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Scuola

Cosa pensano gli studenti del Parini di Milano delle 'pubblicità classiste'?

Dopo le polemiche sulle 'scuole classiste', abbiamo chiesto il parere degli studenti di uno dei licei più criticati.
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In questi giorni, dopo un articolo di Corrado Zunino su Repubblica, è scoppiata una polemica sulle cosiddette “pubblicità classiste” di alcuni tra i licei più prestigiosi d’Italia. L’articolo riporta alcune voci dei cosiddetti Rapporti di Autovalutazione (RAV) a proposito della composizione della popolazione scolastica, compilate dai singoli istituti in risposta a domande piuttosto precise stabilite dal Ministero dell'Istruzione.

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A leggere queste voci, però, l'impressione è di avere davanti pubblicità dai toni classisti, razzisti e discriminatori—anche perché compaiono su un sito, Scuola in Chiaro, il cui scopo ufficiale è essere “uno strumento utile, soprattutto per le famiglie che, in occasione delle iscrizioni online, devono orientarsi nella scelta della scuola e del percorso di studi dei propri figli.”

Il RAV del Visconti di Roma—il più antico liceo classico della capitale—afferma per esempio che la provenienza medio-alto borghese delle famiglie degli studenti, la scarsissima presenza di stranieri e l’assenza di disabili “favorisc[ono] il processo di apprendimento.” Per il D’Oria di Genova, la didattica e la collaborazione tra scuola e famiglie sarebbero favorite dal “contesto socio-economico e culturale complessivamente di medio-alto livello” e dall’assenza di “nomadi o studenti provenienti da zone particolarmente svantaggiate." Mentre il rapporto del Giuliana Falconieri di Roma segnala che, “data la prevalenza quasi esclusiva di studenti provenienti da famiglie benestanti, la presenza seppur minima di alunni provenienti da famiglie di portieri o di custodi comporta difficoltà di convivenza dati gli stili di vita molto diversi.”

Il RAV del Parini di Milano.

Anche il Parini di Milano, da sempre considerato il liceo dell’alta borghesia cittadina, viene criticato da Repubblica quando afferma che “gli studenti del liceo classico in genere hanno, per tradizione, una provenienza sociale più elevata rispetto alla media. Questo è particolarmente avvertito nella nostra scuola." Vista la bufera sollevatasi sui "licei classisti", venerdì sono andato all'uscita del Parini per capire se secondo gli studenti il RAV dice la verità sul clima che si respira nella scuola e se le polemiche di questi giorni sono immotivate o meno.

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liceo parini milano

La scuola dall'esterno.

NINA, 17 ANNI

“È vero che non ci sono molti figli di stranieri, però non è vero che la maggior parte dei ragazzi viene dalle zone benestanti di Milano. Molti vengono dalla periferia, o abitano lontano e devono prendere il treno alle 6 di mattina. Comunque, io non iscriverei mia figlia in un liceo che si presenta così. Penso che scrivere un rapporto così sia controproducente, e anche un po’ razzista.”

MICOL, 17 ANNI

“Secondo me il punto cruciale è il fatto che queste schede di valutazione siano pubbliche. Non dovrebbero essere pubblicate, ma rimanere uno spunto di autocritica. Pubblicarle è un problema, perché induce ancora di più i genitori, preoccupati per i figli, a volerli portare in questi licei per proteggerli. Ma così si creano ancora di più scuole di serie A e serie B, e penso che sia assolutamente scorretto.”

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NICCOLÒ, 18 ANNI

“Quello che è stato fatto al Parini non è classismo: statistiche veritiere dicono che le famiglie del liceo sono generalmente di un ceto economico elevato. Ma il documento del MIUR chiedeva di specificare il ceto di provenienza, e se c’erano studenti immigrati o nomadi. Non è che l’hanno fatto le scuole da sole, per motivo di vanto—cosa che sarebbe razzista; le domande guida erano nel documento del MIUR, e chiedevano proprio di specificare quello. Il problema è a monte: io non lo definirei classismo delle scuole, ma classismo del Ministero. Non dobbiamo stigmatizzare quello che ha detto il Parini, ma le richieste del MIUR.”

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ARIA, 17 ANNI

“Mia madre è svedese, ma ha origini sudanesi. È arrivata qua vent'anni fa. Io sono nata a Milano e mio padre è italiano, quindi ho la cittadinanza. Al Parini non c’è un clima razzista, ma se viene scritto che nella scuola ci sono solo borghesi italiani del centro, questo favorisce il fatto che i borghesi italiani del centro vengano tutti qua, e non si crei un ambiente misto. Anche i criteri di ammissione vanno in questa direzione: favoriscono chi abita vicino, chi è uscito con un voto alto dalle medie, e chi ha già fratelli o sorelle nel liceo.”

CAMILLA, 17 ANNI

“È una grandissima stronzata, questo è il mio commento. Sul clima interno, ricordo che il primo giorno di scuola il preside ci disse che questa era la scuola della ‘Milano bene’. Per lui è un motivo di vanto, è molto importante sottolineare che è molto ben frequentata e che formerà la futura classe dirigente. Ma è un argomento molto più importante per il preside che per i professori.”

GUGLIELMO, 16 ANNI

“Il contesto sociale non è solo medio-alto, ma è un dato di fatto che al Parini sia molto raro trovare il figlio di un operaio o di un portinaio. Magari il figlio del portinaio o dell’operaio non ha l’ambizione del figlio di benestanti. Nel contesto in cui cresce, magari lo indirizzano già su studi professionali.

Non è che se ti dico che il Parini è così allora è una cosa da criticare: per me è una scheda solo informativa, anche perché, se la vediamo al contrario, magari un genitore straniero preferisce mandare il figlio in una scuola in cui ci sono più figli di stranieri. Se vede che in una scuola non ci sono altri immigrati magari ha paura che il figlio venga discriminato.”

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ALBERTO, 16 ANNI

“Secondo me questa scheda non è problematica in sé, è oggettiva. Può avere un’utilità statistica, anzi non vedo un fine che non sia statistico in un’indagine del genere. Non puoi consigliare a qualcuno di andare in una scuola in base a dati del genere, dovresti farlo con i contenuti dell’insegnamento. E non è che questa scuola punta solo a creare un’istruzione d’élite in un contesto economico elevato.”