Martedì 25 novembre, più di 200 profughi siriani hanno avviato uno sciopero della fame di fronte al parlamento greco. La manifestazione è nata da un sit in di protesta che i rifugiati hanno intrapreso settimana scorsa per ottenere il diritto di vivere e lavorare in Grecia o poter lasciare il paese legalmente. Gli attivisti mi hanno riferito che nove persone sono state ricoverate in ospedale, sei hanno avuto mancamenti e altre hanno cominciato a mostrare sintomi di ipotermia.
“Restiamo qui. Senza bere, senza mangiare. Non faremo niente finché il governo greco o l’Unione Europea non risponderanno,” dice Jalel, un siriano che si trova in Grecia da tre mesi. Dall’inizio della protesta, una settimana fa, le temperature sono calate e il vento che soffia su Piazza Syntagma è passato da una brezza calda a gelide raffiche. Al sesto giorno di sit in, il gruppo ha deciso di iniziare uno sciopero della fame.
Videos by VICE
Secondo il Wall Street Journal, il numero di rifugiati siriani che entrano in Europa attraverso la Grecia è in continua crescita. I dati della polizia mostrano che nei primi dieci mesi gli ingressi sono stati 29.000 rispetto agli 8.500 del 2013. Prima della guerra civile siriana, quelli che cercavano rifugio in Europa passavano principalmente dalla frontiera tra la Grecia e la Turchia.
Da allora la Grecia, insieme a FRONTEX (l’agenzia per la protezione delle frontiere dell’Unione Europea), ha incrementato le misure di sicurezza costruendo una recinzione lungo i 205 km di confine con la Turchia. Ora molti migranti, perlopiù profughi siriani, passano dalle isole orientali dell’Egeo, alcune delle quali si trovano a poche miglia dalla costa turca. Ci arrivano a bordo di gommoni dopo aver pagato ingenti somme ai trafficanti. Il rischio aggiunto di questo tipo di attraversamenti ha provocato ulteriori vittime e sparizioni; la scorsa settimana, quattro persone (tra cui una bambina piccola) sono scomparse al largo dell’isola di Lesbo.
Secondo i profughi, parte del problema risiede nell’assenza di vie legali per lasciare la Grecia e spostarsi nel resto d’Europa. Uno dei siriani presenti al sit-in di Atene mi ha detto di aver tentato di lasciare la Grecia passando dalla Macedonia; è stato arrestato, incarcerato per una trentina di giorni e picchiato dalla polizia, aggravando le sue già precarie condizioni dopo il ferimento in Siria. Gli episodi di detenzione prolungata e abusi da parte delle autorità locali ricorrono anche nelle testimonianze di altri siriani respinti dalla Macedonia.
Molti dei siriani che sono riusciti ad arrivare in Europa vengono dalla classe media, hanno un buon livello di istruzione e hanno venduto la maggior parte dei loro beni per sostenere i costi della fuga. Sperano di sfruttare le loro competenze per trovare un’occupazione una volta giunti in un paese con opportunità di lavoro. Obada è un medico di Raqqa, città controllata dall’IS. Lui e la sua famiglia sono fuggiti in Turchia e sperano di arrivare in Italia o in Inghilterra, dove hanno parenti. “Molti di noi sono dottori, farmacisti, ingegneri, e abbiamo bisogno dell’Unione Europea per stabilirci in un luogo dove ci sono opportunità anche per noi,” mi dice.
Sami, un ventenne di Damasco, ha lasciato la Siria con la madre, che ora si trova in Svizzera. Ha già provato a raggiungerla cinque volte, ma a ogni tentativo è stato fermato in aeroporto. Qui in Grecia si è fatto degli amici e dice che Atene gli piace molto, ma capisce bene il motivo per cui è impossibile rimanere. “La Grecia non ci può aiutare. Lo sappiamo, è per questo che dobbiamo ottenere l’autorizzazione per spostarci in tutta regolarità.”
Moyad, di Homs, è in Grecia da sei mesi e anche lui ha tentato più volte di lasciare il paese. “Qui non ci vogliono, ma allo stesso tempo ci impediscono di andare da un’altra parte,” mi spiega. Alcuni dei rifugiati si trovano in situazioni ancora più complicate. Quando era ancora in Siria, al 17enne Khaleel sono stati riconosciuti i sintomi del cancro. Questa settimana tenterà per la decima volta in tre mesi di lasciare la Grecia per farsi curare a Parigi.
Nonostante le ripetute minacce di sgombero, la polizia greca non è intervenuta. Nell’ultima settimana, molti cittadini e diverse associazioni hanno donano vestiti, coperte e cibo. I rifugiati sono determinati a restare seduti su scatoloni di cartone e dormire in sacchi a pelo sul pavimento di marmo di Piazza Syntagma finché non saranno in grado di sfuggire dalla trappola burocratica che li trattiene nel Paese.
Segui Nick Barnets su Twitter.