"Aspetta che torni a casa."
"Ora o mai più."
"Non essere ridicola."
"Chiamami ridicola un'altra volta e ti stacco la testa." Sara è tedesca, e a volte non riusciva a formulare bene le frasi. Mentre continuavo a interrompermi per rispondere, Angelo aspettava pazientemente. "È vivace la ragazza," mi ha detto Angelo.
"Non hai idea," ho risposto. "Mi urla addosso anche mentre dorme."
Pubblicità
Pubblicità
"E dai," mi dice Angleo, "vieni a fare una sessione con me."
"Una sessione di cosa?"
"Psicodramma, è un metodo terapeutico. Ho fatto un corso online, magari ti torna utile."Angelo mi ha spiegato che era un processo di recitazione: dovevamo mettere in scena le nostre esperienze, passate o probabili, per cercare una soluzione. La tecnica è stata inventata da Jacob L. Moreno. Lui sosteneva che rivivendo momenti della propria vita in questa forma sia possibile trovare una soluzione a un problema. Io avevo fatto un po' di terapia quando mio padre era andato in riabilitazione, ma non avevo alter esperienze. I poveracci non vanno in terapia––beviamo, fumiamo erba e non andiamo a dormire. Ma ero stufo di quella situazione con Sara, così ho accettato la proposta di Angelo. Quando sono arrivato a casa sua mi ha portato dritto in salotto. "Non avere paura di fare casino."
"Perché dovrei?"
"Vedrai."Abbiamo iniziato in piedi. Angelo mi ha chiesto di chiudere i miei occhi e abbiamo fatto un gioco simile a un'associazione di parole. Angelo doveva dire una cosa, e io dovevo dire la prima cosa che mi veniva in mente. Gelato - vaniglia
Estate - laghi
Sara - stress
Casa - mamma
Birra - divertimento
Sara - spina nel fianco Siamo andati avanti per un po', e ogni volta che usciva il nome Sara, venivano fuori cose come ansia, dolore, o la donna che sta rovinando la mia vita. Allora Angelo mi ha chiesto di chiudere gli occhi e di tenerli chiusi mentre lui usciva dalla stanza. Ho sentito qualcosa di metallico che cadeva per terra, poi Angelo mi ha detto di aprire gli occhi. La prima cosa che ho visto è stata Angelo, si era tolto la maglietta. Aveva dei rotolini di ciccia e i piercing ai capezzoli. Aveva una mazza da baseball di plastica per mano e davanti a lui aveva posizionato un asse da stiro. "Non fare caso se mi sono tolto i vestiti," mi ha detto. "Così è tutto più sincero."
Pubblicità
"Dalla tua incapacità di arrabbiarti," mi ha detto. "A un certo punto della tua vita devono averti detto che era una cosa brutta, che non dovevi arrabbiarti, perciò ora quando dovresti arrabbiarti non ci riesci più, c'è qualcosa che ti blocca. In realtà tu ti arrabbi, ma invece di uscire la tua rabbia ti rimane nello stomaco."
"E questo cosa c'entra con Sara?"
"Tu l'hai scelta proprio perché pensavi che un rapporto con lei avrebbe potuto risolvere la tua situazione." Non so se sia così––tanto nel mio caso specifico quanto in generale––ma devo ammettere che a sessione ultimata mi sentivo molto meglio.Sono tornato a casa, e quella sera non ho visto Sara. Ho provato a chiamarla verso mezzanotte, ma non ha risposto. Lei faceva così: una comunicazione senza sosta, o un completo silenzio. La volta dopo Angelo mi ha aperto la porta in mutande. "Addirittura tutta questa sincerità?" gli ho chiesto. Angelo ha annuito. Mi ha fatto sedere e mi ha chiesto come mai Sara e io litigassimo così tanto.
Pubblicità
"Quindi c'è competizione?"
"Ogni volta che uno dei due lavora bene, l'altro sente di avere meno possibilità di farcela. In più beviamo entrambi." Ci era voluto un mese prima di riuscire a fare una conversazione da sobri.Angelo mi ha chiesto di chiudere i miei occhi e di immaginare di essere un animale. Mi sono immaginato una volpe. Mi ha chiesto di descrivere la mia vita da volpe. Io gli ho parlato della mia piccola tana, di come l'avevo scavata, e di come fossi felice di giocare nel torrente, d'estate, con mia moglie volpe e i miei cuccioli. Mentre parlavo, mi immedesimavo sempre più nella volpe––così profondamente da sentire i denti, la pelliccia, la coda. Mi piaceva essere una volpe. Le volpi vivono alla grande. "Ma c'è qualcosa che ti preoccupa?" mi ha chiesto Angelo. Ci ho pensato un attimo, e mi sono reso conto che in fondo a tutto quel gironzolare da volpe c'era dello stress. "Sì c'è. Ho paura che se non porto a casa abbastanza polli, mia moglie decida di andarsene e di portare via i cuccioli." "Perché dovrebbe andarsene, se ti ama?"
