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Musica

Da Patty a Patti

La Pravo voleva a tutti i costi liberarsi dalla dittatura del significato, e provò a farlo a San Francisco, tra eccessi e new wave

Di "Cerchi" si stava occupando la Capitol America, mi afflissero talmente le palle poiché volevano a tutti i costi che stipulassi un contratto con loro per realizzare un disco rock. Io ho fatto quello che potevo fare, non mi sono posta il problema, effettivamente. Dovevo rifare me stessa ma è molto difficile rifare sé stessi quando è così a breve scadenza, e quindi non mi piaceva l'idea di ripropormi. Stavo formando una band che fosse internazionale con una mescolanza di stili; c'era Gianni Dall'Aglio, che scriveva molto bene, Paul Martinez e Frank Martin, un musicista americano mio amico… e si pensava a questa unione tra italiano, inglese, americano e una veneziana. Mi sembrava un progetto molto carino. Quello che non volevo, alla fine, era quello di non tornare a fare la "Patty Pravo"!

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(Patty Pravo , da "Discografia Illustrata" di Fernando Fratarcangeli)

Dopo aver sondato i pertugi nascosti di Riccardo Fogli e dei Pooh, è giocoforza necessario chiudere “il cerchio” (frase che calza a pennello in questo caso) e narrare le gesta sconosciute ai più di un personaggio che ha in qualche modo cambiato il destino di entrambi: la divina Patty Pravo, all’anagrafe Nicoletta Strambelli. La conoscete tutti come maestra di cerimonie, di stile, di provocazione e bellezza ma anche di chirurgia plastica. L’eterna ragazza del Piper sta infatti tornando sulle scene, a quasi settant’anni, per una serie di concerti a raffica, e ha un nuovo album praticamente pronto, il trentesimo della serie. Sul suo conto sappiamo anche tutti che appena apre bocca i media vanno in solluchero, ma pochi sono a conoscenza del fatto che la pietra dello scandalo tra lei e i Pooh, che ancora tenevano un piede nel mielismo, fu una sua proposta di realizzare un disco insieme. Per timore di rimanere oscurati da tanta personalità, questi rifiutarono. Tutti tranne Fogli, ovviamente, che invece ebbe con lei una laison e non fu il solo: anche Red Canzian, poco dopo, coltivò un flirt con la pravo: forse per ringraziarla—dicono le malelingue—di avergli fatto spazio nei Pooh togliendo di mezzo Fogli. Ma bando ai gossip, Italian Folgorati questa volta si concentra su un disco particolarmente ostico della Pravo: Cerchi, dell’82.

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È necessaria una premessa: la Pravo fino al 1976 (anno del disco detto Biafra per la copertina che la ritrae in evidente stato di anoressia) è una cantante raffinata quanto intrigante e pruriginosa, ma sempre nei limiti della canzone italiana. Vero è che la nostra eroina cerca di scuotersela dai fianchi in tutti i modi, spingendo l’accelleratore, chiamando intorno a sé ospiti internazionali e autori italiani di grido. Con Biafra, appunto, arrivano le sperimentazioni sintetiche e i primi concreti estremismi musicali, ma sarà solo con Miss Italia del 1978 che la Pravo farà il salto di qualità. Un ibrido fuori di testa fra neoprog (quello di Claudio Simonetti per intenderci, che suona le tastiere in tutto il disco), new wave ( si coverizzano addirittura i Talking Heads) , nuova canzone d’autore (con la hit erotica di sempre, ovvero quella “Pensiero Stupendo” scritta da un ispiratissimo Ivano Fossati), e addirittura il metal (con la title track, poi censurata nella stampa definitiva, in cui la Pravo sembra militare nei Bitch). Insomma molta carne al fuoco : la ragazza una volta solo difficile ora è completamente fuori controllo. Il culmine è nel successivo Munich Album, disco ultrasintetico realizzato in Germania con abbondante uso di vocoder, ispirato ai Kraftwerk ma contaminato anche da episodi disco-punk alla maniera di Amanda Lear: è il '79 e vi trovano spazio interpretazioni di grandi outsider della nostra canzone weird, tipo Flavio Paulin ( fuoriuscito dai Cugini di campagna e oramai devoto al synthpop) e Ivan Cattaneo con le sue invettive queer.

