Un po' di donne ci hanno raccontato la prima volta che si sono sentite forti

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Un po' di donne ci hanno raccontato la prima volta che si sono sentite forti

Hilary Clinton è ufficialmente il candidato Democratico alla presidenza degli Stati Uniti. Ma ci si può sentire forti anche per molto meno, così abbiamo chiesto a un po' di donne in giro per il mondo di raccontarci il momento in cui hanno realizzato...

Qualche giorno fa, Hillary Clinton è diventata ufficialmente il candidato democratico per la presidenza americana. Adesso, qualsiasi cosa voi pensiate sul suo conto, una cosa è certa: il fatto che il candidato dei uno dei due più importanti partiti americani alla presidenza degli Stati Uniti sia una donna è un evento storico.

Ma il momento in cui capisci di avere il potere di cambiare la tua vita non deve coglierti per forza in tailleur. I nostri uffici di VICE in giro per il mondo hanno chiesto ad alcune donne tra i 16 e i 55 anni dei momenti in cui si sono sentite forti per la prima volta:

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KASIA, 29 ANNI, POLONIA

Al funerale di mio nonno ho visto mio padre per la prima volta dopo molti anni. Siamo praticamente due estranei—mia madre ha cresciuto me e mia sorella da sola. Mio padre non ha mai avuto un buon rapporto con i suoi genitori, ma noi sì—i nonni hanno sempre cercato di compensare l'assenza di nostro padre. Quando mio nonno è morto mi aspettavo che mio padre si sarebbe presentato al funerale, nonostante il loro rapporto. E infatti è andata così, e non mi dimenticherò mai cos'è successo dopo. Dopo quasi vent'anni che ci aveva abbandonato, è venuto da me e mi ha detto, "Ciao!" Io sono rimasta senza parole per un attimo, e lui ha incalzato, "Non mi stringi nemmeno la mano?"

Ed è stato tutto. L'immagine fantastica di padre che ho sempre avuto in testa ha cominciato a scomparire. Mia madre non mi aveva mai detto niente di male su di lui, ma all'improvviso mi è stato tutto chiaro. Quando un genitore ti abbandona in tenera età, è come se ti rimanesse un buco dentro. Anche se il genitore rimanente fa tutto quello che è in suo potere per te, continui a sentirti incompleto, non abbastanza, immeritevole dell'amore e via dicendo. Quando mio padre si è rivelato un coglione, quel vuoto è scomparso. Mi sono sentita sollevata dal fatto che non avesse fatto parte della mia vita. È stato un momento in cui mi sono sentita forte. Dopo il funerale io e mia sorella siamo uscite a fumare nel parcheggio, ci siamo guardate e siamo scoppiate a ridere.

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TANIA, 16 ANNI, SPAGNA

Sono dovuta crescere in fretta, perché non era una situazione facile: risse, droghe, violenza e raid della polizia erano all'ordine del giorno—anche a casa mia. Quando avevo circa dieci anni ho dovuto cominciare a prendermi cura di mia sorella, che ha un anno meno di me. Pulivo casa, cucinavo e badavo a lei, e non mi restava nemmeno il tempo di fare i compiti. Quando avevo 12 anni, una ragazza del nostro quartiere che era un po' più grande di entrambe ha iniziato a prendersela con mia sorella. Un giorno non ne ho potuto più di vedere mia sorella terrorizzata, così ho preso il coltello che tenevo sotto il cuscino e non appena l'ho vista mi sono avvicinata e gliel'ho puntato alla gola, con una freddezza che mi fa paura ancora oggi. Ha cominciato a piangere e a pregarmi di lasciarla andare. Poi ha cercato di darmi un pugno, ma io ho tirato un'altra volta fuori il coltello e lei è scappata.

Non mi sono mai sentita potente come quel giorno. A ripensarci, non ne sono orgogliosa—ora voglio solo concentrarmi su come rendere la mia vita migliore. Ma quattro anni fa, la mia vita era così. È stata la prima volta che mi sono resa conto di avere il potere di cambiarla.

KATHRIN, 22 ANNI, AUSTRIA

Sono cresciuta in campagna e sono sempre stata molto insicura. A scuola, ero il bersaglio di tutti. Quando ho compiuto 16 anni la mia famiglia si è trasferita in città, quindi ho cambiato scuola. Nella mia nuova classe eravamo in 29 ragazze e un ragazzo. Ho conosciuto e sono diventata amica di ragazze di ogni tipo, ognuna con le sue qualità. Le persone che non venivano a scuola con noi ci prendevano sempre in giro, dicevano che ci stavamo preparando a diventare casalinghe—ma non potevano sbagliarsi di più. Alcune ragazze erano geni della matematica, altre non ci capivano niente. C'erano ragazze bravissime nello sport o portate per le lingue e ragazze a cui non importava nulla. Dato che eravamo tutte ragazze, a nessuna interessava inquadrarsi negli stereotipi, ce ne fregavamo di come dovessimo essere per diventare "ragazze perbene".

