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Il governo italiano ha dichiarato guerra alle occupazioni

Emergenza abitativa, sgomberi e movimenti per la casa sono diventate presenze costanti nelle cronache nazionali, e gli occupanti della Basilica di Santa Maria Maggiore sono solo l'ultimo caso.

Manifestazione del 20 novembre 2013 a Roma. Foto di Niccolò Berretta.

L'emergenza abitativa e la criminalizzazione di occupazioni e movimenti per la casa sono diventate negli ultimi tempi presenze costanti nelle cronache nazionali. Solo nell'ultimo mese, operazioni di sgombero con ingente spiegamento di forze sono state fatte in tutta Italia: da Milano a TorinoFirenzeCosenzaPalermo. Se su tutto il territorio non sono mancate azioni e mobilitazioni, cuore dell'emergenza e della protesta resta Roma, dove il 12 aprile scorso si è tenuta la manifestazione nazionale culminata in violenti scontri.

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Circa due settimane fa, sempre a Roma, le forze dell'ordine hanno sgomberato uno stabile occupato in via di Torre Spaccata. L'operazione è stata particolarmente lunga, con una trattativa che è andata avanti per delle ore tra Digos e occupanti sui tetti a fare resistenza passiva. L'edificio era stato occupato lo scorso 7 aprile, durante una giornata di mobilitazione dei movimenti per il diritto all'abitare contro il Piano casa del ministro Lupi, insieme ad altri sei stabili in diverse zone di Roma, tutti sgomberati il giorno stesso o poco dopo.

Il giorno dopo l'operazione, le 50 famiglie sgomberate, in tutto circa 110 persone, si sono rifugiate nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma chiedendo al Vaticano un incontro e di fare pressioni sul Comune per trovare una soluzione alla vicenda. Il Papa, però, non è parso proprio propenso a fare una chiacchierata con gli sgomberati: durante la processione del Corpus Domini di ieri le famiglie sono state spostate nel parcheggio della chiesa, con il divieto di rientrare fino al termine delle funzioni. La gendarmeria vaticana ha anche recapitato agli occupanti l’invito a lasciare la Basilica entro sabato.

Dopo più di due settimane dallo sgombero le famiglie comunque rimangono ancora là, nella navata sinistra in fondo.

Quando entro dentro la Basilica per parlare con gli sgomberati mi accorgo subito che fa un caldo terrificante. “Vieni, andiamoci a fumare una sigaretta fuori. Non si può stare sempre qua, non si respira,” mi dice Maddalena, che da tutti mi viene indicata come "la responsabile." Mi racconta dello sgombero: “sono venuti di mattina, verso le 9. Erano una ventina di blindati, c'era un elicottero, Vigili del fuoco, Digos. Sembrava un corteo presidenziale, hai presente? Mai in vita mia ho visto una cosa così.”

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Si inserisce nella discussione un uomo: “Te lo dico io perché tutti quei blindati. Non sapevano come buttare i soldi dei contribuenti. Anche perché 50 famiglie, tra cui una decina ultra quarantenni, 20 ragazzini…ma che te fanno?”

Maddalena mi racconta chi sono le persone che da giorni vivono nella Basilica. “Ci sono italiani, stranieri, gente di varia età, bambini di un anno e mezzo e ragazzi di 18 anni. Le situazioni sono tante e diverse. Qualcuno ha un lavoro e la mattina esce, poi torna qui,” dice. “Io sono rumena, da gennaio sono disoccupata, sto studiando e sono anche madre. Quello che è successo è una vergogna. Il Piano casa sta attaccando chi è disoccupato, precario e non si può permettere un affitto. La maggior parte di noi sono degli sfrattati per morosità incolpevole oppure perché l'ente privato voleva vendere gli immobili.”

