MySpace, donne nude e Fotolog: che fine hanno fatto i siti della tua adolescenza

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MySpace, donne nude e Fotolog: che fine hanno fatto i siti della tua adolescenza

Quando ancora Facebook era un miraggio, c'erano ancora un sacco di modi per perdere il tempo su internet degli inizi. Ecco come appaiono oggi MySpace, i forum e tutti quei siti che oggi non ricordi neanche più.

In fatto di internet, non sono così vecchio da dover basare le mie memorie su periodi in cui per aprire una pagina bisognava aspettare dieci minuti. Eppure, se ho un ricordo di quando uscì il primo trailer di Episodio 1 di Guerre Stellari, e riuscire a vederlo nella sua interezza era molto più complicato di quanto possa aspettarsi chi è cresciuto con YouTube, è anche vero che possiamo far coincidere il vero e proprio sviluppo dell'Internet-come-lo-conosciamo con l'arrivo della banda larga a vasta diffusione.

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Prima di Fastweb, insomma, questo super-Internet che non occupava il telefono di casa era appannaggio esclusivo di uffici e istituzioni, tanto che io lo scoprii nelle aule computer della mia scuola nel fare la ricerca di terza media. È stato più o meno negli anni del mio liceo che le cose hanno cominciato a cambiare, e dopo la maturità che ho preso a frequentarlo quotidianamente. In tema con la fine delle vacanze estive, ho quindi deciso di fare una visita nei luoghi di quella post-adolescenza telematica, dai 18 ai 25 anni circa, un po' come quando da grande ritorni nel luogo dove passavi l'estate nell'infanzia, e ne ricerchi odori e suggestioni per trovare sale giochi chiuse e negozi di sigarette elettroniche.

Il mio tour non poteva che iniziare da ciò che in epoca era la home di Facebook, la scheda sempre aperta in cui si svolgevano tutte le conversazioni: MSN Messenger.

MSN MESSENGER

Se sono molti i sistemi di messaggistica istantanea che gli sono seguiti, la sua caratteristica forse più lungimirante era la possibilità di impostare status, veri precursori di quelli di Facebook, che la maggior parte della gente cambiava spesso, anche più volte al giorno. Più che esprimersi in dotte riflessioni sull'umanità, in questi status c'era chi si affidava alle classiche citazioni per fare colpo, chi mandava velati messaggi omettendo i destinatari, ma soprattutto si celebravano vittorie sportive o si imprecava riguardo a piccole sfighe personali.

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È abbastanza impressionante come una applicazione (si chiamavano applicazioni all'epoca?) così diffusa sia progressivamente entrata in disuso per poi morire dimenticata anche dai parenti più stretti.

È un po' come se al posto del baretto con il flipper e le caramelle di Bugs Bunny, ora trovassimo un gigantesco centro commerciale.

MY SPACE

Il profilo MySpace della mia ragazza così come appare oggi.

MySpace per me era il locale fico che vedevo sempre da fuori ma nel quale non sono mai entrato, un po' come la discoteca pomeridiana che andava per la maggiore quando ero alle medie. Nonostante ce l'avessero in tanti, io che non ero un musicista né in alcun modo un personaggio pubblico non vedevo il senso di iscrivermici, e quindi non l'ho mai fatto—anche se mi capitava di andare a sbirciare profili altrui.

Se dovessimo metterci a cercare delle discendenze, forse quella non più ovvia ma più sensata sarebbe con le app di dating come Tinder (più esplicite e professionali, certo). Difatti non è un mistero, e lo dicono tutti i suoi utenti più affezionati, che… con MySpace si scopava.

Era una sorta di vetrina dove presentarsi al meglio, con i propri gusti, le immagini giuste, la canzone di presentazione, le amicizie giuste da mettere in "top" (sistema che nasceva per avere a portata di mano gli amici più intimi ma che finiva per far mettere in risalto gruppi postpunk ampiamente defunti o cantanti di band hip), il tutto in un periodo molto meno… ironico di adesso, in cui senza un briciolo di imbarazzo e credendoci molto si elencavano film della nouvelle vague, artisti alla moda e registi impegnati.

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Dopo il canonico "grazie per l'add" e qualche messaggio in bacheca si passava al privato.

Ho provato ad entrarci dal profilo della mia ragazza (che giura di non esserci mai riuscita a scopare, del resto tuttora non è una grande amante dei social) e la maggior parte delle pagine sono ancora lì, soltanto è tutto disabitato. I profili non sono stati disattivati, il sito è anche stato aggiornato nella grafica e nell'interfaccia, il problema però è che nessuna delle pagine degli amici ha svolto alcuna attività nell'ultimo lustro, quindi a parte le foto profilo e qualche messaggio di spam non c'è nessun segno di vita: uno scenario post-apocalittico, una città ancora perfettamente in piedi, perfino ristrutturata, ma completamente priva dei suoi abitanti, con la posta che si accumula nelle caselle fino a farle traboccare.

LASTFM

Il mio profilo, bloccato al 2006.

Un altro social network di ispirazione musicale ma con implicazioni molteplici era indubbiamente last.fm, e quello l'ho frequentato pure io.

