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Lacrime ad Atene, parte seconda

In confronto ad Atene, Occupy Wall Street è una cagatina d'uccello.
Tutte le foto di Henry Langston.

"Domani? Non c'è un domani!" Capivo benissimo i sentimenti di quell'anarchico. Lo urlava nel mezzo della battaglia. La polizia se la stava dando a gambe, io me ne stavo tra i due blocchi e li capivo benissimo: lui e la sua disperazione.

Ieri è stato assurdo. Veramente brutale. Ieri vi ho parlato di un'unica folla, dell'unione tra giovani radicali, anziani e persone delle più diverse convinzioni politiche. Ma chiaramente sono solo un coglione, saturo di fantasia. Ieri abbiamo assistito all'esplosione della diversità greca, letteralmente, di fronte ai nostri occhi.

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Il parlamento greco ieri ha votato per approvare la nuova manovra finanziaria. Cos'altro avrebbero potuto fare i manifestanti se non andare lì, dove si svolgeva tutto? Ero fuori dall'edificio e per l'ennesima volta, è stato un massacro. Gli uomini bruciavano vivi.

Era iniziato tutto bene. Migliaia di persone si sono riunite in Piazza Syntagma, baciati dal sole e dalla speranza, intonando canti alla morte di un regime. Abbiamo fatto un giro, ma abbiamo sottovalutato la situazione, nonostante l'incubo di due giorni fa, tra pietre e lacrimogeni. Volevamo intervistare i giovani della protesta, galvanizzati dalle buone vibrazioni. Onestamente, pane al pane vino al vino, non aspettavamo altro che succedesse qualcosa per poterne parlare.

Le prime esplosioni sono avvenute intorno alle 2 del pomeriggio, nel mezzo della folla più consistente. Il panico si è diffuso rapidamente, e in un attimo la ben nota foschia tossica è gravitata sulle nostre teste. Gli anarchici lanciavano esplosivi, e mentre la polizia li attaccava, con un colpo di mano i comunisti hanno guadagnato l'ingresso del parlamento isolandoli. I lacrimogeni sono volati, la gente si è data alla fuga e in una manciata di minuti il gazebo della Croce Rossa posto al centro della piazza è stato preso d'assalto: è scoppiato il caos.

Ieri ho dato il merito ai comunisti di aver tentato di proteggere i protestanti. Ora mi sento un idiota. Mi hanno criticato su Twitter per averne condannato le gesta. Sapete cosa vi dico? Fanculo a chi ha attaccato la folla con le bandiere rosse! Venti minuti dopo il primo assalto, io, Elektra Kotsoni e Hugo Donkin ci siamo ritrovati schiacciati all'angolo della piazza; Elektra—che parla greco—ha sentito urlare, "I comunisti stanno arrivando." Dietro l'angolo c'erano Dio solo sa quanti uomini protetti dai caschi. Brandivano mazze di legno e bandiere rosse, e urlavano. Hanno sfondato il corteo—anarchici, democratici, passanti, giornalisti, chiunque. E ci hanno caricato.

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Ieri la folla sembrava avere una coscienza. Per chi la chiedeva, la salvezza veniva concessa. Oggi, ovunque sventolassero una bandiera rossa, questo senso di comunità è svanito. "È una guerra civile," mi ha detto un passante. Non era l'unico a pensarlo.

Non credo si tratti di una guerra civile. Mentre scrivo, sono andati tutti a dormire, e il fatto di potersi concedere un riposino non si addice alla prassi di una guerra civile, almeno credo. Il fatto che un gruppo di comunisti arrabbiati si sia unito alla polizia per caricare la folla mi è sembrato, a dir poco, un fottuto accordo. In centinaia sono stati ammassati agli angoli della piazza. Donne urlanti, uomini presi nel mezzo. A un certo punto un coglione della polizia ha lanciato un lacrimogeno tra la folla. A quel punto non ne potevamo più. Io ed Elektra ci siamo trovati in un vicolo cieco. Che fosse arrivato il tragico finale di due promettenti carriere? No, alla fine abbiamo trovato una via di fuga e ci siamo seduti sui gradini di una chiesa, docili, bevendo una Coca.

La giornata è andata avanti a botte e risposte tra manifestanti e forze dell'ordine. I comunisti hanno formato una linea d'attacco di fronte al parlamento, disperdendo la gente lungo le strade laterali. Ad un tratto, comunisti e polizia si son persino dati il cambio, o almeno questa è stata la mia impressione. È stato allora che un uomo ha urlato: "È l'ultimo tradimento."

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24 ore fa, ero convinto che la Grecia fosse oggi composta da una massa organizzata e combattente, in attesa del collasso di un leader impopolare. Eccomi servito, ecco un insegnamento sulla realtà dei fatti. Gli scontri non smetteranno, è evidente. I soldi europei non metteranno fine alla protesta e in più, ora, c'è un morto da vendicare.

Nel 2008, un adolescente è stato ucciso dalla polizia greca. In tutta risposta, gli scontri tra manifestanti e polizia durarono più di una settimana. Oggi, un uomo di mezza età è morto. Alcuni anarchici sostengono che Dimitri Kotsaridis sia caduto da una veranda in vetro in piazza Syntagma, stroncato da un attacco cardiaco. La folla crede che prima di morire, Dimitri stesse combattendo contro le autorità. Solo voci, nessun fatto. Ma non importa, questo è quello che si dice, che sia vero o meno. Le voci stanno circolando e la rabbia del popolo non si farà attendere.