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È ufficiale: nessuno sta capendo più un c***o della crisi politica

Ok, non stiamo capendo niente della situazione politica italiana. La domanda adesso è: prima o poi torneremo a capirci qualcosa?

Domenica sembrava dovesse nascere il governo del cambiamento con Lega e M5S. Lunedì (l’altro ieri) ho dovuto scrivere un requiem per Giuseppe Conte che aveva rimesso il mandato per ritornare nel nulla. Ieri si parlava di un governo tecnico guidato da Cottarelli—che per l’occasione è stato soprannominato Mr. Scissors dalla stampa internazionale—e ho passato tutta la mattina a sentirmi risuonare in testa il famoso coro da stadio su Balotelli ma col suo nome. Ieri pomeriggio si è saputo che forse anche Cottarelli avrebbe rinunciato. Ieri verso l’ora di cena si parlava (di nuovo) di andare a votare in estate. Ieri dopo cena si riparlava del governo del cambiamento. Mentre finivo di scrivere questo paragrafo usciva un lancio di agenzia secondo cui Salvini avrebbe chiuso a quest’ultima opzione e detto di voler andare al voto il prima possibile ma dopo le ferie.

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E questi sono stati solo gli eventi più rilevanti, gli sviluppi della crisi di governo che vale la pena segnalare. Poi c’è tutto un contorno di folklore politico altrettanto (se non più assurdo) che passa dalle bandiere appese ai balconi, arriva a Di Maio che dice a Oettinger “ma che ne sai tu della pizza” e finisce con l’impeachment di Mattarella, anzi no, anzi si scrive impingement, anzi no.

Per non parlare della pagina ufficiale del Quirinale che posta una foto di Mattarella che sembra un cazzo di meme.

Insomma, sembra che nelle ultime 72 ore il sistema politico italiano abbia raggiunto il suo massimo grado di caos—il punto in cui è difficilissimo seguire l’evolversi degli eventi, figurarsi commentarli senza contraddirsi cinque minuti dopo. E di fronte a questo caos, scorrendo il mio feed pieno di status politici con la longevità di un surgelato sul marciapiede ad agosto, mi sono trovato spesso a fare un pensiero fisso: e se questo casino non fosse, come sembra, un momento di assestamento del sistema ma la cifra politica della normalità che ci aspetta nel prossimo futuro?

Dopo il 4 marzo ci siamo detti che la situazione politica era definitivamente cambiata: la seconda repubblica era finita e la terza stava iniziando. Ci siamo detti che il periodo di “normalità” (anche se personalmente non sono d’accordo con questa definizione) vissuto dal paese più o meno dal 2013 ad oggi era finito e che si andava verso un nuovo equilibrio del sistema. E se invece fossero stati proprio gli ultimi cinque anni a essere stati anormali?

Pensiamoci un attimo. Mentre in Italia avevamo un governo sostanzialmente moderato ed europeista, intorno a noi succedeva quanto segue: Donald Trump eletto negli Stati Uniti e, anche se per un breve periodo, Steve Bannon alla Casa Bianca; la Brexit nel Regno Unito; il Front National di Marine Le Pen che va al ballottaggio contro Macron alle presidenziali francesi; in Grecia la vittoria elettorale di Syriza, il famoso “oxi” al referendum e il waterboarding mentale subito da Tsipras per costringerlo ad accettare le condizioni dei creditori internazionali. La normalità era questo, non il governo Gentiloni.

Ci sarà un motivo se sento sempre battute sul fatto che dal 2016 viviamo in una simulazione o in una linea temporale sballata. E se la confusione di questi giorni non fosse un incidente di percorso ma l’antipasto di quello che vedremo nei prossimi anni? Se ci aspettasse una dieta a base di caos in piccole porzioni quotidiane come quella che fanno gli americani via tweet di Trump o gli inglesi tramite i sempre nuovi dettagli su cosa sarà di loro dopo la Brexit?

Non voglio citare Gramsci ma tant’è: “La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati.” Data: 1930.

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