Rasty Kilo e Stabber sono i pionieri del grime italiano

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Musica

Rasty Kilo e Stabber sono i pionieri del grime italiano

Il grime in Italia c'è e lo fanno Rasty Kilo e Stabber. Ce ne hanno parlato di persona.
Mattia Costioli
Milan, IT

Un mesetto fa mi ero mostrato ottimista nei confronti di chi, nel rap italiano, assorbe e reinterpreta input esteri—inglesi o statunitensi—e li trasporta in una dimensione nuova, fatta sostanzialmente di grime. L'organicità di questi terreni consiste nel non avere un margine di vero errore o definizione, e i prodotti finali di una tale ricerca sono anzi, i più promettenti in circolazione. Rasty Kilo e Stabber sono a tutti gli effetti tra i pionieri del grime italiano, e lo si era visto con pezzi come "Crime" o "Champions League", con cui ricordo, molti affiliati all'etichetta Machete hanno avuto di che storcere il naso.

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Non siamo di certo stati tra questi. È da poco fuori il loro ultimissimo video "Kilo Season", che potete vedere qua sopra, e per l'occasione ho deciso di farci due chiacchiere su Skype, giusto per confrontarmi con loro sulle riflessioni di cui sopra. Mi hanno raccontato di com'è nato tutto, la suggestione inglese, il confronto con la realtà italiana, e i limiti della scena rap "canonica", cui la loro musica si vuole opporre. È anche venuto fuori che Rasty sa quanto pesava Big Pun il giorno della sua morte. Noisey: Quando avete iniziato a lavorare insieme?
Rasty: Sarà stato un mese prima dell'uscita di "Terror". Una sera stavo con Gengis e Sine e io gli stavo spiegando che mi era venuta questa scimmia di fare grime, però non sapevo da chi farmi fare le basi. Loro m'hanno subito detto di chiedere a Stabber e il giorno dopo, coincidenza, lui mi scrive su Facebook.
Stabber: No, non è andata così. Il giorno dopo ho postato una traccia mia e ho scritto "Se avete il coraggio provate a rappare su 'sto beat grime."
Rasty: Giusto. E io gli ho scritto ci rappo io. Eravate predestinati.
Rasty: Ci siamo incontrati in un periodo in cui ero un po' bloccato. Ricevevo tantissime basi da molti produttori, ma mi sembrava tutta roba già sentita, o comunque che richiamava tracce già uscite di altri rapper. Ero un po' scoraggiato, ed è per questo che all'inizio gli ho detto [a Stabber] che magari ci avrei messo un po' a capire come stare su una base grime… E invece ho scritto 16 battute di getto, e ho capito che era il mood giusto.

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Quando ti è venuta questa passione per il grime?
Rasty: Tre mesi prima di cominciare a farlo. Il primo pezzo che ho sentito è stato di un rapper che si chiama Chronic e che ora si è un po' defilato dalla scena. Mi piaceva quell'atmosfera e mi piaceva anche il video, mi pare di ricordare una scena in cui lui difende una vecchietta che viene rapinata nel quartiere, qualcosa del genere. Da là mi sono subito saltato all'occhio Skepta, Stormzy e tutti i leader della scena attuale.
Figurati che all'inizio Skepta mi faceva schifo, infatti dicevo a Stabber che non mi piaceva quella base troppo allegra. Poi ovviamente ho rivalutato la mia idea, e ora insieme a Stormzy è il mio rapper preferito.
Stabber: Io invece il grime lo seguo da secoli. Come si è evoluto per te questo interesse?
Stabber: Molto semplicemente ho sempre seguito le sonorità UK, grime, FM synthesis… Le cose tipiche di quella roba che deriva dalla dub e dalla garage. Le ho sempre messe in produzione che si giravano un po' più sull'hip-hop, il che è lo stesso processo su cui si basa il grime, con ritmiche più articolate. Ultimamente ero ritornato a produrre cose in quella direzione e ho anche fatto delle cose con Digi G'Alessio. Mi sono seduto con Rasty accanto e in maniera molto veloce abbiamo provato a fare qualcosa, non gli ho di certo mandato una cartella di beat con scritto "Scegline uno." Ci siamo messi lì e abbiamo provato a fare qualcosa insieme.
Rasty: Abbiamo provato ad adattare le basi per conservarne una sorta di matrice comune, ma che andassero comunque bene per quello che dicevo io. Qualcosa che non è molto comune al grime londinese.