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Patty è scatenata, in pieno furore punk: oltre a provocare risse ai concerti, farsi tirare roba addosso e suscitare reazioni estreme della stampa non negando pose a riviste erotiche, un po’ sulla linea di Wendy O' Williams o Dale Bozzio dei Missing Persons. Ben presto, però, tutto questo casino la stufa e decide di andarsene a vivere in pianta stabile in America, nonostante sia bigama praticante si sposa per l’ennesima volta e sceglie come base San Francisco. Regolare che quindi si trovi ad assorbire le tensioni musicali del periodo: dal look simil-Bowie passa immediatamente ad un look tipo Blondie sotto anfetamina. Perennemente scheletrica, capelli stirati e smozzicati, ossigenati a puntino e con le movenze di chi sta in evidente botta di eccitanti (anche se lei negherà sempre, sarà arrestata e incarcerata nel 1992 per possesso di cocaina), Patty sembra più a suo agio in un contesto no wave che nelle tranquille lande mediterranee, da cui l'idea iniziale della Capitol di farle fare un disco totalmente anglofono, trasformato poi in un mix di inglese, francese e italiano per non alienarsi il mercato europeo. Sulla direzione musicale, invece, sorgono perplessità a proposito delle dichiarazioni di cui sopra: accollare le responsabilità del piglio “rock” solo alla casa discografica sembra una forzatura. L’evoluzione musicale della Pravo non fa dubitare che Cerchi sarebbe comunque venuto alla luce con quel taglio, così come la trasformazione—come da note di copertina—di Patty in Patti, una cantante diretta, secca, ruvida, insofferente alle etichette e alla ricerca di una sintesi sia nei testi che nella musica, lontana anni luce dalla femme fatale di una volta. Vediamo come.

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L’incipit parla chiaro: “Registrazione, giro giro intorno a un cerchio non so che dire”. Intorno a una serie di riff circolari fra i Devo, il synthpop dei Landscape e, appunto, schitarrate no wave condite da una voce che sarebbe piaciuta ai Suburban Lawns, la Pravo si mette a scrivere testi e le musiche con l’intenzione di demolirle: basta con la parola, l’importante è il suono e la sua vertigine. Come in una piece di poesia sonora, Patti cerca il significante e rifiuta il significato: non a caso il titolo è Cerchi, voce del verbo “cercare,” ricerca del minimalismo totale. I suoi partner musicali, Paul Martinez ( session man di Peter Gabriel, fra gli altri) e Maurizio Monti (cantautore outsider), non possono fare altro che assecondare questa continua sottrazione. L’intuizione di Cerchi si rivelerà profetica tanto che gli scaltri Litfiba anni più tardi se ne approprieranno per scrivere l’anthem “Gira Nel Mio Cerchio” famoso inno alla perdita di sé, che col brano della Pravo ha più di una somiglianza.

“Ma che pace, voglio guai/mi puoi avere quando vuoi”: questo il concetto chiave di “Let’s go”, un pezzo sulla libertà di costumi e conseguente addio alle paranoie, con un andazzo fra Kid Creole prima maniera e l’Adrian Belew delle scorazzate con i King Crimson e Talking Heads. Un testo che, nella sua cruda stesura, dice chiaramente le cose come stanno: sembra quasi che Nicoletta sia stata influenzata dal Battisti di E già, autobiografico nei testi quanto poco avvezzo all’arte oratoria.