Mi sorge a quel punto una domanda scontatissima che quasi mi vergogno a fare: ma non avete provato a mettervi in lista per l'assegnazione di un alloggio? “Ma certo,” dice. “Però ce ne sono migliaia e migliaia davanti a noi. Abbiamo tutti fatto una richiesta. Io l'ho fatta quattro anni fa e sono qua, fatti il conto.” “Ci tengo a dire,” si inserisce un'altra donna finora rimasta in silenzio, “che non chiediamo una casa popolare. Io lo so che ci sono le liste, ci sono persone che aspettano da quindici anni. Chiediamo un edificio pubblico, ce ne sono tanti abbandonati. Non vogliamo soldi, ci pensiamo noi a metterlo a posto. E invece veniamo trattati come criminali.”

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Settimo giorno nella basilica di S. M. Maggiore per gli sgomberati di #TorreSpaccata. (via @bpm_roma) #nopianocasa pic.twitter.com/9LfUby9Cy1

— Adil (@adilmauro) June 10, 2014

Mentre parliamo veniamo interrotte dall'addetto alla pulizia dei bagni della Basilica che rimprovera Maddalena perché una signora continua a usare la toilette degli uomini. “È disabile, ha la stampella e il bagno maschile è più grande, le viene più comodo,” mi spiega un'altra occupante. “Sembrano stronzate, ma lo vedi che umiliazioni dobbiamo subire?”

Il 19 maggio il governo ha incassato la fiducia della Camera sul Piano casa, tra lanci di uova e proteste inascoltate dei movimenti. Il giorno successivo il testo è stato definitivamente approvato con 272 voti favorevoli e 92 contrari. Gli attivisti della lotta per la casa hanno quindi convocato una conferenza stampa proprio sotto Montecitorio. Al termine, Paolo Di Vetta, uno dei leader dei movimenti, è stato letteralmente prelevato dalla Digos, in esecuzione di un provvedimento di arresti domiciliari per i fatti del 12 aprile. La delicatissima operazione non ha fatto che surriscaldare gli animi dei presenti, degli attivisti e degli occupanti che hanno gridato alla "provocazione," proseguendo, nei giorni seguenti, mobilitazioni e presidi.

Manifestazione del 12 aprile 2014 a Roma. Foto di Riccardo De Luca.

Quello della tendenza del governo a criminalizzare le occupazioni è un aspetto su cui i movimenti insistono molto. Tra gli arresti di Torino e gli sgomberi violenti, è vero che negli ultimi mesi c'è stata un'ondata repressiva non indifferente, che ha allargato a dismisura la distanza tra governo Renzi e movimenti sociali. Il Pd, dal canto suo, non ha mancato di rimarcare la propria incapacità di dialogo e comprensione del disagio. Emblematici l'allontanamento forzato dei movimenti durante l'ultimo comizio di Renzi prima delle Europee, conclusosi con 40 fermi, e questa sbrigativa dichiarazione del senatore Stefano Esposito.

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@Walentina @rafcoriglione @liviolator @pdnetwork la soluzione è semplice basta non occupare illegalmente se vuoi uno spazio lo affitti

— Stefano Esposito (@stefanoesposito) June 3, 2014

Recentemente, il quotidiano Il Tempo ha annunciato “un giro di vite” della Procura di Roma. Si legge nell'articolo: “Nei prossimi giorni saranno sottoposte ai giudici delle indagini preliminari del Tribunale di Roma una serie di richieste per il sequestro preventivo degli immobili privati oggetto di occupazione. Dopodiché partiranno gli sgomberi da parte delle forze dell’ordine. La stagione del parassitismo sembra essere ormai arrivata al capolinea.”

Nella scia repressiva si inserisce anche il famoso Piano casa del ministro Lupi. La contestazione al provvedimento si concentra principalmente nei confronti dell'articolo 5 del decreto, che prevede che chiunque occupi abusivamente un immobile senza titolo non possa “chiedere la residenza né l’allacciamento a pubblici servizi in relazione all’immobile medesimo” e che “gli atti emessi in violazione di tale divieto sono nulli a tutti gli effetti di legge.” In parole povere: niente acqua, niente luce, niente gas, niente telefono. E questo vale non solo per i nuovi contratti, ma anche per i rinnovi.