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Su questo punto: la maggior parte dei commenti (apparentemente scritti di fan), sia sotto le tue canzoni che sotto il post dell'altra volta, sostengono che i temi trattati siano un po' ripetitivi. Io sono dell'idea che, quando c'è un percorso, i fan sono quelli che si impegnano di più per provare a capirlo, pure quando ti dicono che fai cacare. Tu come te li vivi questi commenti?
Rasty: Non me ne frega proprio un cazzo. Io ascolto rap da quando sono bambino e vivo le cose che racconto da sempre, anzi, a volte sono pure costretto a censurarmi, perché se raccontassi quello che ho fatto, quello che ho visto… Non lo posso dire. Se chi mi ascolta venisse tre settimane a Ostia capirebbe meglio quello di cui parlo. Io faccio dei riferimenti costanti a quella realtà perché vengo da lì, sarei finto se non lo facessi. E poi lo sai che c'è? Io rimango molti periodi senza scrivere per poi, ad esempio, scrivere un botto di cose concentrate in un mese, se mi esce quella roba là non posso fare altro.

Per te fare un genere che, in Inghilterra, ha un entroterra culturale e sociale molto forte, non rischia di diventare un'appropriazione indebita?
Rasty: Ma più di protesta del mio rap cosa c'è? Non è che si può settare uno standard per la protesta, il mio rap è più contro di ogni altro rapper da centro sociale d'Italia. Io mi sento questo e lo faccio a modo mio. Ho tradotto i testi grime, li ho studiati, perché volevo far uscire una cosa in Italia fatta bene. Allo stesso modo quando mi scaglio contro la trap non me la prendo con Sfera o con la Dark Polo Gang, che la fanno bene, me la prendo con questa moda della trap in cui tutti si mettono a seguire la stessa corrente senza le skill per farlo.
Tornando al discorso della protesta, io non vivo la realtà che vive un ragazzo londinese, io vivo come tutti quelli che stanno ad Ostia, e nella mia musica racconto quello, mi scaglio contro le mie, di guardie, ed è importantissimo che la musica sia così.
Stabber: Io penso che una cosa necessaria, tanto più nella musica italiana che è facilmente influenzabile, sia la libertà di fare un po' come cazzo ti pare. Io ho sempre fatto il contrario di quello che sarebbe stato consigliabile fare, ma è soltanto perché non m'è mai fregato niente di seguire le mode. Io gli ho proposto delle produzioni vicine alle sonorità UK, ma era essenziale che lui si sentisse libero di affrontarle come più gli importava, anche a livello di testi, e che si differenziasse dai modelli inglesi. Non serve fare qualcosa di eclatante, ma se non c'è mai nessuno che si sente libero di fare il cazzo che gli pare nella maniera più libera, nessuno farà mai scattare quella prima pedina del domino. Ad esempio?
Rasty: Ad esempio guarda Salmo, ha fatto disco d'oro senza un singolo da radio, senza ritornelli, con solo strofe a cannone. Quello è cambiare il gioco, non fare un disco con il singolo che strizza l'occhio alle radio, l'altro che strizza l'occhio alle ragazzine. Io non vorrei mai fare una cosa del genere. Anche se il nostro pubblico pare composto da una manica di rincoglioniti che non capiscono un cazzo, la storia di Salmo ci fa capire che questa roba in Italia si può fare, e si può ottenere successo facendola. In tutto il mondo l'hip-hop sta assorbendo i suoni urban del rap, mentre in Italia succede il contrario… Ma che cazzo significa?
Stabber: Per dirla molto semplicemente, noi non pianifichiamo niente a tavolino. Io faccio dei beat, lui ci scrive delle robe sopra, poi mi manda le strofe e io mi prendo una giornata per fare i miei giochetti. Fine, faccenda impacchettata. La genuinità del gioco sta proprio nel farlo in questo modo. Io credo che nel rap italiano negli anni ci si siano fatte troppe pippe mentali, ora su cosa e ora su come andava fatto. Io sono sempre stato scomodo e lui allo stesso modo, diciamo che c'è un problema cronico di ogni rapper italiano che è arrivare alla conclusione di qualcosa. Tutti i rapper tendono ad avere tempi biblici e per un produttore come me trovare una persona che stia dietro ai miei lavori, è oro.

