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Perché i sondaggi non ne prendono più una? L'abbiamo chiesto a un esperto

Come per la Brexit, i sondaggi hanno fallito nel prevedere il risultato delle elezioni statunitensi. Abbiamo chiesto a un esperto cosa c'è dietro questi errori, perché ultimamente sono così netti e quanto dovremmo prendere sul serio i sondaggi.

Ops, Nate Silver.

Ci sono mille motivi per cui la vittoria di Trump è stata accolta come una catastrofe politica da praticamente chiunque non l'abbia votato. Tra questi, il fatto che nessuno pensava fosse realmente possibile. Da tempo, infatti, i sondaggi registravano un vantaggio di Hillary Clinton se non risolutivo quantomeno rassicurante. Poi, come tutti sappiamo, le previsioni sono state ribaltate e i sondaggisti sono finiti nell'elenco dei grandi sconfitti di queste elezioni presidenziali.

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Si tratta di una dinamica molto simile a quella a cui avevamo assistito qualche mese fa, in occasione del voto per la Brexit. Anche in quel caso, il vantaggio per il remain rivelato dai sondaggi era stato smentito dai risultati.

Per capire cosa c'è dietro questi errori, perché ultimamente sono così netti e frequenti e quanto dovremmo fidarci ho contattato Paolo Natale, autore di Attenti al sondaggio!, docente di Metodologia delle Scienze Sociali all'Università degli Studi di Milano e consulente metodologico Ipsos di Milano.

From Brexit to — A H Sibanda (@thestreetshout)9 novembre 2016

VICE: Partiamo dall'errore dei sondaggi relativi alle elezioni statunitensi. Cosa è successo?
Paolo Natale: È diventata ormai quasi una consuetudine. Il giorno dopo molti appuntamenti elettorali, si scopre che le stime di voto dei sondaggi ci avevano azzeccato ben poco. Le presidenziali americane non hanno fatto eccezione: Hillary Clinton veniva data vincente, come noto, con un vantaggio nel voto popolare tra i tre e i cinque punti percentuali, mentre la realtà è andata diversamente. Sottostima dunque del candidato meno "accettato" e sovrastima di quello più "accettabile".

Si tratta dello stesso meccanismo avvenuto in occasione del voto che ha portato alla Brexit?
Più o meno sì. Anche in quell'occasione la scelta politica più "unfair" è stata poi quella risultata vincitrice. E anche in quell'occasione le differenze stimate dai sondaggi non erano di fatto eclatanti, ma alla fine ha prevalso l'opzione più difficile da esternare, perché circondata da un clima di opinione sfavorevole, come nel caso di Trump.

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In Italia, uno degli errori più clamorosi in materia si è registro quando avevano fallito nel prevedere l'esplosione del MoVimento a 5 Stelle alle politiche del 2013. Trump, Brexit, M5S: tre esempi di "fenomeni" nuovi che i sondaggisti non sono riusciti a misurare. Il fatto che siano nuovi contribuisce a rendere più difficile il lavoro dei sondaggisti? Devono solo "addrizzare il tiro" o la realtà è sempre più difficile da prevedere?
Entrambe le cose. Da una parte i fenomeni inediti sono effettivamente più complicati da prevedere, perché non si hanno trend storici di riferimento, che servono spesso a ponderare i risultati che emergono dai sondaggi. I verdi, ad esempio, in Italia venivano sempre sovrastimati, dal momento che risultava per gli intervistati una sorta di "partito-rifugio" da dichiarare, tra gli elettori incerti. Ma poi si interveniva a ridare loro la giusta dimensione, grazie ai trend storici. D'altra parte, oggi gli stessi elettori hanno perso le precedenti coordinate di riferimento (i partiti storici, la fedeltà di voto, eccetera) e quindi sono più portati a sperimentare forze inedite, ma ovviamente con molte incertezze in più e con una fedeltà di voto sempre facilmente revocabile. Il combinato tra questi due fattori porta a volte a non riuscire a catturare correttamente alcune tendenze.

Quanto i sondaggi influenzano le scelte delle persone e quanto questa cosa viene tenuta in considerazione nel farli e diffonderli?
Questo è un altro degli elementi decisivi da tenere in considerazione. Esiste da una parte una cosa chiamata "effetto underdog", che è di fatto la propensione a sostenere il candidato giudicato sfavorito, per non permettere all'avversario di vincere con troppo margine. A volte questo effetto riesce addirittura a produrre, alla fine, un ribaltamento della gerarchia precedente: il caso di Kinnock in UK negli anni Novanta (che perse contro lo sfavorito Major) è un esempio ormai classico, così come quello di Truman nel secondo dopoguerra, che alla sua prima apparizione come Presidente mostrò il titolo di un quotidiano (il Chicago Tribune) che era prematuramente uscito con in prima pagina "Truman sconfitto da Dewey". Come si vede non sono quindi grosse novità, ma sono effetti che si riscontrano più volte nella storia elettorale.

