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Abbiamo intervistato Trava

Storicamente, i figli di personaggi famosi hanno sempre seguito tre strade per emanciparsi dal loro DNA: la vita anonima, la vita del figlio d’arte e quella del rapper.

Immagini e video dall'account Instagram travaofficial.

I figli dei personaggi famosi hanno storicamente sempre seguito tre strade per emanciparsi dal loro DNA: la vita anonima, lontani da giornali e televisioni, perseguendo obiettivi e professioni distanti da ciò che fanno i genitori; la vita del figlio d’arte, entrando così nella stessa loro carriera a strada spianata e, con sempre più frequenza, quella del rapper. Chet Haze, figlio di Tom Hanks, fa il rapper. Ma anche Rich Hil, primogenito di Tommy Hillfiger, Scott Kaan, Pablo Dylan, nipote di Bob, Danielle Aykroyd e così via. In Italia ha suscitato attenzione la scoperta da parte di quotidiani e riviste mainstream di una notizia nota da tempo nella scena Hip Hop italiana: l’esistenza a Torino del rapper Trava, cioè Alessandro Travaglio, figlio del giornalista Marco. Ma è sufficiente definire qualcuno semplicemente come figlio di? Abbiamo deciso di incontrarlo per saperne di più in una intervista fissata nella sede della “Celebrities Branding”, un’agenzia che si occupa di personaggi come Guè Pequeno, Jake La Furia, La Pina o Albertino. Mentre attendo nel terrazzo di un attico di Corso Buenos Aires mi raccontano di aver seguito anche il branding di Rocco Siffredi, creando un concorso un paio di anni fa da cui poi è uscita Valentina Nappi. Alla seconda birra arriva Trava accompagnato dagli Stalkers e cominciamo a parlare.

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VICE: Qual è la giornata tipo di Trava?
Trava: Ho ancora 18 anni quindi vado a scuola e poi faccio musica. Faccio il liceo linguistico in questo momento, ho dovuto cambiare dallo scientifico perché i professori avevano problemi con me. I mie genitori vogliono che io studi. Però appena posso, uscito da scuola, vado in studio a registrare o passo le serate con gli Stalkers.

Ho trovato un Soundcloud di un certo Trava DJ, cercando informazioni su di te. Ci sono pezzi e mashup house, c’è anche un remix electro della sigla di Annozero, sei tu per caso?
Sì sono io. Mi è sempre piaciuto andare a ballare e mi piace la discoteca. Mi sono comprato la consolle, il mixer e i piatti per suonare nei club, però dopo un po’ mi sono stancato e ho smesso. Ora penso solo al rap.

Come sei passato dalla house al rap allora?
In realtà ho ascoltato rap fin da bambino. La mia babysitter metteva sempre Inoki quando veniva a casa a tenermi, è stato un suo imprinting forse! Ho cominciato a fare rap però grazie a Fibra. Mi ha chiesto di fare la comparsa nel suo video di “Tranne Te”—perché ho iniziato nell'hip hop come breaker—e poi ha insistito perché cominciassi a scrivere testi. Mi diceva di mandarli a lui che li avrebbe letti e anche ascoltati volentieri; così ho fatto il mio primo mixtape in free download su soundcloud.

A Fabri Fibra come sei arrivato?
Rolling Stone nel 2010 ha organizzato un incontro fra Fibra e mio padre, solo che mio padre non poteva spostarsi a Milano e quindi lo ha invitato a venire a casa nostra. Ricordo che mi diede notizia della sua visita e io ancora un po’ svenivo. È sempre stato il mio idolo. Però Fibra non aveva idea di cosa facessi, se ballavo o rappavo. Un mese dopo l’intervista mi scrive Paolina Zukar dicendomi di aver visto un mio video su Youtube e che spaccavo, così mi ha offerto di far parte della crew di breaker di “Tranne Te”.