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Molte volte mi sono stupita da sola, e ho smesso di preoccuparmi di non essere abbastanza, o di non essere abbastanza bella. Alla mia scuola, l'unica cosa che interessava a ognuna era crescere e scoprire come realizzarsi. Quella era una sensazione potente, e il fatto di aver trovato la mia voce in mezzo ad altre ragazze mi dà forza ancora oggi.

RUXANDRA, 16 ANNI, ROMANIA

Ho conosciuto il mio ragazzo a una caccia al tesoro, il giorno di San Valentino—eravamo nella stessa squadra. Io stavo per compiere 15 anni. L'ho notato perché era un po' goffo, ma in modo carino. Da lì, abbiamo parlato al telefono tutti i giorni e una settimana dopo siamo usciti a pranzo. Usciti dal ristorante siamo andati a fare una passeggiata; ci tenevamo per mano e all'improvviso mi ha baciata. Ecco com'è cominciata. È stato il primo ragazzo a piacermi veramente. Ma litigavamo di continuo, per piccole cose, e parlarci era impossibile. Per esempio, se giocavamo ai videogiochi e perdeva, si arrabbiava moltissimo. E ci vedevamo solo durante il weekend, perché frequentavamo scuole diverse. Dopo sei mesi ci siamo lasciati, entrambi in lacrime.

La prima settimana non ho mangiato niente, e ho pianto un sacco. Una sera, ho chiesto a mia madre se poteva dormire nel letto con me. Piangevo e lei non sapeva che fare. A scuola facevo finta di stare bene, ma a casa crollavo. Ci è voluto un sacco di tempo, ma un giorno all'improvviso ho capito che stavo bene. Che l'avevo superata. Mi sono sentita incredibilmente forte. Ho aperto la rubrica e ho cambiato il suo soprannome con il suo nome vero, e cambiato i titoli delle playlist che avevo dedicato a lui, e ho cancellato il primo messaggio che mi aveva mandato. Mi sono sentita molto bene dopo averlo fatto.

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ANNA, 51 ANNI, CANADA

Il fratello più grande di mio padre ha quattro figli maschi, e prende sempre in giro mio padre per avere solo figlie femmine. Mio padre gli diceva "Tutto quello che gli uomini possono fare, le donne possono farlo meglio." È diventata una specie di competizione, e mio padre è sempre stato molto orgoglioso del fatto che fossimo in grado di fare qualsiasi facessero i nostri cugini. Tutto, dai compiti scolastici ai lavori manuali: quando hanno costruito la nostra casa, io e mia sorella abbiamo trasportato mattoni; nel fine settimana lavoravamo nel negozio di mio padre; a 17 anni, guidavo un furgone.

I miei genitori sono persone molto forti. Mia madre è venuta in Canada dall'Italia quando aveva solo 14 anni. Ha fatto quel viaggio di dieci giorni attraverso l'oceano tutta sola. Il fatto che mia madre fosse una donna così forte e che mio padre non fosse mai intimidito da questa sua caratteristica mi ha dato molta forza. Ci sono state persone che mi hanno detto: "Anna, non troverai mai un uomo, sei troppo forte. Non sono in molti a poter tener testa a una donna così." Non ci ho mai creduto, ma per alcuni versi, se sei una donna forte puoi intimidire gli altri.

MARY, 54 ANNI, GRECIA

Mi sono sposata quando ero giovane e mio marito aveva due lavori, quindi io stavo a casa a crescere i nostri figli. Quando ha comprato un taxi, poteva lavorare quando voleva—quando eravamo in vacanza, metteva a lavorare uno dei nostri due figli. Tutto, nella mia vita e in quelle dei nostri figli, dipendeva da mio marito—i soldi, il sostentamento, l'abilità di risolvere i problemi. Sei anni fa, i dottori ci hanno detto che aveva il cancro. Dovevo prendermi cura di lui, della casa e dei nostri figli, e dedicarmi completamente a lui tutte le volte che stava male a causa della chemioterapia. Le cure costavano molto, e dovevo prendere le redini del taxi. Non sapevo guidare, ma ho fatto scuola guida e ho ottenuto la patente e la licenza per il taxi. Non conoscevo bene le strade di Atene. Quando non avevo clienti, quelli erano gli unici momenti in cui mi consentivo di piangere. Un anno dopo, mio marito è morto. Ma quando quel momento è arrivato mi sentivo forte. Quell'anno mi ha insegnato che potevo fare qualsiasi cosa—lavorare, prendermi cura di lui, tirargli su il morale, cucinare, dare sostegno emotivo ai miei figli. Non mi sono mai sentita tanto forte in vita mia. Potevo fare qualsiasi cosa—tranne che mantenere in vita mio marito.

