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Noisey

Come il black metal mi ha aiutato a superare la depressione

È un genere totalmente incentrato sulla morte, ma a me ha salvato la vita.
Giacomo Stefanini
come raccontato a Giacomo Stefanini
Milan, IT

Quando ero adolescente, il black metal per me era un genere musicale per ragazzine goth tutte uguali e metallari incattiviti dall'eccessiva masturbazione e col cervello infarcito di puttanate da riccardoni. Non ne sapevo nulla, ma il mio pregiudizio è sempre stato sufficiente per tenermene alla larga e rinchiudermi in un mondo di vecchi dischi e camicioni di flanella usati. Ai tempi, la teenage angst me la curavo disegnando a suon di Melvins, Mudhoney, Nirvana, Wipers, Big Black.

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A 17 anni i miei disturbi del sonno si fanno consistenti e inizio a soffrire di cefalee e di pesanti sbalzi di umore. Nel giro di circa otto anni passo due esaurimenti nervosi, preceduti da fasi di euforia e da episodi di autolesionismo, abuso di alcol, acquisto compulsivo. Inizio a frequentare studi di strizzacervelli, anche con buoni risultati. Così buoni che penso di essere a posto; interrompo le cure e a 27 anni scampo per un soffio al Valhalla delle rockstar in seguito ad un simpatico atto psicotico contro il mio braccio sinistro, che assalto con una bottiglia di birra accuratamente spaccata sul muro. Per un po' mi convinco di essere impossessato dal demonio, poi di essere vittima di oscure macchinazioni di magia nera da parte di una mia compagna di corso. Ciononostante vivo un vita tranquilla, mi ribecco a forza di integratori più o meno naturali e terapia. Riesco a trasferirmi in Austria per un anno per un programma di studio.

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