Ecco l’uomo che ha mangiato in tutti i ristoranti a 3 stelle Michelin del mondo
Gerhard Huber all'Hotel Skt. Petri di Copenaghen. Foto di Amanda Hjernø.

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Ecco l’uomo che ha mangiato in tutti i ristoranti a 3 stelle Michelin del mondo

L’austriaco Gerhard Huber ha trascorso 500 ore totali nei ristoranti migliori al mondo. E non si fermerà qui.

Gerhard Huber non è mai partito alla volta di Marte. Non ha mai avuto contatti del terzo tipo né ha mai intrapreso un viaggio trascendentale per comprendere il reale senso della vita. Nonostante ciò, è comunque riuscito in un’impresa che pochissimi al mondo possono dire di aver condiviso: ha mangiato in tutti i ristoranti a tre stelle Michelin del mondo.

Quando il documentario danese Michelin Stars - Tales From The Kitchen ha debuttato per la prima volta al San Sebastian Film Festival lo scorso anno, la sua lista degli interpreti era letteralmente stellata, e comprendeva nomi illustri come René Redzepi e Daniel Humm. Ecco, anche Gerhard ricopre un ruolo in quel documentario. Sebbene non sia né un ristoratore né un critico, ha completato una missione tanto affascinante quanto folle e visionaria, che di conseguenza gli ha garantito una prospettiva unica su quello che è il mondo della Guida Michelin.

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Nato a Salisburgo, in Austria, e ora residente con la sua famiglia vicino a Boston, negli Stati Uniti, Gerhard ha vissuto un’esistenza da pioniere dell’Internet banking prima di vendere la sua azienda a una grande banca spagnola nel 2000, dedicandosi da lì agli investimenti strategici di startup e app come Foodle.pro, che funge un po’ da diario multimediale per tutti gli amanti del food porn del globo.

Dato l’avvicinarsi dell’assegnazione delle stelle Michelin in Danimarca, abbiamo deciso di scambiare quattro chiacchiere con Gerhard per capirne di più sulla sua vita e su come sia finito a mangiare fra i tavoli più rinomati di sempre.

MUNCHIES: Ciao Gerhard! In quanti ristoranti tre stelle hai mangiato finora?

Gerhard Huber: La Guida esce annualmente ma in tempi diversi a seconda del Paese. Da aprile 2016 ad aprile 2017, quindi, i ristoranti a tre stelle Michelin erano 121 in tutto il mondo. E io ho messo piede in ognuno di loro. Da quel che so, sono l’unico che al momento può vantare un tale curriculum enogastronomico. Sono molto rigoroso: i ristoranti a due stelle non valgono finché non ne vincono un’altra. La stagione 2018 è già iniziata e adesso ci sono altri 15 ristoranti con tre stelle Michelin. Ovviamente io ho già prenotato un tavolo in ognuno di loro, cosicché per aprile dell’anno prossimo io possa essere nuovamente in pari.

Come ottieni un tavolo in ognuno di questi locali?

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Di solito lo prenoto, un po’ come fanno tutti gli altri ospiti. Questo però, in alcuni ristorantti giapponesi, può risultare problematico. Per riuscire a entrare devi conoscere qualcuno che conosce qualcun altro e che possa parlare di te, presentandoti. La ragione dietro a tutti questi passaggi è che, di solito, alcuni occidentali non si presentano al ristorante dopo aver prenotato, e quindi i ristoratori hanno iniziato a tutelarsi con questi sotterfugi o facendoti pagare in anticipo parte della cena. Lo capisco. In Giappone i clienti sono super affidabili. Quando hai finito di mangiare il cameriere si presenta al tavolo con un libro per le registrazioni, per prenotare un’altra cena l’anno seguente. È una questione culturale, appena valichi la porta del dato ristorante ne accetti implicitamente le tradizioni, e questo tipo di rispetto garantisce una prenotazione senza registrare alcun tipo di nominativo o pagamento anticipato con la carta di credito.

Dov’è stato più difficile prenotare un tavolo?

C’e questo ristorante, il Makimura, che si trova a sudovest di Tokyo. Ecco, lì la proprietaria non mi permetteva di prenotare un tavolo. Non voleva visite da parte degli stranieri. È finita che il portiere dell’hotel Mandarin Oriental di Tokyo in cui soggiornavo ha chiamato la signora Makimura dicendole di lasciarmi entrare. “Il tuo è l’unico ristorante al mondo a tre stelle in cui non è riuscito ancora a cenare” aveva anche aggiunto. Lei, per tutta risposta, ha concluso dicendo di ritelefonare a gennaio. Il portiere così ha fatto, riuscendo a prenotare finalmente un tavolo per me. Sono andato al Makimura con mia moglie e il pranzo era davvero delizioso.

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Fantastico! Come ti sei avvicinato al mondo del fine dining?

La mia passione per il cibo è nata e cresciuta in Austria, perché ho scoperto i piaceri della buona cucina già in giovane età. Non appena compiuti i 14-15 anni i miei genitori mi hanno concesso di degustare qualche vino ogni tanto e così, quando poi io ho iniziato a viaggiare in giro per il mondo dopo il liceo, sono entrato a contatto con la guida Michelin e soprattutto i Bib Gourmand, che poi erano anche gli unici che potevo permettermi.

Gerhard degusta vini al Geranium, novembre 2017. Foto di Lou Stejskal.

E quando questo progetto si è tramutato a missione personale?

