Nimai Pandit latte etico uSA
Cibo

L’allevatore di mucche che vuole produrre latte per vegani

Nimai Pandit vuole produrre “latte etico” per creare una strada alternativa ai latti vegetali.

Gopal è una fattoria “no-kill”, dove le vacche potranno invecchiare liberamente, i vitelli potranno bere il latte dalla mamma e i cuccioli maschi saranno lasciati liberi di crescere e diventare forti tori o buoi.

Questo articolo è stato pubblicato nel 2019 Profiles Issue di VICE Magazine. Questa edizione guarda al futuro concentrandosi su scrittori, scienziati, musicisti, critici e tante altre personalità ancora poco conosciute ma che scuoteranno il mondo nel 2020. Sono "L'Altro 2020" da tenere d'occhio.

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Sette mucche prendevano il sole in un prato a New Paltz, nello stato di New York, accarezzate dalla brezza d’inizio autunno. Quando Nimal Pandit, il proprietario della Fattoria Gopal, è entrato nel loro spazio, una vacca dal manto castano gli si è avvicinata. Il suo nome era Yogamaya e voleva una grattata di testa. “Non riescono a massaggiarsi da sole in questo punto”, ha spiegato mentre le grattava energicamente la nuca. Quando ha smesso, Yogamaya gli ha dato un colpetto con il muso. “Oh, adorano le coccole. Hanno una passione per il contatto umano.”

In un’area di 36 ettari nella valle dell’Hudson, Pandit e sua moglie Ashley Scott hanno fondato la Fattoria Gopal in aprile 2016 con un principio guida: l’amore per la vacca, una cosa che non avevano mai trovato in altre fattorie. Ma per vendere il latte servono permessi, infrastrutture e soldi, così all’inizio la coppia è partita come azienda di frutta e verdura, in modo da raccogliere fondi per cominciare la produzione di latte. Alla fine della stagione agricola del 2019, Pandit ha iniziato a concentrare i suoi sforzi sull’allevamento.

Per giugno 2020, Pandit progetta di mettere in vendita il latte “etico” Gopal. Si tratta di latte vaccino che tiene conto anche delle istanze dei vegani e, dice, è già il suo prodotto più richiesto tra quelli che produce. “I nostri clienti ideali sono persone che hanno la sensibilità per capire il tempo, lo sforzo, il pensiero e la coscienza che noi investiremo per dare loro latte etico”, mi ha spiegato Pandit al telefono in settembre. Gopal è una fattoria “no-kill”, dove le vacche potranno invecchiare liberamente, i vitelli potranno bere il latte dalla mamma e i cuccioli maschi saranno lasciati liberi di crescere e diventare forti tori o buoi.

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Anche nelle fattorie gestite da contadini bravi e coscienziosi, le vacche che non producono vengono mandate al macello, e lo stesso vale per i vitelli maschi. Quando ci siamo trovati faccia a faccia con questo fatto, abbiamo capito che non avremmo potuto gestire una fattoria.

Questo sarà reso possibile da un “piano pensione” per le mucche, come lo descrive Pandit, in cui il 10 percento dei guadagni del latte verrà investito nella cura futura del bestiame. Lui scommette che i clienti saranno disposti a pagare un po’ di più per il latte etico Gopal—e gli auguriamo che abbia ragione, perché l’intero progetto dipende da questo.

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Pandit arrivò in Kentucky dall’India nel 1994 con l’intenzione di lavorare nell’informatica, finché il suo coinquilino non ebbe un crollo nervoso. Rivalutando le sue scelte, Pandit tornò in India nel 1996 per unirsi a un ashram. Prima non era religioso, ma all’interno dell’ashram si convertì all’induismo. Da nuovo seguace di una fede che considera le vacche sacre, smise di mangiare carne e si specializzò in cucina religiosa indiana.

Nel 2000 si trasferì a New York. Dopo la sua permanenza in India, Pandit prestava più attenzione al cibo che mangiava. “Ho incominciato a pensare al cibo come a qualcosa di cui ci si deve preoccupare: la qualità, da dove viene, il fattore etico. Volevo mangiare cose buone, non solo per il sapore ma per la qualità”, mi ha detto. Ha incontrato Scott nel parco di Union Square e ci è andato subito d’accordo parlando di cibo. Ora hanno una bancarella nel parco da cui vendono i loro prodotti una volta alla settimana.

