crimine

Il caso di Bibbiano è già grave così, non servono i complotti sul 'gender'

L'inchiesta della procura di Reggio Emilia su alcuni bambini manipolati e sottratti alle famiglie di origine sulla base di violenze inventate sta facendo parlare molto, e spesso a sproposito.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
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Uno striscione del gruppo di estrema destra FEDErAZIONE esposto a Roma, il 4 luglio 2019. Foto via Facebook.

Dallo scorso giovedì si sta parlando moltissimo dell’operazione “Angeli e demoni,” l’inchiesta che si concentra su una serie di episodi in Val d’Enza—un’unione di sette comuni in provincia di Reggio Emilia—in cui alcuni bambini sarebbero stati manipolati e sottratti alle famiglie di origine per darli in affido ad altre.

Finora sono state eseguite 16 misure di custodia cautelare, e gli indagati sono circa trenta—sebbene il numero stia aumentando. Tra le persone coinvolte spiccano il sindaco di Bibbiano, due ex sindaci del territorio, funzionari pubblici, assistenti sociali e psicoterapeuti. Le accuse sono decisamente pesanti: frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso e lesioni personali gravissime.

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L’inchiesta ha rivelato l’esistenza di un sistema in cui i bambini erano indotti a raccontare violenze subite dai familiari—in realtà mai avvenute—tali da giustificare l’affido ad amici e conoscenti degli assistenti, mentre allo stesso tempo si gestivano illecitamente fondi pubblici. La motivazione, infatti, sarebbe stata squisitamente economica: ogni famiglia riceveva tra i 600 e 1200 euro al mese; mentre gli psicologici che supportavano i bambini avrebbero preso circa 135 euro a seduta.

Questo, almeno, è quanto emerge dalle carte riportate dai quotidiani—anche se i dettagli più scabrosi, come quello dell’elettroshock somministrato ai bambini per fare il “lavaggio del cervello,” non hanno trovato un riscontro effettivo.

Ora, chi è a conoscenza dei “diavoli della Bassa modenese” degli anni Novanta e di Velenoil podcast del 2017 di Pablo Trincia e Alessa Rafanelli che ha fatto riaprire il processo su presunti abusi e riti satanici con 16 bambini tolti alle famiglienon può non notare le numerose assonanze tra i casi. E non solo perché ricorrono tecniche che portano a “falsi ricordi” o i racconti di abusi rituali (questa volta legati ad Halloween e non a Satana); ma soprattutto perché c’è un collegamento diretto a livello di persone coinvolte.

Come ha sottolineato Trincia, tra gli arrestati c’è Claudio Foti. Si tratta del fondatore del Centro Studi Hansel & Gretel di Moncalieri (Torino), e da circa trent’anni è uno dei professionisti più in vista nella lotta agli abusi sessuali. Foti inoltre ha sempre predicato un metodo di ascolto “empatico” dei bambini sospettati di abusi; nel senso che questi vanno “aiutati a ricordare” i maltrattamenti subiti nel passato.

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Tale metodo—lontano da quello prescritto dalla Carta di Noto, che contiene le linee guida deontologiche per gli psicologi forensi—è stato impiegato sia direttamente (con perizie e consulenze) che indirettamente (con corsi di formazione) in molti casi giudiziari controversi. La giornalista Rosaria Capacchione, ad esempio, ha ricordato che negli anni Duemila una psicologa di Hansel & Gretel denunciò l’esistenza di sette sataniche in provincia di Salerno; l’inchiesta, aperta nel 2007, non trovò mai nulla. La stessa psicologa, insieme ad altre due colleghe del centro, interrogò anche i bambini dei “diavoli della Bassa.”

Oltre a ciò, l’altra grande assonanza tra le due vicende riguarda la sfera economica. Veleno dimostra benissimo come gran parte delle storture derivassero anche dalla privatizzazione della sanità e dell’assistenza sociale, su cui poi si innestavano giganteschi conflitti d’interesse tra strutture private e amministrazioni pubbliche. Elementi, questi, che tornano anche nell’inchiesta di Reggio Emilia.

Anche se sembra scontato, non va dimenticato che siamo ancora in una fase preliminare del procedimento: l’indagine non è chiusa, contiamo solo sugli elementi dell’accusa, e comunque parliamo di temi molto delicati. Peccato che le reazioni scaturite dall’inchiesta vadano nella direzione opposta: ossia in una divisione netta e manichea della realtà, accompagnata da una becera propaganda politica e da teorie del complotto inclini all’omofobia.

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Naturalmente, la circostanza che più ha riscaldato gli animi è il fatto che il sindaco di Bibbiano—Andrea Carletti—sia del Partito Democratico. Luigi Di Maio ha colto subito la palla al balzo, pubblicando una card su Facebook con ARRESTATO in caratteri cubitali e addossando la responsabilità del “business orribile sui minori” all’intero partito.

In una conferenza stampa tenutasi due giorni dopo l’arresto, il procuratore capo di Reggio Emilia Marco Mescolini ha però escluso un ruolo della politica, dicendo che non c’è alcuna “copertura” e che “il sindaco arrestato risponde solo in merito alla presunta violazione delle normative degli appalti. Non ha accuse in concorso con le violenze ai bambini.”