Sarebbe facile andare a rivisitare l'account con cui scrollavo musica fino a pochi anni fa, ma è quello davvero vecchio a poter riservare i momenti di maggiore imbarazzo. Con la foto profilo di una pittoresca ereditiera romana (la temibile Micaela Romanini) e un nickname dal sapore di bestemmia (in realtà citazione colta da un film con Pozzetto), impietose mi guardano le mie statistiche, tra electro alla moda, musica tratta dai film di Carmelo Bene e vecchi anthem dei Club Dogo ascoltati già con un certo (deprecabile) distacco ironico.

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Il sito vive e lotta insieme a noi, ma se per esempio in Germania resiste, in Italia è parecchio in disuso, e a guardarlo dall'esterno dà un po' l'impressione di un'enclave rimasta fuori dal mondo, il giapponese che non sa che è finita la guerra, chi vuole continuare a vivere come prima anche se tutto intorno è cambiato. Il baretto in questo caso è rimasto identico, è anche carino, il problema è che intorno sono sorti grattacieli di cinquanta piani.

SOULSEEK

Un altro grande protagonista degli anni che furono, almeno per i malati di musica, fu sicuramente Soulseek, il re dei programmi di condivisione musicale peer to peer. Paradiso per i più fissati e nerd, se pure aveva alcuni difetti di funzionamento, lentezza e non era tra i meglio costruiti, dalla sua aveva indubbiamente la presenza di una vastissima community estremamente nerd. Questo si traduceva nel database più vasto del mondo. Qualsiasi cosa voleste scovare, lì c'era: bootleg, rarità, finezze introvabili, interi cataloghi, rip da vinile, etichette minuscole (oltre ovviamente a tutte le uscite classiche). C'erano anche stanze organizzate per genere musicale dove socializzare con altri fulminati.

In questo caso tocca dire che be', Soulseek è ancora lì bello come prima, e anzi migliorato. I problemi tecnici ora sono stati risolti, mentre i lati positivi restano gli stessi. In un'era di streaming e cataloghi chiusissimi ha un certo sapore retro e carbonaro, ma anche quello della libertà.

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Ammetto che quando qualcuno mi aveva nominato Soulseek dopo anni, mi era sembrato di sentirmi dire "ti faccio una cassetta" o qualcosa del genere: "Ma ancora con Soulseek stai??" "Fidati, prova". E non ho potuto che piegare la testa di fronte all'evidenza. Soulseek è il locale dove non tornavi da tanti anni, che sta in una posizione defilata e non è certo diventato di moda, ma dove c'è sempre aria di casa e si mangia da dio.

LE DONNE NUDE

Clarence.com oggi e nel 2004.

Quello che davvero avrebbe il sapore di un viaggio nel passato sarebbe stato invece una visita alla mitologica sezione BIG (Beautiful Internet Girls) del sito Clarence. In epoca di pornografia meno pervasiva e meno accessibile, e di connessioni più sfigate, erano le fotografie a fare la parte del leone, e BIG regalava ogni giorno nuove foto di attrici, cantanti, showgirl e modelle generiche.

Clarence ha peraltro una storia interessante, sito comico/culturale (che però, forse già antesignano di certi meccanismi, accompagnava questi contenuti a cose come gli sfondi per desktop, le suonerie dei cellulari e—appunto—le donne nude) è stato uno dei primi casi di successo della cosiddetta new economy, con tanto di copertina del magazine settimanale del Corriere che, prospettando le nuove fortune via web, metteva in copertina i suoi due fondatori con il titolo "Noi siamo miliardari, e tu?"

Se Clarence è ancora in gran parte online, intatto, vero residuato bellico che possiamo paragonare a una dimora storica trasformata in museo, di BIG non c'è più alcuna traccia: una rimozione sfrontata. Il parallelo con il cinema porno chiuso e abbandonato da anni è facilissimo.

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LE CHAT E I FORUM

Il sito con la chat di Dragon Ball oggi.

Un altro guilty pleasure che devo confessare riguarda il periodo in cui, con un amico del quale sono recentemente stato testimone di nozze—per dire cosa significa invecchiare—ci divertivamo a entrare in un forum di fan di Dragon Ball che non ricordo come avessimo trovato (eravamo fan pure noi comunque) e, dopo essercene stati tranquilli per un po', cercare di brutalizzare al massimo questi (ai nostri occhi) poveri sfigati—mentre noi, che passavamo così le serate, eravamo evidentemente fighissimi.

Questi tizi parlavano un po' tra loro e soprattutto, impersonando i vari protagonisti del manga, si divertivano a organizzare vere e proprie battaglie, che però—cosa che sommamente ci faceva sbellicare—si svolgevano interamente in questa chat di solo testo. Il che significa che gli epici scontri si risolvevano in intere righe di scritte tipo "kick kick kick kick". Noi aspettavamo buoni che cominciassero, anche partecipando alle conversazioni, poi rovinavamo loro il divertimento intromettendoci nelle battaglie con ogni sorta di volgarità e bestialità su tutti i membri delle loro famiglie, rigorosamente in caps lock.

