Tonno sostenibile italia alalunga
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Cibo

Perché mangiare questi pesci al posto del tonno rosso è una scelta molto più sostenibile

Alalunga e Alletterato sono cugini del tonno rosso presenti nel Mediterraneo. Mangiarli significa essere più sostenibili e il sapore è lo stesso.
Andrea Strafile
Rome, IT

A livello nutrizionale non c’è molta differenza tra le carni. Anzi: questi cugini del tonno rosso, essendo più piccoli, hanno anche il vantaggio di accumulare meno metalli pesanti ingeriti in mare.

Il tonno è, probabilmente, il pesce dal valore economico più alto al mondo. Sono iconiche le aste in Giappone al Mercato di Tsukiji, dove viene considerato una prelibatezza battuta fino a quasi 3 milioni di euro. Una dicotomia che lo rende non una specie rara e costosa, ma una abbastanza comune e costosa: il che lo ha portato quasi a sparire.

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Solo nel 2018 -ultimi dati disponibili- sono state pescate 5,2 milioni di tonnellate di tonno di ogni specie: di queste, diciamo che il tonno rosso (o tonno pinna blu) rappresenta la punta di diamante.

La domanda che dobbiamo farci a questo punto è: ha senso consumare tutto questo tonno rosso? Soprattutto dal momento che esistono alcune specie che appartengono alla stessa famiglia e hanno quasi lo stesso tipo di carne, sia dal punto di vista del sapore, sia da quello della consistenza.

Le pesca tradizionale dell’Alalunga e dell’Alletterato

Per farmene un’idea più precisa sono andato a fare una battuta di pesca a Giardini Naxos, in Sicilia, dove Alalunga e Alletterato -due cugini del tonno, appunto- vengono pescati ancora per la maggior parte in maniera sostenibile e leale. Senza buttare enormi reti che acchiappano tutto -la pesca a strascico- come si vedeva in questo documentario che ha fatto scalpore.

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Riuscire a trovare un pescatore disposto a farti salire sul suo peschereccio è un’impresa. Non perché in mare succeda chissà che di illegale, ma proprio per quella serie di scaramanzie e connessioni mistiche che rendono i pescatori spesso restii. Ci riesco grazie all’aiuto di Paolo Trimarchi e Alessandro Currenti dell’Osteria Rosso Divino, dove hanno sempre il pesce migliore della zona (anche perché la famiglia di Paolo ha pescherie da generazioni).

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Alle 2 di una notte d’agosto mi sono imbarcato sul peschereccio di Agostino (il cognome preferisce che non sia pubblicato) e siamo partiti verso la Calabria. Su quella piccola barca sembra di camminare sull’acqua nera, non si vede niente se non le luci delle altre barche in lontananza. Agostino, Massimo e Nino preparano le esche da gettare in mare, un sistema che si chiama palangaro.

In pratica è una lenza lunghissima sui cui vengono montati degli ami, infilzate delle sardine e buttata in mare per 30/40 km. Ogni dieci ami si lega un piombino. Ogni 20 ami, si lega un pallone di plastica. Immaginate i palloni come delle boe e il filo in mezzo che scende in mare disegnando una curva, così da pescare tanto i pesci in superficie quando quelli più in profondità.

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Si va avanti così per ore, fino all’alba, lanciando esche, piombi e palloni e poi si aspetta. Tutto qui, niente scene alla Hemingway di lotta con i pesci, niente catture forzate. Si aspetta che i pesci abbocchino. “I pesci mangiano quando sorge il sole,” mi ha spiegato Iano, vecchio pescatore del posto. “Poi non li prendi più.” Perciò dall’aurora e per un paio d’ore si aspetta: si dormicchia, ci si fa un caffè e si riparte. Un macchinario semplicissimo riavvolge quei 30 km di lenza e quello che viene su, viene su.
Il totale della pesca sono stati una manciata di squaletti e di razza (poi ributtati in mare) e tre pesci, di cui un tonno Alletterato. E basta. 2200 ami, tre pesci. “Non siamo arrabbiati, decide il mare,” mi dicono quando torniamo.