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In un certo senso sembra che anche nella musica ci sia spesso del periodo sintetico Battistiano: "La Viaggiatrice You", con il suo suadente arrangiamento, potrebbe infatti essere una versione a la Japan”di “Straniero”. Si narra di una donna libera, ostacolata ancora una volta dalla parola, vista come zavorra “non ci fu bel tempo più/ parola… Tempo più.” Ritorna quindi il leitmotif del disco, chiarito senza appello nel brano successivo, “Parole”, un grande pezzo fra i Blondie e Patti Smith, che più esplicito di così si muore “Lamenti e sogni tu mi appari/in un momento splendido/ liquide voglie di/ odori di peccati, sillabe. /Troppe parole, parole/ parole, solo parole.” Insomma come dire, andiamo al sodo e basta. Evidentemente, nello scrivere i testi Patti sentiva scalciare dentro di sé un istinto animale che avrebbe fatto ovviamente a meno di un certo tipo di comunicazione mistificatoria

E passiamo quindi al lato B, con una ossessiva e quasi Lydoniana "Je ne sais pas". Dei synthoni che farebbero invidia ai Nite Jewel quanto ai contemporanei OMD di "VCL XI" e una serie di percussioni sintetiche che adornano il cantato sformato di Patti, sottolineano alla perfezione un testo mezzo in francese mezzo in italiano “Mentre parlo con te/ io non so che/ mentre parlo con te/ ye ye ye, parlo a te”. Rimane il problema insoluto e delirante della parola, dell’incomunicabilità. Nello stesso tempo, il mix linguistico riporta agli esperimenti di Cattaneo, Battiato, Camerini e Faust’O, ma soprattutto dei futuristi. Insomma, Nicoletta sta sul pezzo, preparando un bell'omogeneizzato di tutti e tutto.

Io non voglio no, non parlo/ io andare no, non voglio/ io sapere no, non dirlo/ non mi muovo no”. E ritorniamo sempre lì, in quel limbo autistico, stavolta misto fra i Cars e una Jo Squillo periodo Electrix, con la voce sembra uscita da un disco dei Penetration. Tutto sommanto, l’America le fa bene e non si risparmia neanche un bel reggae bianco, “Safari Park”, col piglio di Nina Hagen e la sfrontatezza della Bertè, solo più ossessivo : “Distacco io, soffio su di te/ perchè affogare/ il tuo deserto non mi va”. Insomma a Patti non va che si “beli per un bacio”, è abituata a tenersi gli amanti nel safari park e, se ci stanno bene.. Altrimenti ciao. A un certo punto parte una schitarrata alla Professionals che uno non si aspetta, con tanto di urla belluine della Pravo verso un finale che la dice lunga, sfociando in una circolarissima “Motion Dance” , che anche in questo caso sembra di derivazione Devo-luta. Il testo è il più decerebrato possibile, sembra una roba tipo “Go Kart Twist” di Morandi versione synthpop, molto anni sessanta nonostante i riff in loop. Aleggia anche qui lo spettro di Ivan Cattaneo, che un anno prima con il suo 2060 Italian Graffiati portò alle estreme conseguenze la faccenda della perdita totale di significato: finalmente le pesanti catene della parola sono sconfitte, rimane solo la circolarità della musica.

Figuriamoci se il pubblico è pronto… Nonostante sia sapientemente prodotto da David Khane, poi meglio conosciuto per aver messo mano alle Bangles e ai Romeo Void, il disco non entrerà nei cuori degli italiani. La promozione, per quanto massiccia, ebbe l’unico risultato di evitare alla Pravo l’esclusione dalle classifiche. Il disco si piazzerà al massimo al ventiquattresimo posto, rimanendo talmente di nicchia da non vedere mai ristampe, se non una sola in CD edizione limitata. Nonostante ciò, Nicoletta continua a proporre dal vivo alcuni brani di questo disco, per un motivo piuttosto semplice: se fosse uscito oggi, in un periodo di comunicazione tanto eccessiva e onnipresente quanto inefficace e ridondante, sarebbe stato lodato come un sasso lanciato contro la finestra di un manicomio, incontrando interpretazioni che avrebbero superato anche il demenziale e il nonsense fine a se stesso. D’altronde "è il momento di capire se dormi o no, cadi giù facilmente come pensi proprio tu."

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