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All to play for. Poll of Polls suggests Remain will win but with 6% undecided there could still be an upset — George Matlock (@GeorgeMatlock)23 giugno 2016

In generale, quanto dovremmo fidarci dei sondaggi?
Ci sono mille motivi per cui è più opportuno fidarsi relativamente dei sondaggi, come—ne ho scritto in passato—i campioni di intervistati sempre meno propensi a rispondere, la diversificazione delle linee telefoniche, l'avvento dei sondaggi su internet, gli errori statistici di campionamento, le indecisioni e le incertezze degli intervistati, a volte le stesse menzogne più o meno consapevoli. Sono talmente tante le possibili distorsioni che, alla fine, ottenere risultati tutto sommato non poi così sballati—per Hillary ad esempio c'è stato un errore di tre-quattro punti percentuali—sembra quasi un miracolo. Ed è invece la potenza della statistica che supera anche le imperfezioni delle indagini. In generale i sondaggi elettorali servono a farsi un'idea dei consensi delle forze in campo, ma non possono spingersi troppo oltre. Più corretto sarebbe dire, quando due contendenti sono molto ravvicinati, che non è possibile sapere chi vincerà. Ma questo è di fatto una sorta di "paradosso del sondaggio", che serve proprio nelle occasioni in cui c'è più incertezza, e sono proprio quelle le occasioni in cui un sondaggio non può predire con sicurezza chi sarà il vincitore.

Quali sono i fattori che intervengono nel comprometterne l'affidabilità?
Oltre a quelli citati in precedenza, c'è un ulteriore fattore, chiamato "spirale del silenzio demoscopico", dal quale i sondaggisti non riescono a venire a capo. Non hanno strumenti esatti per misurare questa distorsione e consiste in un fatto molto semplice e comprensibile, in occasione della vittoria di Trump: una fascia significativa di elettori repubblicani, intervistati a più riprese, non se l'è sentita di dichiarare [o ha esplicitamente nascosto] un'opzione che sapeva risultare poco condivisa dall'opinione pubblica; il clima di opinione veicolato dai media aveva dunque provocato non un reale mutamento nelle scelte degli elettori, quanto piuttosto una incapacità di dichiarare apertamente il proprio orientamento di voto.

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A domanda, un numero consistente di intervistati favorevoli a Trump si astiene dal rivelare il proprio favore. Il mondo dei sondaggi produce in definitiva una situazione-mostro che si ritorce negativamente su quello stesso mondo: il clima di opinione generato dalla diffusione di giudizi negativi su Trump, nel caso statunitense, ha cioè come effetto quello di evitare all'elettore di fare dichiarazioni a suo favore, nel sondaggio.

If people followed the alt-right groups on Reddit, they would know that young white Americans were told to hide their support of Trump.

— Siyanda Mohutsiwa (@SiyandaWrites)November 9, 2016

A livello tematico, ci sono alcuni tipi di sondaggi più affidabili di altri?
Certamente sì. E sono quei temi su cui l'opinione pubblica si concentra di meno, o più raramente. Ad esempio, in Usa come in Europa, il voto si sta differenziando nettamente tra elettori residenti in aree urbane, o centrali, e residenti nelle periferie. Oppure differenziazioni forti tra elettorato giovane e più anziano. Sono temi che riflettono grandi cambiamenti sociali, percezioni differenti della società in cui si vive, che poi a volte si riflette anche sul voto. Ma i sondaggi ci permettono di comprendere meglio questi cambiamenti a volte epocali: la paura per il diverso, per l'immigrato, e così via. Di tutto questo però si parla poco e male, senza capirne appieno la portata. Salvo poi accorgersene, a volte, dopo che si è votato. Parlando invece del Referendum Costituzionale, quanto sono affidabili i sondaggi che circolano in queste settimane?
La situazione potrebbe essere addirittura paragonata a quella della Brexit, o di Trump. Il clima di opinione in Italia è oggi abbastanza contrario a Renzi, per cui coloro che sono favorevoli alla sua riforma forse si nascondono un po' nelle dichiarazioni, e quindi i SÌ appaiono perdenti, ma non è detto che poi accada realmente così. Il livello di partecipazione dichiarato appare poi probabilmente molto sovrastimato, così come era accaduto per il referendum sulle trivelle. Troppi intervistati ipotizzano di recarsi alle urne, ma al momento del voto potrebbero restarsene a casa. Ciò che è più socialmente desiderabile emerge più facilmente delle altre scelte, e i risultati dei sondaggi sono a volte distorti in maniera significativa.

In conclusione: i sondaggisti ci prendono sempre meno o siamo noi che vi prestiamo più attenzione di quanto facevamo un tempo?
Come ho cercato di argomentare, errori anche grossolani ne sono stati sempre fatti, nella storia dei sondaggi, che venivano vissuti però con più distacco di oggi. Ai nostri giorni, tutti continuano ad affermare di non credere ai sondaggi (i politici in primis) ma poi continuano ad esserne ossessionati, a chiedere agli istituti di farne costantemente. Cercano un oracolo, salvo poi ripudiarlo quando fornisce stime non perfette. Il sondaggio è invece un ottimo strumento di conoscenza ulteriore, rispetto al proprio limitato sapere, e come tale dovrebbe essere utilizzato. Non bisogna però correre l'errore di giudicarlo come la verità assoluta: è solo un mezzo utile per interpretare meglio i fenomeni sociali e politici. Se è vissuto in questo modo, ci può dare risposte sempre molto valide.

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