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È vero?
Rasty: Sì, se oggi esce "Champions League" io domani sto già cercando il posto per girare un altro video. Non è che ci mettiamo là a pensare quale pezzo far uscire o quando farlo uscire. Io non rompo il cazzo a lui e lui non rompe il cazzo a me, perché tanto siamo entrambi bravi nelle nostre parti: scrivo, registro e faccio il video. Ed è così che funziona anche a Londra. Il mio unico obiettivo, a lungo termine, è di riuscire a fare una cosa ufficiale nel 2017, quindi quest'anno al limite butteremo fuori una raccolta in free download. Non ne posso più della gente che sta sempre lì a chiedermi ma il disco? Quando esce il disco?
Stabber: Ma faglielo chiedere…
Rasty: È che il disco mi mette una cifra d'ansia da prestazione. Preferisco far uscire un singolo al mese e ora porterò il grime in tutte le città italiane perché aprirò tutti i concerti del tour di Noyz Narcos. E nel frattempo hai creato anche una cosa che si chiama Team Kilo, dico bene?
Rasty: Sì, all'interno ci siamo ovviamente io e Stabber, mio cugino, che sto cercando di indottrinare al grime, due videomaker che mi stanno seguendo in tutti i video, Mattia Del Giudice e Luca Caruso, e un fotografo che lavora per la mia vecchia etichetta, Honiro Label. Si chiama Lorenzo Piermattei, e mi cura le fotografia. Sto cercando di costruire una squadra che lavori intorno a questo progetto a trecentosessanta gradi. Skepta ha vinto dei premi per un video che gli è costato ottanta euro, e io voglio lavorare con la stessa attitudine, circondandomi di persone talentuose. È finita la moda di fare il rap leccato, se sei pischello e vuoi fare subito i video con gli elicotteri, per me stai sbagliando.
Stabber: Io penso che ci sia un problema che prima o poi andrebbe affrontato: nella musica italiana, in generale, senza parlare esclusivamente del rap, c'è una disattenzione cronica per tutto ciò che è genuino e nostrano, e c'è un'attenzione smodata per tutto ciò che è straniero. C'è un'esterofilia incontrollata che si riflette anche nella musica, a volte ai limiti del ridicolo. In Italia ci sono produttori bravi che però diventano famosi solo quando fanno la fotocopia di cose straniere, e ci sono produttori bravi che fanno cose originali e che vengono riconosciuti all'estero, ma che nessuno in Italia ha intenzione di andare ad approfondire. Se anche i rapper si staccassero dalla necessità di fare le cose identiche a Clams Casino, o un produttore trap qualsiasi, si accorgerebbero che ci sono beatmaker italiani con riconoscimento internazionale a disposizione. Hai in mente qualcosa di specifico?
Rasty: il disco di Johnny Marsiglia, che ha un concetto, che ha un mega flow, ma non è stato filato abbastanza. Intendevo se hai in mente qualcosa di negativo.
Stabber: Intendo che proprio da un punto di vista musicale, il rap cambia quando qualcuno crea degli ambienti sonori tali che si definisca un culto intorno a determinati gruppi o artisti. Penso ai Wu-Tang, a DJ Premier, ai Mobb Deep. Si sono definiti degli universi grazie a persone che hanno detto sticazzi, io lo faccio così. Dire sticazzi in Italia a me sembra difficile, perché nessuno riesce mai a staccarsi, nessuno vuole mai provare a sparigliare le carte su cui stanno giocando tutti gli altri.
Rasty: E questa è una cacata per me, è come se in Italia ci fosse il terrore di fare qualcosa di diverso dagli altri. Hai capito quello che ti voglio dire? In un certo senso sì, e per me è apprezzabile che le vostre cose vengano fuori. La speranza è che importare qualcosa di nuovo, reinterpretarlo per primi, portare al confronto due correnti diverse, permetta ad un certo punto di creare una terza via originale e nuova.