"Perché fanno così," ho risposto. "Una moglie volpe ti abbandona sempre, alla fine." Ero tristissimo: non ero più la volpe––ero solo io, vent'anni passati, sottopeso e con carenze di ferro e vitamine. Ho iniziato a piangere. Angelo è venuto da me e mi ha toccato il braccio. "Se ti ama non ti lascerà." Angelo ha portato l'asse da stiro in camera. Mi sono alzato, ho preso la mazza di plastica e abbiamo ricominciato. Mi sono guardato. Mi sono tolto la maglietta. Ho guardato Angelo, era senza fiato. "Ora sì che stai diventando sincero."
Pubblicità
Pubblicità
"Non lo so."
"Scegli un posto e siediti."Mi sono alzato e mi sono seduto nella sedia che mi sembrava più comoda tra le due. Angelo ha messo un cuscino sulla sedia vuota."Questa è Sara," ha detto.
"Scusa?"
"Questo cuscino rappresenta Sara," ha detto, "e adesso devi litigare con lei."
"In che senso litigare?" ho detto.
"La devi lasciare," ha detto.
"No," ho detto.
"Lo farai."
"Ma si incazza."
"È un cazzo di cuscino," ha detto Angelo. Aveva ragione.Ho guardato il cuscino. Non sembrava niente di che. Non sembrava in grado di sfondare una porta nel bel mezzo della notte o di urlare fino a svegliare tutti i vicini e i vicini dei vicini. Anche se avesse avuto delle lame o se fosse stato in fiamme non sarebbe stato neanche lontanamente spaventoso quanto la vera Sara. Perciò ho iniziato a parlarci."Sara, mi dispiace, ma non ce la faccio più," ho detto al cuscino. "Sei fantastica, ma sei troppo per me."Il cuscino è rimasto lì in silenzio. Ho sentito la mano di Angelo che si posava sulla mia spalla. Ho guardato in alto verso di lui. Ha annuito."Ora devo picchiare l'asse da stiro?"
"No," ha detto. "Ora devi solo parlare."Non ho lasciato Sara quella sera, ma l'ho fatto il pomeriggio successivo. Ho organizzato tutto così da farglielo intuire, perché potesse arrivarci preparata. Le ho detto che volevo parlarle e ho scelto un parco a metà strada tra le nostre case, un posto neutrale. Il parco era affollato: bambini che giocavano nella sabbia, ragazzini che si lanciavano i frisbee, gente che andava in giro a chiedere spiccioli. Sono andato dritto al punto.
Pubblicità
"Non ci stiamo lasciando," ha detto Sara.
"Io ti sto lasciando," ho detto.
"No che non lo stai facendo," ha detto Sara.
"Addio," ho detto, mi sono alzato e me ne sono andato. L'ultima cosa che ho sentito è stato il rumore di una bottiglia che mi volava poco sopra la testa e andava a cadere per terra di fronte a me.Non so perché mi sono lasciato andare in una relazione con una persona che mi trattava così. Non penso di averlo fatto per risolvere qualche mio problema, ma credo di essere diventato più forte dopo esserne uscito. Nel modo in cui mi trattava Sara c'era qualcosa di familiare, qualcosa che potevo ricondurre alla mia infanzia passata a prenderle da tutti, e per quanto possa sembrare folle all'inizio la cosa mi andava bene.Sara non è scomparsa. L'ho incontrata per caso l'altra sera, e lei mi ha inseguito con una catena da bicicletta. Un'altra volta ha cercato di rompermi una finestra di casa con un sasso, ma era così ubriaca che ha spaccato la finestra della casa sbagliata. L'ultima volta che l'ho vista era in un bar. Era ubriaca e faceva fatica a parlare."Voglio dirti una cosa," mi ha detto. "Sei un profeta di merda."L'ho guardata. Mi è sembrato che si fosse rimpicciolita."Grazie," ho detto, e mi sono girato dall'altra parte.Non so cosa sia successo a lei o ad Angelo. So che lui era stato scritturato come personaggio secondario per un spettacolo e non è più tornato. Ma so che aver imparato a liberarmi da una situazione del genere mi ha insegnato a ribellarmi, una lezione che non dimenticherò mai. Come non dimenticherò mai la faccia di Angelo, nella luce soffusa del suo appartamento al primo piano, con le mutande madide di sudore.Segui Conor Creighton su Twitter