“Con l'articolo 5 diventiamo delle nullità,” mi dicono gli sgomberati di Torre Spaccata. Per gli occupanti—che il ministro Lupi non ha esitato a definire "criminali"—sparisce, infatti, anche il diritto alla residenza, con tutto quel che ne consegue riguardo istruzione, assistenza sanitaria, rinnovo dei documenti, servizi di welfare, esercizio del voto. Un diritto qualificato recentemente dagli avvocati del Forum diritti lavoro come “una sorta di affermazione dell'esistenza,” una precondizione per il godimento di altri diritti fondamentali.

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Acampada a Porta Pia, 19 ottobre 2013. Foto di Federico Tribbioli.

Alla mancanza di residenza consegue anche l'impossibilità di registrazione a fini statistici. I nuovi poveri vengono praticamente cancellati. La norma prevede anche che chi occupa abusivamente un edificio residenziale pubblico non possa partecipare a procedure di assegnazione di alloggi popolari per i successivi cinque anni. Facile, quindi, intuire perché i movimenti abbiano visto nell'articolo 5 una vera e propria dichiarazione di guerra ai poveri e all'universo delle occupazioni.

Contro la norma in questione sono state lanciate nei giorni scorsi due petizioni: una richiesta di disobbedienza nei confronti dell'articolo 5 e una vera e propria campagna per l'abolizione del Piano casa, diretta a Matteo Renzi e promossa dalla rete "Abitare nella crisi". Gli appelli mirano a fermare un provvedimento che “costringe migliaia di persone a una condizione di illegalità e marginalità, che non tiene conto della crisi e delle motivazioni che hanno spinto così tanti poveri, precari, disoccupati verso l'occupazione di uno stabile o di un appartamento.”

Manifestazione a Roma del 19 ottobre 2013.

Preoccupazione nei confronti dell'articolo 5 è stata espressa anche dall'Alto commissariato delle Nazioni unite per i Rifugiati (UNHCR), che teme che la norma possa costringere i rifugiati presenti in Italia “in una spirale di isolamento e marginalità” privandoli della possibilità di accedere alla residenza anagrafica.

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Intanto, i primi effetti del decreto non hanno tardato a manifestarsi. Qualche giorno fa, sempre a Roma, quarantadue famiglie, da un anno in uno stabile occupato, hanno visto rigettata la richiesta di residenza poiché “l'edificio non riveste i requisiti di civile abitazione ed è oggetto di procedimento penale per occupazione abusiva”. Una decisione contro cui l'associazione "Avvocato di strada" ha annunciato ricorso “che conterrà un'eccezione di costituzionalità dell’art. 5 nella parte in cui impedisce di concedere la residenza a coloro che occupano un immobile”. Sull'episodio si è pronunciato anche Gianluca Peciola, consigliere romano di Sel, che ha annunciato una mozione per chiedere disobbedienza nei confronti di un decreto che “rischia di scatenare una bomba sociale”.

Manifestazione del 31 ottobre 2013 a Roma. Foto di Milos Skakal.

La bomba dell'emergenza abitativa, però, è già scoppiata e non accenna ad arrestarsi. In fila per una casa popolare in Italia ci sarebbero circa 600 mila persone. Solo nel 2012, Sunia e Cgil, hanno censito 67.790 sfratti eseguiti in Italia nel 2012, di cui oltre 27 mila con la forza pubblica. Secondo uno studio del 2013, negli ultimi cinque anni quasi 150 mila nuclei si sono ritrovati senza casa a causa di morosità—spesso incolpevoli—sfociate in pignoramenti o in esecuzione di provvedimenti di sfratto. In tutto ci sarebbero circa 500 mila famiglie che hanno perso o stanno perdendo la propria abitazione in affitto.

E queste sono cifre certamente non complete, dato che non comprendono gli abusivi e riescono a dare un quadro solo di una parte del problema. Ma sono numeri con cui bisogna necessariamente fare i conti quando ci si interroga su case, occupazioni e criminali.

Segui Claudia su Twitter: @clatorrisi