Rasty: Ma se vuoi io posso mettertelo per scritto già adesso, non ci sarà un cazzo. Come è andata bene a Sfera una roba, e tutti hanno iniziato a copiarlo, se va bene la roba nostra, sarà tutta una copia di nuovo, e io lo puntualizzerò sempre.
Stabber: Io capisco il discorso di Rasty e da un lato c'ha ragione, però contestualmente, come dici tu, questa cosa è intrigante, perché forse finalmente riporta lo scontro su un terreno di battaglia creativo e non soltanto di chi c'ha il cazzo più grande. Se si dovesse creare qualsiasi tipo di scontro dal punto di vista musicale finalmente si riuscirebbe a fare chiarezza su chi sono i produttori e chi sono… dei salami, fondamentalmente. Questa è una cosa sulla quale punto. Ad esempio per me è assurdo che io e Crookers abbiamo prodotto due tracce sull'ultimo disco di Roots Manuva, che non è l'ultimo arrivato, e non se ne sia accorto nessuno. C'è una situazione davvero troppo poco attenta e se tu dici che questa cosa che stiamo facendo porterà uno scontro, o comunque spariglierà un po' il gioco, io rispondo: tanto meglio. Io sono sicuro che se prendo un ragazzino qualsiasi, tra quelli che vengono osannati, scopro che non sa utilizzare un campionatore. Non dico che lo deve saper fare per forza, ma è innegabile che sia un tipo di approccio troppo superficiale.
Rasty: Lo sai che c'è? La cosa bella dell'hip-hop per me, da quando sono bambino, è che ognuno è diverso, originale: ogni persona che arriva apporta una cosa nuova in più e fa crescere la scena e il movimento. In Italia invece… Sono usciti i Dogo, e tutti a rappare come i Dogo, è uscito Noyz, e tutti a rappare come Noyz, negli anni Novanta tutti come i Colle. È una merda, ed è pure brutto per noi, perché dopo un po' ti passa la voglia.
Stabber: Oggi non c'è più gente che ha una cultura di quello che sta ascoltando. Dici che è così?
Stabber: Sì è palese, l'età media degli ascoltatori del rap mainstream ha meno della metà degli anni che ho io. E con questo non voglio dire che sia per forza negativo, però sicuramente non è gente che ha un'interesse ad approfondire la cosa più di tanto, ma vuole solo stare dietro all'hype del momento, che probabilmente durerà solo due settimane. Nessuno si mette a fare un disco o una canzone pensando che questa cosa possa durare più di una parentesi e andare a costruire una cultura reale. Quando negli anni Novanta ero ragazzino io non c'erano i quattordicenni di adesso che si scrivevano le frasi sul diario, non c'era Instagram, non c'erano le frasi dei loro rapper preferiti sotto le immagini del profilo.
Rasty: In tutto il mondo il rap se lo sentono anche i bambini, ma non capisco perché in Francia sfonda uno come Lacrim se lo ascoltano dai 12 ai 35-40 anni. Qua invece non c'è evoluzione, non succede mai che un adulto si ascolti 'sta roba. Quando io ho cominciato dopo due mesi ho mollato i Flaminio Maphia e Piotta, ho voluto scoprire cosa ci fosse dietro ed era la cosa più bella: ho voluto capire e sviscerare quello che stavo ascoltando.
Stabber: Io gestendo un'etichetta mi accorgo che l'attenzione sulle cose si è davvero abbassata, tenere l'attenzione su un EP è davvero complicato perché per cinque tracce ci vogliono cinque premiére, per riuscire a tenere un'attenzione di due settimane su quest'EP, che magari ha richiesto quattro mesi di lavoro.