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L’idea della fattoria è venuta a Scott. Hanno cominciato a visitare fattorie da latte in Pennsylvania nell’estate del 2008. “Anche in quelle gestite da contadini bravi e coscienziosi, le vacche che non producono vengono mandate al macello, e lo stesso vale per i vitelli maschi. Quando ci siamo trovati faccia a faccia con questo fatto, abbiamo capito che non avremmo potuto gestire una fattoria. Gli sembrava che la vacca venisse trattata come una macchina—usata finché non si rompe, poi aggiustata o gettata via. Nonostante una vacca possa vivere naturalmente fino a 20 anni, la vita media della vacca da latte americana va dai quattro ai sei.

La realtà dei costi era altrettanto spaventosa. Con cibo, alloggio, assistenza veterinaria, mungitura, trattamento e lavoro manuale, per allevare vacche da latte bisogna spendere un sacco di soldi. Quindi è necessario cogliere ogni opportunità di guadagno possibile e macellare le vacche per vendere la carne una volta che non sono più produttive. I prezzi al dettaglio si abbassano, gli allevamenti chiudono, e tenere vacche non produttive non conviene.

Pandit ha imparato i segreti dell’allevamento Ayurvedico, come usare l’urina delle vacche per fertilizzare il terreno, il letame per conservare i semi, e l’olio di nīm contro i parassiti

“Sapevo che in India si pratica l’allevamento etico”, dice Pandit. Molti stati e regioni in India hanno vietato la macellazione delle vacche e le punizioni vanno dalle multe all’incarcerazione. Nel 2009, Pandit e Scott sono andati in India. Ma riuscire a fare una vera esperienza in una fattoria è stato impossibile. A causa del sistema a caste vigente, le persone di classe inferiore si rifiutavano di assumere una coppia più istruita e ricca, ci ha raccontato Pandit. L’anno dopo, però, hanno avuto l’opportunità di prendere in gestione una fattoria no-profit a Jaisalmer, una città nello stato di Rajasthan, nel Nord Ovest, dove Pandit è cresciuto.

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Molte aziende lattiero-casearie vendono vitelli maschi al mercato della carne, ma nella Gopal Farm, Nimai Pandit ha in programma di tenerli, come Karan, che ora ha un anno e mezzo

Avendo acquisito un nuovo ruolo, Pandit è stato in grado di chiedere agli allevatori di insegnargli il metodo. Nonostante abbia seguito metodi Ayurvedici fin dall’infanzia grazie a sua madre, è stato a quel punto che ha imparato i segreti dell’allevamento Ayurvedico, come usare l’urina delle vacche per fertilizzare il terreno, il letame per conservare i semi, e l’olio di nīm contro i parassiti. Ma, ha detto, “la cosa più importante che ho imparato frequentando questi allevatori è l’amore per le vacche—trattarle come se facessero parte della famiglia. Lei viene considerata una madre, ha la stessa considerazione che si dà a una madre.”

Pandit non è l’unico a voler ripensare il sistema dominante nella produzione del latte. Da quando la gente è diventata più consapevole del costo ambientale, animale e umano dei prodotti animali, riflette molto di più sul latte e la sua produzione. Le vendite di latte vegetale sono salite del 61 percento tra il 2012 e il 2017, il che ha portato anche allevatori di lungo corso a mollare le vacche e buttarsi sugli anacardi. Una start up della Bay Area sta addirittura cercando di creare latte vaccino in provetta usando la fermentazione per produrre le proteine giuste.

Negli Stati Uniti, il consumo annuale pro-capite di latte è crollato dai 90 kg del 2000 agli 80 del 2010. L’anno scorso, il numero è sceso addirittura a 66 kg. Ci sono molti motivi per cui la popolazione sta rinunciando al latte o ne consuma di meno, e ci sono altrettante proposte per invertire questa rotta.

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“La cosa più importante che ho imparato frequentando questi allevatori è l’amore per le vacche—trattarle come se facessero parte della famiglia.”

Per chi ha già una visione critica del latte, Pandit vuole offrire un’alternativa migliore. “Uno dei motivi principali per cui lo facciamo è che vorrei questo tipo di allevamento etico adottato anche da altre fattorie”, ha detto Pandit. “In molti si trovano in questa situazione. Tantissimi stanno fallendo. Se i vegani non vogliono bere latte e in così tanti seguono questa linea per motivi etici, perché non assicurare loro del latte etico?”