Ma nemmeno questa precisazione è stata sufficiente; anzi, Bibbiano è diventato il simbolo di qualsiasi nefandezza—anche di cose che non c’entrano nulla con il caso di specie. Per accorgersene basta farsi un giro sui social, dove sono comparsi hashtag come #PDofili o vignette di questo genere.

Era inevitabile che, a un certo punto, la tensione si scaricasse anche nella realtà fisica. Nella notte tra il 3 il 4 luglio, ignoti hanno appeso un cappio e uno striscione sulla sede provinciale del PD di Bergamo, con la seguente scritta: “Bibbiano: ad uno ad uno abbiamo i vostri nomi, siete avvisati non saremo certi buoni.” A Fiumicino, i fascisti di Azione Frontale hanno appeso un volantino fuori dal circolo del PD “Aldo Moro” che recita: “Avete rovinato il vostro paese, ora rovinate anche i nostri bambini! INFAMI!” Sempre il 4 luglio due militanti di Forza Nuova hanno tentato un’irruzione nella sede nazionale del PD a Roma, cercando di affiggere dei manifesti all’interno del Nazareno.

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Osservando gli hashtag, emerge anche come Bibbiano venga accostato all’immigrazione e alla Sea Watch. A titolo di esempio, un tweet qualunque: “Abbiamo alimentato il business dell'immigrazione forzata con 4,7 miliardi di soldi pubblici, però sottraiamo, perché non ci sono finanziamenti, i bambini ai genitori poveri.”

Sul sito Scenari Economici, poi, campeggia un articolo in cui si accusa la “finta sinistra” con “intellettuali salariati a seguito” di “impazzire nella strenua e acritica difesa di Carola Rackete” senza spendere “una parola (nemmeno una!) sulla questione Bibbiano.” Su questo (inesistente) accostamento si è gettato anche Il Giornale, che qualche giorno fa ha “scoperto” che “uno degli arrestati per inchiesta su torture a bambini [Federica Anghinolfi] inneggiava a Carola Rackete”—pezzo prontamente ripreso da Matteo Salvini, che ha pure aggiunto una sua valutazione: “Ma che strano…”

Ed è proprio su Anghinolfi—responsabile del servizio sociale dell’Unione della Val d’Enza, ritenuta dalla procura una delle figure chiavi dell’indagine—che si è concentrato il massimo della morbosità, in un crescendo di congetture che sono arrivate a delineare un complotto gender contro la “famiglia naturale.”

La responsabile è indicata come una “nota attivista del mondo LGBT” nonché “paladina delle famiglie arcobaleno,” e una delle accuse è di aver indebitamente affidato una bambina a una coppia di due donne, a loro volta indagate per maltrattamenti. Questo dettaglio è stato immediatamente rilanciato e ingigantito a dismisura dalla destra e dal mondo ultracattolico, finendo per travolgere l’intera vicenda.

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Il deputato di Forza Italia Galeazzo Bignami ha dichiarato che “nessuno mi toglie dalla testa che in fondo, dietro a tutto questo, ci sia la teoria gender. Vogliono i bambini senza famiglie, senza identità, come corpi eterei.” Su Twitter, invece, l’utente @Don_Lazzara (un sacerdote) ha attaccato chi si “strappava le vesti per il congresso di Verona, giudicandolo oscurantista, medievale, lesivo dei diritti dei bambini e delle famiglie”—i quali, ovviamente, adesso stanno zitti.

Un articolo su Vita ha esteso (l’eventuale) responsabilità penale delle indagate a tutto il “mondo LGBT” che “del ‘diritto’ di avere bambini ha fatto una bandiera,” e ora invece è nascosto dietro un silenzio imbarazzato. Si chiede, in pratica, una sorta di dissociazione collettiva; un po’ come quando i “musulmani” devono scusarsi per gli attentati dell’Isis.

ProVita, la onlus ultracattolica che ha avuto un ruolo chiave l’ultimo Congresso Mondiale delle Famiglie, ha approfittato dell’inchiesta per criticare la norma contro l’omofobia della regione Emilia Romagna, avvertendo che “con una legge del genere chi proverà a denunciare anomalie o illeciti compiuti da una coppia omosessuale sarà accusato di omofobia.”

E anche in questo filone anti-LGBTQI si è avuto una ricaduta per strada. Ieri FEDErAZIONE (il network nazionale degli hammerskin di Lealtà e Azione) ha esposto uno striscione in giro per l'Italia con la scritta “Bibbiano orrore inumano. No alla mafia LGBT.”

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L'impressione, insomma, è di trovarsi in una sorta di Pizzagate nostrano contrassegnato da una bella dose di panico morale.

Un panico opposto e speculare a quello dei “diavoli della Bassa”: se negli anni Novanta si annidavano ovunque pedofili satanisti pronti ad abusare di tutti i minori, ora la “sinistra” e la “mafia LGBT” vogliono togliere bambini e bambine a tutte le famiglie. Ma se c’è una cosa che ha insegnato Veleno, è che non si combatte il panico morale utilizzando gli stessi strumenti che l’hanno aizzato.

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