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reportage

Come mai la gente continua a voler visitare il bus di Into the Wild?

Il 6 settembre 1992 il corpo di Chris MacCandless veniva ritrovato in un bus abbandonato in una riserva dell'Alaska. Da allora, i pellegrinaggi sulle sue tracce continuano. E non sempre finiscono bene.
bus into the wild

Come riporta oggi, 25/02/2020, Associated Press, lo scorso sabato cinque escursionisti italiani, di cui uno con principi di congelamento, sono stati soccorsi in Alaska, dopo aver visitato il bus di “Into the Wild”. Questo è solo l’ultimo di una serie di casi e incidenti simili, come dimostra questo articolo che riproponiamo dal nostro archivio.

Quando Eddie Habeck ha organizzato un'escursione in Alaska nel 2012, non aveva messo in conto di visitare il Fairbanks Bus 142. Il 39enne del Vermont si è reso conto solo strada facendo che si stava in effetti dirigendo nello stato americano che ospita il bus dove Chris McCandless, il giovane vagabondo oggetto del libro del giornalista Jon Krakauer Into the Wild (e del film tratto da esso) venne ritrovato morto di stenti il 6 settembre 1992, dopo aver passato quattro mesi nella riserva del Denali National Park da solo, alla ricerca d'avventura.

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"Mi sono detto, aspetta, ma la storia è ambientata in Alaska," mi ha raccontato Habeck, che lavora per il governo federale e nel tempo libero gestisce un progetto di fotografia aerea. "Ho pensato che forse ci si poteva andare." Habeck ha pianificato il suo viaggio fino al bus—che si trova vicino al percorso chiamato Stampede Trail, nel parco nazionale. E su questa strada si è incamminato a maggio di quell'anno.

Il viaggio non è stato scevro da difficoltà—non ultima, attraversare il fiume Teklanika, che in quel periodo dell'anno è alto anche un metro e 50. Ma alla fine è riuscito ad arrivare al Bus 142, che era stato lasciato dov'era perché fungesse da riparo per cacciatori ed escursionisti. "Non era certo il motivo per cui ero partito, ma è stata una bella esperienza.

"Ho riflettuto molto sui motivi che possono aver spinto Chris ad abbandonare la società, e a come doveva sentirsi, così lontano dalla civiltà," dice Habeck. "Come deve essere stato immergersi del tutto nella natura… Non lo sai finché non sei lì."

Ogni anno, gli escursionisti di tutto il mondo prendono lo Stampede Trail alla ricerca di quelle sensazioni che descrive Habeck: il tentativo di raggiungere una sorta di nirvana in cui la sopravvivenza è l'unica cosa che conta, la solitudine, seguire gli ultimi passi di McCandless nell'immensità della natura dell'Alaska senza soccombere al suo stesso destino. Ma a questo riguardo, non tutti ci riescono: nel 2010, la 29enne svizzera Claire Ackermann è annegata cercando di guadare il Teklanika con il francese Etienne Gros, diretti al bus—e ogni anno qualche escursionista ha bisogno di soccorsi.

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In memoria di Claire Ackermann, sullo Stampede Trail.

Dato che per percorrere lo Stampede Trail non è necessario un permesso, non ci sono dati ufficiali su quante persone ogni anno ricevano aiuto. Lynn Macaloon, portavoce del Denali National Park and Preserve, ha detto a VICE che sono "molte" le operazioni di salvataggio che ogni anno vengono portate a termine lungo il percorso, operazioni che coinvolgono ranger, pompieri e anche la polizia.

Nel giugno 2016, gli escursionisti Michael Trigg e Theodore Aslud sono stati soccorsi da più di 20 persone e un elicottero: erano arrivati al bus, ma il viaggio di ritorno stava durando più del previsto. "Sono partiti con un'idea assolutamente irrealistica delle tempistiche," ci ha detto l'esperto escursionista Erik Halfacre, dell'Alaska. "Avrebbero potuto evitare tutto questo dispendio di energie e denaro facendo meglio i calcoli."

Halfacre, 30 anni, è una guida alpina e creatore del Last Frontier Adventure Club (LFAC), che descrive come "un modo per propagandare informazioni sui percorsi escursionistici, in internet." Nel corso degli ultimi anni, Halfacre è stato al Bus 142 tre volte. Una delle più recenti risale al 2014, quando Carine McCandless, la sorella di Chris, si è unita a lui e ad altri 11 escursionisti. Quell'anno usciva anche il libro di lei, Into The Wild Truth.