Ma l’etica del mangiare è un groviglio complicato di valori individuali. Quando ho contattato l’Associazione dei Produttori di Latticini del Nordest per comprendere meglio come il modello Gopal si inserisce nell’industria agricola dello stato di New York, la direttrice esecutiva Tonya Van Slyke mi ha risposto: “Gli allevatori di vacche sono già etici”. A differenza della produzione biologica o di quella equo-solidale, non esistono criteri per quella “etica” né una certificazione ufficiale. Questo è un problema per Pandit, che si oppone all’utilizzo di termini come “umano” ed “etico” quando si parla di allevamenti che comunque praticano la macellazione.

Da quando Pandit e Scott sono tornati negli Stati Uniti nel 2012, ogni cosa che hanno fatto è stata volta alla preparazione di questo latte. Anche l’azienda di distribuzione Ayurveda che Pandit ha fondato nel 2008 serviva per raccogliere fondi per la fattoria. Nel 2016, hanno comprato il terreno di New Paltz. C’è una casa, un rustico, una serra e un piccolo edificio per l’ufficio Ayurveda.

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Pandit ha ricevuto offerte di donazioni di animali, ma, a causa dei fattori di stress e dei problemi di salute legati all’industria agricola, accetta soltanto vacche nate e cresciute al di fuori degli allevamenti industriali

La prossima primavera, Pandit e Scott costruiranno un locale mungitura e uno spazio per pastorizzare e imbottigliare, per rendere il latte pronto per il mercato. A causa dei permessi statali, tutto il latte che hanno prodotto fino a questo punto è stato soltanto per uso personale.

Quando sono stata a trovarli in ottobre, la mandria pascolava tranquilla sull’erba folta. L’industria lattiero-casearia americana ha sempre utilizzato quasi esclusivamente vacche di razza Holstein o Jersey, ma Pandit vuole lavorare con razze che rientrano nella lista delle varietà a rischio di Livestock Conservancy, come le Dutch Belted e le Guernsey, per evitare i problemi genetici delle varietà più diffuse. Presto accoglierà tre Milking Devon acquisite da una fattoria del Vermont.

Pandit ha ricevuto offerte di donazioni di animali, ma, a causa dei fattori di stress e dei problemi di salute legati all’industria agricola, accetta soltanto vacche nate e cresciute al di fuori degli allevamenti industriali. “Per noi è un grosso problema, perché in un allevamento normale, se c’è un problema con una vacca, la mandano subito al macello—ma noi non lo faremmo mai”, ha spiegato.

Lavorare con razze antiche ha i suoi contro. Le Holstein sono le più diffuse per un motivo: producono circa 10 mila litri di latte all’anno, mentre le Guernsey 6000. In più, secondo Pandit, essendo circondato da fattorie Jersey, dove non solo manca la conoscenza di base, ma non ci sono tori disponibili per l’accoppiamento. Le sue vacche devono essere inseminate artificialmente usando lo sperma di mandrie registrate.

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Pandit si oppone a quella che vede come una mancanza di compassione. Invece di separare i vitelli dalle madri immediatamente, cosa che viene fatta anche per riservare il latte della vacca al mercato, lui li lascia insieme per 15 giorni, dopodiché il vitello fa due poppate al giorno per circa sei mesi.

Fecondare le vacche è fondamentale perché le vacche producono latte solo dopo aver dato alla luce un vitello. L’accoppiamento può avvenire in modo naturale, ma è più comune che le vacche vengano inseminate artificialmente, una pratica che alcuni attivisti dei diritti animali trovano inaccettabile. Per quanto la selezione dello sperma permetta ad alcuni allevatori di giocare a fare Dio, la riproduzione naturale produce vitelli femmine e maschi. Visto che in una fattoria da latte non c’è bisogno dei maschi, gli allevatori di solito li vendono per la carne.

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I due maschi alla Gopal non erano previsti, ma la scelta di tenerli testimonia la dedizione di Pandit alla sua missione. Bhima, un toro di tre anni e mezzo, è nato da Kunti, la capomandria, poco prima che lei arrivasse alla fattoria. “[Il suo proprietario precedente] mi ha chiesto: ‘Stai comprando la vacca. Sei proprio sicuro?’” ricorda Pandit. Ora, dice, “È il mio preferito. Mi sento come fosse il mio primo figlio”.

Bhima ha avuto un fratello a marzo 2018, quando Scott ha deciso di adottare un vitello che ora si chiama Karan. Quando Bhima e Karan saranno adulti, Pandit se li immagina a trainare carretti in giro per il terreno o a fare da motore per un ghani, il tradizionale sistema indiano per estrarre olio dai semi. Operando secondo natura, non c’è dubbio che un giorno ci saranno anche altri maschi.