Venivamo bannati (anche se alle volte provavano perfino a farci ragionare, e sconsolati ci chiedevano perché ci divertissimo a rovinare il loro passatempo preferito) ma potevamo sempre rientrare immediatamente, e intanto avevamo devastato la loro battaglia, cosa che li faceva letteralmente disperare, con nostro sommo godimento. Ovviamente oggi, pieno di vergogna, vorrei chiedere umilmente scusa a chiunque abbia dovuto subire la nostra deficienza adolescenziale.

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Ho provato a ricercare questa chat, o una sua simile, e se il tempo sembra essersi fermato tra frasi come "Wow, pensate se Gogeta di terzo livello e Gotenks di terzo livello fanno la fusione!!" e "Secondo voi se G oten e Trunks avrebbero fatto la fusione tramite i potara come si sarebbe chiamato il guerriero e, sopratutto come sarebbe fatto???" [ sic] in realtà la tecnologia ha fatto passi da gigante e la chat è molto più bella e avanzata. Ho anche provato (solo per la scienza) a replicare un assalto terroristico, e sono stato bannato in tempo zero, stavolta senza possibilità di rientro.

Nel locale dove andavamo a fare casino i clienti sono rimasti gli stessi, ma ora ci sono dei buttafuori molto più grossi e cattivi.

I BLOG E FOTOLOG

Se un'altra grande epoca c'è stata nell'Internet italiano, è stata sicuramente quella dei blog, assoluto emblema della quale può essere eletta la defunta piattaforma-hosting Splinder. Abbastanza immediata e facile da usare, ha aperto davvero i rubinetti per un'alluvione di blog personali di ogni tipo, ora perduti per sempre nel cyberspazio.

E non posso che ringraziare se i tentativi di blog culturali aperti con un paio di amici ora sono irrintracciabili, insieme a quelli di un paio di ragazze che mi piacevano e che seguivo con ossessiva curiosità.

Se indubbiamente ci sono stati anche esempi di valore (come per esempio… Ecco… No, ma vi assicuro che ce n'erano tantissimi), la maggior parte, visitata da pochi amici intimi, era il trionfo dell'autoreferenzialità: un diario personale in cui ci si prendeva incredibilmente sul serio (o usando una sorta di ironia legnosissima), tra testi di canzoni percepite come molto poetiche (o comunque in grado di trasmettere un'immagine ricercata di sé), recensioni di film, frasi criptiche indirizzate a misteriosi destinatari e fotografie molto artistiche ( erano arrivate le macchine digitali).

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E a tal proposito non si può non citare Fotolog, una sorta di Instagram ante litteram, covo di hipster prima che il termine entrasse nell'uso quotidiano che facevano a gara a postare libri di Dave Eggers e foto di serate al Plastic mandandosi segnali propedeutici all'accoppiamento come accade in tutti i branchi che si rispettino.

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L'effetto a entrarci oggi è un po' lo stesso di LastFm, in questo caso ancora più forte: se gli italiani dell'epoca l'hanno abbandonato davvero tutti, lasciando in molti casi tutte le foto, ci si trova spaesati a chiedersi "ma davvero c'è ancora qualcuno qui?!"

La risposta è da anni sempre la stessa: brasiliani, soprattutto brasiliani.

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Parlando con un reduce di Fotolog (quello ritratto nello screenshot qui sopra) mentre cercavo una conclusione per questo post, siamo finiti a discorrere di quelle che sono sensazioni abbastanza universali legate a ogni sottocultura, qui nella loro declinazione telematica. In quell'epoca di internet, avere avuto codici e consumi in cui riconoscersi è stato un modo tutto sommato piuttosto spontaneo di trovare anime affini ma geograficamente distanti, una ricerca della nicchia in un Internet che al tempo era ancora popolato da nicchie.

Una cosa simile a quella che negli anni Novanta potevi vivere frequentando i centri sociali o i gruppi di metallari o le battle rap o altri tipi di ambienti non del tutto allineati (anche se non necessariamente controculturali e magari tanto modaioli quanto quelli mainstream, solo in modo diverso). Successivamente, soprattutto con la diffusione di Facebook e Twitter, è arrivato il paese reale, quello da cui si cercava di scappare.

A riguardare quelle foto sembrano passati secoli anche se non era poi troppo tempo fa, soprattutto perché erano appunto anni di ricerca di un'identità, in un periodo storico in cui l'adolescenza si espande fuori tempo massimo—per mancanza di stabilità, possibilità ludiche e di "socializzazione" mai sperimentate prima e altre mille ragioni.

E se le nostre generazioni hanno vissuto una specie di allungo esistenziale e i trentenni sono i nuovi ventenni—mentre i ventenni sembrano più svegli di noi—è anche colpa di Internet: se non lo avessimo trovato (almeno molti di noi), saremmo stati costretti a diventare adulti molto prima.

Ma questo, a ben vedere, ha anche significato una serie infinita di stimoli e opportunità di crescita che in tanti hanno saputo sfruttare al meglio, senza doversi integrare a forza come capitava nella maggior parte dei casi alle generazioni precedenti.

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