Halfacre sostiene che i giornalisti locali tendono sempre a parlare delle operazioni di salvataggio in modo troppo negativo, e non ha tutti i torti. "Noi cittadini dell'Alaska paghiamo le tasse perché loro vengano salvati, ed è una cosa che fa arrabbiare molti," ci ha detto. Propone come soluzione che ci sia più informazione—e proprio a questo mira il suo sito, che prepara i potenziali pellegrini alla via del Bus 142 e alle sfide che dovranno affrontare percorrendola. La guida è tanto un "libretto delle istruzioni" per escursionisti esperti quanto un monito per gli amatori che non sono ancora pronti per un viaggio così duro.

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E quando si parla dello Stampede Trail, sapere quando è il caso di mollare è tanto importante quanto sapere come arrivare in fondo. Due anni dopo la sua prima escursione—conclusa con successo—Habeck ci ha riprovato con la moglie. Ma quella volta, le acque del Teklanika erano troppo alte e impetuose per passare il fiume in sicurezza. "Non sarebbe stata una bella morte, soprattutto perché era il secondo giorno di nozze," dice ridendo. Halfacre stesso un paio di volte ha fatto dietrofront nel corso delle escursioni al Bus 142: una volta perché il gruppo che guidava non era pronto, alcuni avevano addirittura dimenticato cose basilari come le tende e il cibo. "Non volevo continuare con quelle persone."

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Il fiume Teklanika nel maggio 2012.

Presentarsi a un'impresa tale impreparati può sembrare ridicolo, ma è una narrativa che gioca un ruolo importante nella testa di molti escursionisti che vogliono seguire le orme di Chris McCandless. L'ultima persona ad averlo visto vivo, l'elettricista di Fairbanks Jim Gallien, ha detto a Krakauer che mentre stava dando a McCandless un passaggio fino al limitare della riserva, si è reso conto che le sue provviste erano insufficienti—quattro chili di riso, un fucile calibro 22 (troppo piccolo per uccidere i grossi animali da mangiare), una mappa ed equipaggiamento raffazzonato. Più avanti in Into the Wild, Krakauer fa però un distinguo tra la morte di McCandless e altre fatalità simili: "Anche se fu incauto ai limiti della stupidità, non era un incompetente—altrimenti non avrebbe resistito 113 giorni."

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Sul fatto che McCandless sia stato in grado di sopravvivere nelle steppe dell'Alaska per un periodo di tempo molto lungo non si discute. Comunque, nella grande tradizione americana di ricerca della comunione con il mondo naturale, non stupisce che molte anime vagabonde abbiano trovato qualcosa di romantico nel suo viaggio—forse al punto da far spostare in secondo piano la sua tragica fine. "La verità è che noi leggiamo il libro di Jon Krakauer perché Chris è morto," sottolinea Halfacre. "Nessuno dovrebbe volerlo imitare."

Forse finalmente il messaggio sta arrivando anche agli avventurieri, ci ha detto Kathleen Kelly, responsabile del programma di volontari di Denali. Infatti, situazioni come quella del salvataggio del mese scorso stanno diventando sempre meno frequenti. "Si sta diffondendo una certa consapevolezza delle qualità necessarie per affrontare l'escursione," ci ha detto. "Forse si preparano meglio, forse sono in meno a provarci, o forse c'è più informazione." Ed è sicuramente meglio così, dal momento che secondo Halfacre il motivo che spinge molti a fare il percorso è un desiderio di crescita personale: "Per molti, [lo Stampede Trail] rappresenta una sfida—se riusciranno a superarla, scopriranno qualcosa di sé."

Altri non capiscono la spinta a seguire le tracce di McCandless. "Non ci arrivo proprio," dice Macaloon, sottolineando che il cupio dissolvi che porta molti a fuggire dalla società e cercare gli spazi aperti non ha solo dato la spinta a questo culto di McCandless, ma impregna tutta l'idea di Alaska. "Non ci sono solo quelli che vogliono andare fino al bus, ma anche quelli che arrivano e si costruiscono una baracca e vivono di quello che offre la terra. L'Alaska è il posto in cui la gente pensa di poter vivere come sogna—o almeno ci prova."

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