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MARIANNA, 26 ANNI, ITALIA

Una delle cose che continua a venir fuori di recente con la mia terapista è che ho sempre avuto la tendenza a stare con persone che si dicono o si comportano come se fossero "incastrati" nella relazione con me, anche se in realtà di solito non volevano una relazione ed erano i loro sentimenti a costringerli ad esserci. Il concetto del "Ti amo anche se sei non vai assolutamente bene per me" è qualcosa che ho imparato a conoscere molto bene: "di solito non esco con ragazze come te," "Diciamo che non rientri nei miei standard," "Sono attratto da te ma non capisco perché," "Puoi smetterla di comportarti come un cartone animato e fare la ragazza normale?" e "Perché devi essere così strana?"

Tutte queste frasi, le ho sentite moltissime volte—e non so neanche bene cosa vogliano dire. Alle volte riesco a rispondere e alle volte no, ma fa sempre male, specialmente quando escono dalla bocca di persone che dovrebbero amarti. Non importa se i ragazzi ti trovano attraente e le tue amiche giurano lo stesso—ti senti imbarazzata e senza valore.

Ma analizzando questo fatto ricorrente nella mia vita e guardarlo dal punto di vista terapeutico mi sta aiutando a valorizzare me stesa, e ho notato che, a volte, riesco a pensare—bene, fanculo, se credi che io sia sbagliata è un problema tuo, e io non voglio avere niente a che fare con te. Non posso dire di riuscire a sentirmi forte ogni giorno, e alle volte ho bisogno di amici che mi ripetono che non c'è niente di sbagliato con me, ma mi sento di essere nella direzione giusta.

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JANE, 52 ANNI, REGNO UNITO

Il mio momento è arrivato nel 2001, il giorno di natale. Avevo 37 anni ed ero recentemente uscita da un matrimonio violento. Mio figlio aveva sei anni, mia figlia solo uno. I miei genitori stavano arrivando in città per il pranzo di natale, mio figlio era in giardino a giocare con i suoi amici e i loro nuovi giocattoli, e mia figlia era a letto, a farsi il suo sonnellino mattutino. Il pranzo era in forno, la casa era tutta addobbata—tutto era pronto per accogliere i miei genitori. Ho avuto il tempo di sedermi e bermi un bicchiere di vino. Ricordo di aver sentito un incredibile senso di calma e di essere stata invasa dall'amore per i miei figli. In quel momento, ho capito quanto fossi forte e capace di tutto. Non avevo bisogno del mio ex marito.

All'epoca non sapevo che mi avrebbe fatto stalking per i 12 anni successivi. Ma ho superato anche quella, con due figli sani e felici, che oggi hanno 22 e 16 anni. A un certo punto, una mia amica che frequenta siti di incontri mi ha chiesto di scrivere un libro sul tema. Così ho intervistato circa 40 persone, chiedendo loro delle proprie esperienze con quei siti, e ho ottenuto 50 brevi storie. Il libro è stato pubblicato in versione di e-book nel 2013. Quello è stato un altro momento importante: mi sono sentita forte come individuo—non solo come madre.

ANA, 33 ANNI, MESSICO

Quando avevo 23 anni e mi mancava un semestre alla laurea, ho deciso di fare un viaggio di tre mesi tra Lonrda, Parigi, e Berlino. All'inizio avevo pianificato di farlo a 18 anni, ma mio padre non me l'ha permesso—temendo che non sarei mai più tornata a casa. Con l'università gli avevo dimostrato di non essere più una ragazzina impulsiva, quindi era tempo di partire. Sono atterrata a Londra e mi sono messa in fila al controllo passaporti, ma un agente è venuto verso di me e mi ha presa da parte. Nervosa e con un inglese sincopato, ho provato a spiegargli che avrei passato tre mesi là da turista. Non mi hanno creduto e mi hanno fatto andare in una stanza per ulteriori domande.

Mi hanno chiesto l'età, il sesso, il mio passato e le miei intenzioni, il contenuto della mia valigia (per lo più cibo messicano), e perché viaggiavo da sola, perché i miei genitori avessero acconsentito a lasciarmi partire—quando ho detto che studiavo Relazioni Internazionali hanno pure deciso di mettermi alla prova con altre domande. Mi hanno interrogata quattro persone diverse, che mi hanno fatto le stesse identiche domande. Dovevo rispondere per iscritto e firmare ogni volta. Non mi hanno messo a disposizione nessun traduttore, io ero molto nervosa ma stavo dicendo la verità. Per questo, non ho mai smesso di credere che tutto si sarebbe risolto per il meglio. Cosa che alla fine è avvenuta. Viaggiare da sola per i successivi tre mesi è stata un'esperienza che mi ha dato molta forza. Adesso vivo la mia vita con la consapevolezza che, se sono sincera e non mi lascio intimorire, tutto si sistema.

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