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Quello del palangaro è uno dei metodi di pesca più equi. Non ci sono forzature. È letteralmente un regalo del mare all’uomo, almeno così mi dicono sulla nave.

Secondo Enrico, se si facesse assaggiare una tartare di Alalunga e una di Tonno Rosso a delle persone bendate, difficilmente capirebbero la differenza. Da cotto, poi, è quasi impossibile distinguerli.

Guardo la lenza uscire dal mare per un sacco di tempo e alla fine vomito (lo chiamano il battesimo del mare), ma l’umore migliora sensibilmente subito dopo quando prendiamo un tonnetto Alletterato. Un pesce piuttosto grande, argenteo, che è un must delle tavole della Sicilia Orientale, a un prezzo cinque volte minore di un tonno rosso.

Il tonno rosso rimane nonostante gli ultimi dati una specie a rischio, ma è doveroso dire che la Comunità Europea ha, per la sua pesca, regole piuttosto rigide. Ogni paese può pescare ogni anno solo una certa quantità di tonno rosso nelle acque europee (in particolare nel Mediterraneo) e i pescatori che possono prenderlo hanno, appunto, la possibilità di usufruire di una parte di queste quote.

Ci sono però delle specie di tonni, come il nostro amico Alletterato o l’Alalunga (più piccola e tonda) che se presi, al momento, non provocano squilibri ambientali enormi. Questo perché la loro richiesta sul mercato è molto, ma molto minore, nonostante siano praticamente la stessa cosa.

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“I pescatori che affacciano sul Mediterraneo possono prendere solo il tonno del Mediterraneo,” mi spiega Massimo Corbo, capitano del peschereccio su cui sono salito. “A differenza dei tonni rossi in mare aperto, qui li peschiamo e basta. Nel Golfo del Messico, per esempio, so che vengono presi e poi messi all’ingrasso.” Aggiunge: “L’Alalunga è un pesce pregiato come una scottona: il tonno rosso è il wagyu di Kobe, per intenderci. Con le quote difficilmente si sgarra prendendo più pesci. Le multe arrivano anche a 8000 euro.” Questo sistema ha portato, per esempio, l’Italia a poter pescare 4700 tonnellate di tonno contro le 1200 del 2015. Grazie alla politica del ripopolamento dei mari, infatti, c’è molto più tonno nel nostro mare adesso rispetto a 5 anni fa.

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“A livello nutrizionale,” mi spiega il biologo marino Enrico Biolchini, “non c’è molta differenza tra le carni. Anzi: questi cugini del tonno rosso, essendo più piccoli, hanno anche il vantaggio di accumulare meno metalli pesanti ingeriti in mare.” Secondo Enrico, se si facesse assaggiare una tartare di Alalunga e una di Tonno Rosso a delle persone bendate, difficilmente capirebbero la differenza. Da cotto, poi, è quasi impossibile distinguerli.

“È diventato famoso e molto pescato, il tonno rosso, per le sue dimensioni e perché, a differenza degli altri, nuota più in mare aperto, permettendo ai giganteschi pescherecci di tirarlo su senza particolare difficoltà.”

Alalunga e Alletterato sono invece pesci che si trovano in quantità minori, in dimensioni più piccole, e adatti quindi a un consumo molto più locale. Ecco perché, in Italia, dovremmo sceglierli: sono i veri tonni dei nostri mari e mangiarli al momento non nuoce all’ecosistema.

Il costo al kg di un tonno rosso si aggira, nelle zone di pesca, attorno ai 10/13 euro. L’Alalunga, solo 5.

Se vogliamo parlare di cibo locale e sostenibile, smettiamo di farlo solo per frutta e verdura coltivate nel giardino di casa. Cominciamo a scegliere i pesci del territorio, che ne abbiamo tantissimo ed è una delle poche gestioni che sappiamo fare bene.

Meno tonno rosso, più Alletterato.