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Un gallone (3,8 litri) del suo latte, che venderà in città, costerà circa 17 dollari, e il 10 percento verrà messo da parte per il futuro delle vacche.

Pandit si oppone a quella che vede come una mancanza di compassione. Invece di separare i vitelli dalle madri immediatamente, cosa che viene fatta anche per riservare il latte della vacca al mercato, lui li lascia insieme per 15 giorni, dopodiché il vitello fa due poppate al giorno per circa sei mesi. Una delle critiche che dice di aver sentito più spesso dai vegani è che il latte di una vacca è fatto soltanto per i suoi figli.

A questo risponde raccontando di quella volta che Bhima ha bevuto tutto il latte che ha voluto, fino a procurarsi la diarrea per averne bevuto troppo. Per Pandit, questa è la prova che la madre produce più latte di quanto ne serva. Dopo aver accontentato il vitello, dice, avanza tutto il latte che serve dagli altri tre capezzoli.

Una volta che la fattoria sarà pronta, Pandit avrà 10 vacche che produrranno circa 150 litri di latte al giorno. Sono numeri bassi—da una Holstein si ottengono quasi 34 litri al giorno e un allevamento ne arriva a contenere migliaia—ma Pandit pensa che le vendite riusciranno a coprire i costi. Un gallone (3,8 litri) del suo latte, che venderà in città, costerà circa 17 dollari, e il 10 percento verrà messo da parte per il futuro delle vacche. Non è il tipo di cosa che chiunque può comprare al supermercato.

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Nonostante le buone intenzioni di Pandit, c’è scetticismo da parte degli esperti su entrambi i fronti.

L’obiettivo sarebbe di produrre latte capace di incontrare l’etica dei vegani, ma su quel punto, la teorica vegana e femminista Carol J. Adams, autrice di The Sexual Politics of Meat, è cauta. “Presumere che i vegani siano alla ricerca di un modo per bere il latte che una vacca produce per i suoi figli, è una premessa errata”, ha detto Adams. “Questa idea che i vegani siano alla ricerca di una scappatoia etica… Siamo perfettamente a posto così”.

Portando avanti l’idea che utilizzare gli animali per fare soldi sia fondamentalmente immorale, Adams è certamente più radicale di tante altre persone. “Pur riconoscendo che quello che lui sta cercando di migliorare effettivamente identifica alcuni problemi dell’industria lattiera”, dice. “Ma l’idea che si possa riscattare l’uso del latte… perché? Perché non lasciarlo perdere del tutto?”

Dall’altro lato, gli operatori dell’industria del latte hanno condiviso le loro preoccupazioni. Thomas Overton, professore di scienze animali alla Cornell University, ha notato alcuni potenziali problemi gestionali. Un motivo per cui i vitelli vengono separati dalle madri, per esempio, è per poter estrarre il colostro, un nutriente che si trova solo nel latte prodotto appena dopo il parto, di cui il vitello deve bere quattro litri nelle prime quattro ore di vita. Questo viene garantito se il vitello viene alimentato dal fattore, Overton suggerisce, ma non succede sempre se il vitello è lasciato libero di nutrirsi da solo.

Se un modello come quello della Gopal possa funzionare o no, lo deciderà il mercato. “Viviamo in un paese dove si riesce a creare un mercato di nicchia sempre che il prodotto sia tale, per cui i consumatori saranno disposti a pagare di più, quindi buon per loro”, dice Overton.

Nonostante alcuni consumatori saranno disposti a pagare di più per un latte “pieno di attributi”, il mercato è limitato, ha scritto Marin Bozic, assistente di economia del mercato dei prodotti caseari all’Università del Minnesota, via email. Il biologico è ancora limitato a circa il 5 percento delle vendite totali di latte. Ha scritto: “Potrebbe esserci una fetta di popolazione che sia disposta a pagare un prezzo molto più alto per un latte promosso come ‘etico’, ma è una fetta molto piccola.”

Nel frattempo, Pandit trae piacere dalla cura delle sue vacche. Per lui, sono come figlie e figli—ognuna con le sue preferenze e la sua personalità, intelligenti ma bisognose di una guida. Seduto nel garage di casa sua, mi ha spiegato che è molto raro che beva o mangi qualcosa fatto con latte convenzionale. “Non mi piace. Mi viene da pensare a tutto il processo, tutto quello che succede”, ha detto. “Non mi piace supportare quell’industria”.

Questo articolo è apparso originariamente su VICE US.