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ordine pubblico

Il 'derby delle curve vuote' di Roma potrebbe diventare il futuro del calcio italiano

Secondo il prefetto Gabrielli se non “si tornerà a vivere la partita in maniera normale” di derby senza curve ne vedremo molti altri. Il primo, intanto, l'abbiamo già visto ieri—e non è stato un grande spettacolo.
Leonardo Bianchi
Rome, IT
Foto via Facebook

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Come certificato anche dalla stampa internazionale, il derby della Capitale che si è giocato ieri – e che ha visto vincere la Roma sulla Lazio per due a zero – è stato probabilmente il "più brutto della storia."

Mentre all'esterno dello stadio Olimpico le forze dell'ordine avevano militarizzato l'area con un migliaio di agenti, all'interno la partita si è svolta in un clima surreale tra spalti mezzi vuoti, nessuna coreografia e un silenzio assordante.

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Ma del resto, la clamorosa diserzione al derby da parte degli ultras delle due squadre – una forma di protesta che rientra nello "sciopero" del tifo che ormai va avanti dall'inizio del campionato – era stata ampiamente annunciata nei giorni precedenti alla partita. E in relazione a quest'ultima, gli unici ultras che si sono visti sono quelli che hanno sostenuto la Roma all'hotel Hilton.

La vigilia della partita è stata comunque contrassegnata da una notevole dose di nevrosi – tra cui le perquisizioni scattate all'alba negli ambienti ultras della Roma – e da una serie di "allarmi sicurezza" apparsi sulla stampa.

In un articolo, ad esempio, si parlava del "rischio di commistioni fra esponenti violenti vicini al tifo della Roma e della Lazio con ultrà infiltrati di squadre gemellate di mezza Europa." In un altro, invece, si poteva leggere che c'era un "pericolo aggressioni" agli agenti di polizia, e che i dirigenti delle forze dell'ordine avrebbero "catechizzato" i loro uomini dicendo di "restare uniti" per non "correre il rischio di rimanere isolati ed esporsi ad attacchi improvvisi."

Lo stesso prefetto di Roma Franco Gabrielli, pochi giorni prima del derby, aveva confessato di non essere "serenissimo," garantendo al contempo che "in caso di disordini la risposta sarà repressiva per tutti i comportamenti lesivi dell'ordine pubblico e della sicurezza, tutto questo poi inevitabilmente andrà a restringere gli spazi di dialogo e confronto."

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A ben vedere, però, questi "spazi di dialogo e confronto" tra la prefettura e le tifoserie organizzate sono chiusi da diversi mesi a questa parte.

Dalla scorsa primavera, infatti, la nomina di Gabrielli è coincisa con un deciso innalzamento delle misure di sicurezza allo stadio, tra cui l'imposizione di snervanti prefiltraggi e perquisizioni disposte non solo nei confronti degli ultras, ma anche per i tifosi "normali."

All'inizio dell'estate, poi, la prefettura di Roma aveva comunicato che lo stadio Olimpico era da considerarsi "inagibile," e che per motivi di ordine pubblico le curve Nord e Sud andavano divise in due con delle barriere per facilitarne il controllo e rendere più difficile lo scavalmento, che secondo Gabrielli riempirebbe la curva fino a 12mila persone. Alle società, che non sono le proprietarie dell'Olimpico, non è restato altro che sottostare alla decisione dell'autorità pubblica.

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C'è da notare che la decisione – oltre a essere in netta controtendenza rispetto alle regole UEFA, che non prevedono l'utilizzo di barriere perché queste provocano "un senso di chiusura" non in linea con "l'esperienza della partite di calcio di oggi" – arriva in un periodo storico in cui gli scontri e le violenze si sono ormai spostate a diversi chilometri di distanza dallo stadio, come testimonia l'uccisione del tifoso napoletano Ciro Esposito da parte di un gruppo di ultras romanisti neofascisti.

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E naturalmente, una disposizione del genere – che si accompagna alla recente ondata di multe per chi non resta seduto al suo posto – non poteva non scatenare le proteste delle tifoserie della Capitale.

In un comunicato diffuso dalla Curva Nord prima di Lazio-Bologna (cioè l'esordio in campionato), la tifoseria laziale scrive che "le nuove ed assurde disposizioni anti-violenza a due sole cose sono servite: allontare ancora di più la gente dallo stadio ed unire (un'impresa) i tifosi della Lazio e della Roma."

"Le nuove norme e disposizioni," continua il comunicato, "non fanno altro che distruggere solo la parte popolare e storica del tifo duro e puro, che così non ha più modo di esistere e di vivere la propria spontaneità. Là, dove era il cuore del tifo, ora è stato 'costruito' il cuore di una militarizzazione, costosa e inutile che non può far altro che alimentare un clima di tensione e il rischio d'incidenti."

Lo scorso venti settembre – durante la partita contro il Sassuolo – centinaia di tifosi della Roma sono restati fuori dallo stadio per protestare contro la divisione della curva. La questura, di contro, ha risposto con denunce per manifestazione autorizzata e ha comminato i Daspo a due tifosi che avevano acceso i fumogeni.

Uno di questi due tifosi si è pero opposto in sede giudiziaria, e alla fine di ottobre è riuscito a farsi sospendere l'obbligo di firma. Nelle motivazioni con cui il Gip ha accolto il ricorso, inoltre, c'è un passaggio particolarmente interessante proprio sul "pacchetto di misure preventive" oggetto di polemiche.

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Secondo l'ordinanza, infatti, questo pacchetto "è avvertito, non soltanto dai cosiddetti ultras ma anche da consistenti settori della società civile, come pesantemente discriminatorio e immotivatamente punitivo," specialmente nei confronti di chi aveva pagato l'abbonamento prima dell'innalzamento delle barriere.

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Nonostante ciò, Franco Gabrielli sembra intenzionato ad andare fino in fondo—anche perché si trova davanti a un "vuoto di potere" nelle curve e ad un declino generalizzato del movimento ultras.

E anche se a parole in molti – tra cui il presidente della Roma James Pallotta, che ha un rapporto a dir poco altalenante con gli ultras – si dicono dispiaciuti del fatto che le curve siano deserte e che le squadre "stanno soffrendo il calo di tifo allo stadio," alla fine la prevalenza delle logiche dell'ordine pubblico allo stadio va bene un po' a tutti.

"Lo stadio è un luogo di pubblico spettacolo," ha ribadito il prefetto qualche giorno fa in un'intervista radiofonica, "non un luogo dove non esistono leggi e regole. Le barriere non sono di cemento armato. Se si tornerà allo stadio a vivere la partita in maniera normale verranno tolte."

In caso contrario, assicura Gabrielli, "di derby senza curve ne vedremo in maniera industriale." Il primo, intanto, l'abbiamo già visto—e non è stato un grande spettacolo.


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Foto di Questa Curva Non Si Divide via Facebook