Eppure questo non è per forza negativo, è solo indice di una maggior disponibilità di informazioni.
Stabber: Quello che dico io è che ad un certo punto uno deve tirare i remi in barca e decidere se preferisce seguire gli altri con la sua canoa verso il precipizio o fermarsi un attimo e inventare un'altra cosa, che magari non cambia il corso dell'acqua, però aiuta qualcuno a non gettarsi di sotto. E questo direzione diversa è stata facile da seguire, ad esempio per te Rasty, è stato diverso l'approccio alla scrittura?
Rasty: L'unico bucio de culo che ti devi fare è che dopo trenta barre che scrivi stai ancora a 10 secondi di beat e ti chiedi ma quante parole devi dì? In ogni caso il grime mi stimola, se tu ora ascolti gli altri rapper e poi ascolti me, ti accorgi che Stabber ha lavorato davvero sodo al mio sound, che è riconoscibile e unico. Non mi fa solo dei beat, crea un sound che nella mente delle persone diventa il sound di Rasty Kilo. Non ho mai avuto un produttore che curasse così bene la parte che c'è dietro la mezz'ora in cui si registrano le strofe.
Stabber: Il grime nasce in modo molto rozzo ed è evidente che alcune sonorità sono riprese pari pari da altri generi urban dell'epoca. Anche perché erano le stesse persone a fare grime, dub o garage.
Stabber: Esatto, e inizialmente non c'era molta distinzione tra le cose e i suoni sono sempre gli stessi, ma un minimo più articolati e storti, che più o meno è il contrario di quello che un rapper vorrebbe sentirsi sotto. Dopo tanti anni di produzione ho imparato che ai rapper le cose strane non piacciono, perché lo distraggono dal suo pensiero.
Rasty: E invece questo è quello che mi piace, perché io non mi ci sento nemmeno un rapper. Sono tutto quello che non è un rapper, non nei canoni italiani almeno. Quando mi ha mandato "Terror" la cosa che mi ha affascinato di più era che ad un certo punto la base cambiava completamente. Infatti è divertente pure da ballare, cioè superati i vent'anni ho iniziato a fare un po' fatica a star dietro all'immaginario del concerto rap, questa cosa invece riesco a fruirla in modo diverso.
Rasty: Io voglio che il mio sia un concerto punk: voglio vedere la gente pogare. Un concerto grime è una cosa differente, non devi stare là con la mano alzata a tenere il tempo.
Stabber: Per chi come me ha ascoltato anche viene naturale questa attitudine.
Rasty: E lui mi ha aiutato a capirla quest'attitudine, perché io ad esempio sono un nerd per quanto riguarda la storia dell'hip-hop classico, so anche quanti chili pesava Big Pun quando è morto. E quanto pesava?
Rasty: 308 o 309 chili. Pure Biggie era bello grosso, tanto che quando gli hanno sparato era così grasso che il sangue non usciva dai fori dei proiettili, si fermava nei tessuti adiposi. Non sapevo un cazzo del grime, ma lui mi ha insegnato tutto.
Stabber: Diciamo che è stato bravo a lasciarsi affascinare da un certo immaginario, che è anche quello che ha conquistato me al principio: quell'approccio cafone, da campetto da basket con tutti quanti dietro a saltare. Anche nel video di "Shutdown" c'è solo della gente vestita di bianco con quattro palle così di stare davanti a una telecamera armati soltanto della propria attitudine. Il grime è più divertente, ecco cosa: è semplicemente più divertente.

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