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Hai collaborato anche con altri rapper importanti?
Ho aperto insieme al mio gruppo, gli “Stalkers” i live dei Club Dogo e il concerto di Fibra alla festa de Il Fatto Quotidiano. Nel mio nuovo disco ci sono pezzi con Tormento, Primo dei Corveleno e Danti dei 2Fingerz. Ho chiamato l’album Fuoriclasse perché attrae molto l’attenzione—quasi egocentrico—anche se io non me la tiro. Secondo me è un titolo adatto alla mia età. Nella title track del disco dico “la gente mi detesta perché sono un fuoriclasse,” perché purtroppo svariata gente mi insulta senza conoscere la verità riguardo al mio cognome. E sai cosa? Sinceramente me ne fotto di questa gente e con questo pezzo ho voluto dimostrare che me ne sbatto il cazzo.

Trava e Fabri Fibra.

Non dirmi che anche tu hai il problema degli “hater”?
Sì. Le critiche costruttive però le accetto volentieri.

Ma vai mai a googlarti o a leggere i commenti YouTube per vedere cosa dicono di te?
Vado a controllare che succede e cosa dicono, cerco di non incazzarmi mai, perché se lo fai diventa ancora peggio.

Perché il nome Stalkers?
[Risponde Slim B degli Stalkers seduto a fianco] Lo stalker è uno dei personaggi più strambi della vita contemporanea. Determinate cose ci fanno ricordare la stalkerizzazione vera e propria, il seguire le persone su Twitter o le amicizie su Facebook. Noi vogliamo che la gente diventi stalker della nostra musica.
[Risponde l’altro membro del gruppo, Mente] Molti rapper pur di suonare diventano degli stalker.

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Ti ha messo a disagio l’attenzione calata improvvisamente su di te dopo che si è diffuso chi fosse tuo padre?
No. Lui mi dice di fare sempre attenzione, ma sa che io posso decidere con la mia testa. Se usano me per insultare lui non ci dà peso. La gente, in generale, secondo me rispetta le cose che faccio perché i live spaccano e le basi sono molto potenti. Io vedo sempre più persone prese bene.

Preferisci un sound più da club che il rap “conscious” e “impegnato” quindi?
Sì preferisco il club, ma quello che sto facendo insieme al mio gruppo lo definirei sound sperimentale. Per esempio nel nuovo album abbiamo inserito un sacco di pezzi con questi beat futuristici che non sono però legati fra loro. Non c’è un filo logico insomma. Sono da party, da ballare, non per pensare.
Mente: A Torino ci hanno criticato perché abbiamo fatto un pezzo drum'n'bass. La gente dice: “ma che genere è questo?”

Questi anni di crisi, fabbriche chiuse e cassa-integrazione sono ricaduti anche in una città con una forte tradizione operaia come Torino, hai mai sentito il bisogno di affrontare problemi come questi nella tua musica?
L’idea che Torino sia una città operaia è uno stereotipo e preconcetto superato. Oggi è più una città di turisti che vogliono visitare musei o manifestazioni di livello artistico e letterario. Non è detto poi che nei pezzi devi usare per forza una tematica importante, magari puoi fare il pezzo cazzone con comunque un canovaccio definito; io per esempio ho fatto un pezzo con Danti che si chiama “Culinaria” che parla, per esempio, sia dei culi in aria delle cubiste in discoteca che di cucina culinaria.

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Non sei arrabbiato per niente in questo momento, contro qualcuno o qualcosa?
Non lo so, sono dispiaciuto per la situazione economica del nostro Paese.

Secondo te perché il rap in Italia ha così successo in questo momento? Perché tutti vogliono fare i rapper?
Ci sono personaggi molto validi in giro, come Emis, Marra e Fibra che hanno portato il rap a quello che è oggi. Io sono contento che sia arrivato a tutti. Mi dispiace solo che sia arrivato in un determinato modo, perché l’Hip Hop non è quello di adesso; nasce dell’underground da persone come Inoki e Kaos. Ora i ragazzini seguono i personaggi come Fedez o Emis Killa—che io rispetto tantissimo—che fanno questo Hip Hop più commerciale.

Chi è il miglior MC italiano?
Guè Pequeno.

Che cosa vuoi fare con la tua musica?
Mah, non lo so. Io ci sto provando, uscirà a breve il mio album, ma se non funziona rimarrà comunque un hobby.

Segui Matteo su Twitter: @bknsty

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