina si sono riempite di centinaia di migranti, sui media è comparso il termine "transitanti." Si tratta di potenziali rifugiati o richiedenti asilo per i quali l'Italia è solo una tappa di passaggio di un viaggio più lungo. Il loro obiettivo è transitare nel modo più rapido e indolore possibile, visto che, secondo il regolamento di Dublino, i migranti sono costretti a chiedere asilo nel primo paese in cui vengono identificati.

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Secondo Gianfranco Schiavone, dell'Associazione per gli studi giuridici sull'immigrazione (Asgi), in caso di identificazione si entra in un terreno scivoloso, perché "se la domanda di asilo non viene presentata la persona può essere considerata irregolare. Qui, però, scatta il paradosso: può essere considerata irregolare, ma non può essere espulsa nel momento in cui gli stati hanno l'obbligo di non espellere e non respingere una persona che viene da una situazione a rischio, ma si ostina a non voler chiedere protezione in quel paese per ragioni legate ad un suo percorso migratorio."

MINORE STRANIERO NON ACCOMPAGNATO

Migranti a Ponte Mammolo, Roma. Foto di D.O.O.R.

I minori stranieri non accompagnati si trovano in Italia senza genitori o altri adulti legalmente responsabili in base alle leggi italiane. Secondo i dati del ministero del Lavoro, a giugno 2015 in Italia se ne segnalavano 8201.

Spesso, però, molti di loro diventano irreperibili e non si sa che fine facciano. Non possono essere espulsi, tranne che per motivi "di ordine pubblico e sicurezza dello Stato" e salvo il diritto a seguire il genitore o l'affidatario espulsi. Se non richiedenti asilo, possono però essere rimpatriati mediante il "rimpatrio assistito".

CENTRO D'ACCOGLIENZA

Slogan contri i migranti a Quinto di Treviso, 17 luglio 2015. Foto di Alessandro Rampazzo

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Se c'è un argomento su cui si fa parecchia confusione è quello dei centri dove vengono accolti (o rinchiusi) i migranti. In Italia esistono i Cpsa (Centri di primo soccorso e accoglienza), che dovrebbero rappresentare il primo approdo per chi arriva. Secondo quanto dice il Ministero, in questi centri "i migranti ricevono le prime cure mediche necessarie, vengono fotosegnalati, possono richiedere la protezione internazionale. Successivamente, a seconda della loro condizione, vengono trasferiti nelle altre tipologie di centri."

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Poi ci sono i Cda (Centri d'accoglienza) che "garantiscono prima accoglienza allo straniero rintracciato sul territorio nazionale per il tempo necessario alla sua identificazione e all'accertamento sulla regolarità della sua permanenza in Italia." La legge non fissa un chiaro limite temporale per il periodo di permanenza, che deve essere il tempo strettamente necessario all'espletamento delle operazioni di prima assistenza e soccorso. Si cerca di non andare oltre le 48 ore, ma non sono mancati i casi in cui la permanenza si è protratta per settimane.

I Cara (Centri di accoglienza per richiedenti asilo) sono invece i centri dove viene inviato "lo straniero irregolare che richiede la protezione internazionale per l'identificazione e l'avvio delle procedure relative alla protezione internazionale." Il periodo dentro il Cara non dovrebbe eccedere i 35 giorni, oltre i quali il richiedente asilo dovrebbe ricevere un permesso di soggiorno della durata di tre mesi, rinnovabile fino alla definizione della richiesta di asilo. Nella pratica, a causa dei ritardi delle Commissioni territoriali i tempi di permanenza si allungano a dismisura.

Mappa dei centri per richiedenti asilo in Italia. Via

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I Cie (Centri di identificazione ed espulsione), infine, sono strutture destinate al trattenimento degli stranieri senza permesso di soggiorno destinati all'espulsione. Spesso sono considerati più dei lager che dei centri.

In tutte le strutture fin qui elecante sono ospitate circa 11.300 persone, ma il sistema è vicino al collasso.

Oltre a questi centri c'è il cosiddetto Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), una rete di "seconda accoglienza" per chi chiede o ottiene protezione internazionale. Lo Sprar è costituito dagli enti locali che accedendo al Fondo nazionale per le politiche e i servizi dell'asilo partecipano ad appositi bandi e organizzano progetti per l'accoglienza dei migranti. La rete oggi ospita 20mila persone, ma il ministero dell'Interno amplierà di altri 10mila posti.

Il resto dei migranti—più di 42mila—si trovano nelle strutture d'accoglienza temporanee, i cosiddetti Cas (centri d'accoglienza straordinaria), che non sono altro che alberghi, pensioni, agriturismi messi a disposizione dietro corrispettivo di circa 30 euro al giorno. Si tratta però di luoghi che spesso e volentieri sono inadeguati.

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