Lavorando come consulente avevo tirato su parecchi soldi, e anche mia moglie non se l’era passata male con il lavoro, così ci siamo messi a viaggiare in giro per il mondo e a trattarci bene nei ristoranti d’eccellenza. Quando la Guida Michelin è approdata per la prima volta in Giappone nel 2007, il numero di ristoranti a tre stelle è aumentato vertiginosamente, e ho pensato che sarebbe stato impossibile mangiare in ognuno di essi. Poi però a mia moglie era venuta voglia d’esplorare il Giappone, e a me la cucina giapponese tradizionale mi dava l’idea d’essere leggera. È possibile visitare ogni sera un ristorante diverso a tre stelle in Giappone e non sentirsi eccessivamente pieni o costipati. A Parigi, per dire, non si potrebbe fare la stessa cosa, si rischierebbe di morire al terzo giorno.

Inizialmente il mio obiettivo non era quello di mangiare in tutti i ristoranti a tre stelle della Terra. Poi però, circa cinque anni fa, mi son reso conto che ormai c’ero vicino. Mi mancavano solo 11 ristoranti per completare la lista.

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Nei fatti, com’è possibile? Tenendo conto non solo del denaro ma anche del tempo.

Certamente si tratta di un hobby costoso. Quando ho venduto la mia attività, ormai tantissimi anni fa, mi sono ritrovato davanti a un bivio. Cos’avrei potuto fare? Certo, l’opzione “trovati un altro lavoro” era valida, ma invece ho fatto un passo indietro dandomi agli investimenti. Così ora posso lavorare con gente in Europa alzando solamente la cornetta dalla mia camera d’albergo a San Francisco.

Hai idea di quanti soldi in totale tu abbia speso? No. E non voglio saperlo. Posso però fare una stima temporale. Mangio circa 120-150 pasti all’anno nei ristoranti di lusso. Per consumarli ci metto in media 3 ore, quindi in totale sono 500 ore all’anno.

Sei sempre in giro su jet privati e per hotel di lusso?

Jet privato? No, mai, non è da me. Per quanto riguarda gli hotel, beh, a volte è bello soggiornare negli hotel di lusso, specialmente in Giappone dove i dipendenti possono aiutarti a prenotare il ristorante, ma devo dire che anche i ryokan, gli alberghi tradizionali giapponesi, non sono per nulla male. Preferisco le realtà più locali e tradizionali.

Trailer del documentario 'Michelin Stars - Tales From The Kitchen.'


Perché hai deciso di scegliere proprio la Guida Michelin?

È una guida vecchia, un po’ come me, che non sono più un giovincello. E poi abbraccia Paesi diversi, è veramente affidabile. Le classifiche annuali come la “World's 50 Best” sono successi figli del buon marketing e basta, non sono guide eccellenti come la Michelin. Quel tipo di classifiche riduce i ristoranti a un numero, e questo non ha senso. La differenza principale è però una: mentre la “World's 50 Best” è per i cuochi, la Michelin è per gli ospiti del ristorante.

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Essere te che vantaggi porta?

Non ho mai mangiato gratis in tutta la mia vita. Di contro, però, ho intrapreso relazioni speciali con alcuni ristoratori. Il sommelier del Lasarte, un ristorante poco fuori Barcellona, inizia ad aprire le bottiglie la sera prima se sa che il giorno dopo arrivo io. Sa quello che voglio, che poi non è neanche necessariamente il vino più costoso. In qualsiasi ristorante a tre stelle le bottiglie meno costose sono, o dovrebbero essere, buone lo stesso.

Mi emoziono ancora quando so che devo uscire a mangiare fuori.

Non è stancante e alienante mangiare in così tanti ristoranti? Non rischi di annoiartii?

A me, fortunatamente, non è mai successo. Mi emoziono ancora quando so che devo uscire a mangiare fuori. Sono stato al ristorante Brooklyn Fare di New York per 38 volte e so che alla trentanovesima non mi annoierò comunque, perché l’esperienza gastronomica lì è sempre fantastica. Le componenti fondamentali per un buon pasto al ristorante sono due: il cibo e l’esperienza in generale. È possibile passare serate bellissime anche se il cibo è soltanto “ok,” ad esempio quando sei a casa di amici per cena. Tuttavia, anche se il cibo è il migliore al mondo, se trascorri la serata con persone che passano il tempo a fare foto ai piatti, subentra subito la noia e il malcontento. La riuscita di una cena dipende da tanti fattori concatenati.

Con tutta l’esperienza che hai, potresti quasi fare l’ispettore Michelin. Te l’hanno mai proposto?

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No, e non credo vorrei mai trasformare questa mia passione in lavoro, perché poi smorzerebbe sicuramente l’umore. Non mi ci vedo a trascorrere una bella serata, magari bevendo anche qualche goccino di più, e poi correre in albergo a sistemare gli appunti per scrivere una recensione lunghissima.

Qual è la tua prossima tappa?

Andrò al nuovo Noma. È stato uno dei miei ristoranti preferiti di sempre e spero di riuscire a mangiare lì almeno tre volte quest’anno. Amo anche il Geranium; la prima volta che ho mangiato lì sono rimasto folgorato. Rasmus Kofoed è un genio, ma penso sia forse un po’ troppo ligio, vorrei cambiasse i piatti un po’ più spesso.

Sembra proprio che la tua missione sia ancora in corso. Grazie per l’intervista, Gerhard!

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Quest'articolo è originariamente apparso su Munchies DA.