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Cibo

L'Arancina più grande di Palermo che costa solo 1,70 euro

400 grammi di felicità e 700 calorie ad arancina.
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Croccante e dorata fuori, morbida e sugosa dentro. Al primo morso addenti quasi solo il riso, giallo perché si aggiunge un pizzico di zafferano, anche se la ricetta originale delle nonne non lo prevedeva, e a dire la verità non prevedeva neanche la degenerazione di gusti che esiste oggi.

I puristi storcono il naso, i più golosi sono contenti della varietà della scelta, poi c’è la diatriba tutta siciliana del nome al femminile o al maschile. Insomma l’arancina come la metti la metti crea scompiglio, arma vere e proprie lotte su quale sia la più buona, chi la frigge meglio, chi usa gli ingredienti migliori. O chi la fa gigante, come in questo caso.

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Alcuni vengono qui e prendono interi vassoi, poi le portano a casa e fanno delle vere e proprie scommesse su chi ne mangia di più… credo che il record sia otto ma io non c’ero, me lo hanno raccontato.

Fioccano addirittura vere e proprie classifiche delle migliore arancine da gustare a Palermo, riportate da autorevoli giornali locali, ma è solo quando ti rendi conto che l’arancina ha una sua festività dedicata che capisci l’attaccamento di un popolo intero a questo cibo.

Il 13 dicembre, la festa di Santa Lucia diventata ormai Arancina Day, è l’istituzionalizzazione di un mito. L’antica tradizione vuole che in questa giornata sia vietato mangiare pane e pasta per ricordare lo stesso giorno del 1646, quando dopo un lungo periodo di carestia il palermitano festeggiò l’arrivo di un bastimento carico di cereali gridando al miracolo. La città presa dall’incontenibile leggerezza delle panze, per la troppa fame prese a bollire direttamente il grano, impossibile aspettare i tempi della macina e della panificazione. "Santa Lucia, vulissi pani, pani unn’ aiu e accussi mi staiu". Santa Lucia, vorrei pane, pane non ne ho e allora rimango cosi’ (digiuno), si dice in città. Si dice ma non si fa… Così il 13 dicembre invece di dedicarsi all’ascesi e alla penitenza il palermitano aggira l’ostacolo e si sfonda di tutto quello che non contiene farina di frumento: riso, ceci, patate, e cuccia (il ricordo dell’antico grano bollito reso goloso dall’aggiunta di cioccolato e ricotta) ma soprattutto di arancine. Arancine di ogni foggia e misura, ripiene di qualsiasi cosa, dal salmone alla nutella. Nasce così il mito fondante dell’arancina, trasformando questo amatissimo cibo di strada, in un simbolo della città, una vera e propria icona.
Poi si sa che in città abbiamo qualche problema a gestire le dimensioni. Tutto deve essere abbondante, i piatti devono essere stracolmi le panze mai vuote, pena per gli uomini l’accusa di celata omosessualità, per le donne una presunta infermità.

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È così che la mente umana partorisce i suoi mostri, scavando dentro i demoni dell’anima ed esorcizzandoli. Nel caso del palermitano i demoni però non stanno nell’anima, ma nella panza, e per allontanare la sempre presente paura della miseria, della fame e della carestia diamo origine a questa: oltre 400 grammi, si 400 grammi tra riso, condimenti e panatura. Quando il cameriere te la serve se non sei preparato è un attimo che ti casca per terra, sono necessarie due mani per tenerla e un bocca enorme per addentarla, è l’Arancina Bomba, l’arancina più grossa di Palermo che ha fatto la fortuna del bar Touring di via Lincoln.

Considerando il peso, il condimento morbido e ricco (dal ragù con i piselli, alla besciamella con il prosciutto, per rimanere ai gusti tradizionali fino a salsiccia e funghi per i palati più raffinati), la panatura e soprattutto la frittura, questo gigante gastronomico riesce a raggiungere facilmente le 700 calorie in un colpo solo. Uno spuntino non esattamente leggero, ma condividerla è una sorta di sacrilegio.

“I turisti fanno delle cose vergognose con la nostra arancina, la dividono in due… alcuni anche in quattro” dichiara disgustato il signor Genovese, erede e proprietario del celebre bar Touring. Perché l’arancina Bomba si mangia “sana”cioè intera. È sempre il proprietario del bar a narrarmi che alcuni dei suoi clienti più eleganti riescono a mangiarne anche 6 o 7 di fila, così…per sfida.

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È fatto divieto assoluto di fotografare l’esecuzione della mitica arancina, ci racconta però che per chiudere la Bomba servono rosticcieri esperti e mani giganti.

"Alcuni vengono qui e prendono interi vassoi, poi le portano a casa e fanno delle vere e proprie scommesse su chi ne mangia di più… credo che il record sia otto ma io non c’ero, me lo hanno raccontato.” L’omertà è un sentimento impalpabile a Palermo, il “lo so ma non c’ero” avvolge di leggenda molte storie tra cui quelle sull’abominevole arancina bomba, chiamata affettuosamente dai palermitani “test’i picciriddu”, teste di bambino. Perché per non farci mancare nulla in città quando siamo troppo contenti per una cosa che ci piace tanto, gli mettiamo accanto sempre qualcosa di macabro, così per opposizione, per essere sempre felici ma non troppo.. che non si sa mai qualcuno dovesse capire che stiamo bene e per invidia inviarci qualche malo augurio.

Arancina Bomba è invece un nome che rende l’idea, bomba per la dimensione certamente ma anche perché se non sei abituato potrebbe letteralmente esploderti in corpo. Il nome arriva dal sensazionalismo della stampa locale, che complice l’assoluta vicinanza tra il bar e la redazione del quotidiano della città, un giorno in cui evidentemente non c’erano molte notizie, decise di dedicare un’intera pagina alla bestia golosa. Nacque così il trademark Arancina Bomba, che segnò nell’inconsapevolezza dei proprietari il successo del bar.

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“Mio padre, buon’anima, nell’89 decise di fare le arancine più grandi per differenziarsi dagli altri bar, ma prima per noi prima era solo arancina. Poi tutti hanno cominciato a chiamarla arancina bomba e a venire apposta da altre aperti della città per mangiarla e abbiamo capito che piaceva moltissimo, ora la facciamo in sei gusti - due tradizionali "accarne" (alla carne: ragù, pisellini, formaggio) "abburro" (al burro besciamella, mozzarella prosciutto) e 4 innovativi con spinaci, con funghi, con salsiccia e quattro formaggi - diversi e dopo tanti anni continua ad avere successo.”

E come può non averlo, 400 grammi di felicità al costo di 1.70, l’abbondanza fatta cibo di strada.

Il signor Genovese, figlio di Antonio inventore dell’arancina successivamente chiamata Bomba di cui campeggiano le immancabili gigantografie e foto ricordo, non ci permette di entrare nei laboratori.

È fatto divieto assoluto di fotografare l’esecuzione della mitica arancina, ci racconta però che per chiudere la Bomba servono rosticcieri esperti e mani giganti. E io me ne vado così, immaginando oltre il muro del laboratorio mostri dalle mani enormi che producono arancine giganti.