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A Lampedusa non si può nascere. Non c’è una sala parto, né un’ospedale attrezzato. Un mese prima di partorire, le donne lasciano l’isola e si spostano in Sicilia, dove soggiornano fino alla nascita del figlio.
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Così, su nessuna delle carte d’identità dei bambini che crescono su questa sottile striscia di roccia calcarea circondata dalle acque del Mediterraneo – per decine di migliaia di migranti ogni anno, il primo spicchio d’Europa – ci sarà scritto ‘nato a Lampedusa’.
C’è un’eccezione, però. “L’unico bambino nato l’anno scorso a Lampedusa era il figlio di una migrante, sbarcata qui in avanzato stato di gravidanza.” Il solo lampedusano per ius soli del 2014, dunque, “sarà una persona venuta dall’Africa,” come racconta sorridente Nino, l’uomo conosciuto da tutti come la memoria storica dell’isola.
Nino, il custode dell’archivio di Lampedusa, è uno dei protagonisti di Beyond The Fortress, un progetto giornalistico internazionale dall’approccio documentaristico che coltiva l’ambizione di “sfidare gli stereotipi” e “generare una discussione” su quella che negli ultimi anni è diventata la landa di terra più abusata, agognata e rinnegata d’Italia—poco più di venti chilometri quadrati raccontati molto, è vero, ma spesso anche molto male.
Beyond the Fortress è una collezione di storie che parlano di persone e di migrazione, nel tentativo di andare ‘oltre’ alla narrazione quotidiana di Lampedusa, spesso dipinta come poco più di un centro di approdo, accoglienza e (raramente) smistamento in cui storie tragiche si mescolano ai numeri della cronaca, dimenticando del tutto l’aspetto umano della migrazione—che coinvolge chi si sposta, certo, ma anche chi aspetta, accoglie, assiste, dona: i lampedusani.
“L’idea generale era quella di mostrare la questione dell’immigrazione verso l’Europa da una prospettiva diversa. Volevamo mostrare la realtà attraverso gli occhi e e le parole delle persone che vivono e lavorano ogni giorno accanto ai rifugiati, fin dal loro sbarco sulla terraferma,” racconta a VICE News il fotografo e giornalista Marco Tiberio, una delle menti del progetto.
“L’intento è quello di parlare di questo tema tanto attuale in modo diverso da quello dei principali media, i quali si attengono a una versione standardizzata della storia che rischia di sterilizzare l’argomento,” ha spiegato.
Beyond the Fortress è un progetto innatamente cross-border, anche nella composizione del team che l’ha realizzato: oltre a Tiberio ci stanno lavorando due belgi, il giornalista e documentarista Roel Nollet e l’operatore Gieljan Van Goethem. Della squadra fanno parte anche i ricercatori Loes Fierens, Jesse Verschraegen ed Elisabetta Sciacca.
“Ognuno ha le proprie specialità e competenze: abbiamo pensato che, insieme, avremmo potuto creare qualcosa di veramente interessante. Conoscevo il lavoro di Gieljan e Roel,” spiega Tiberio. “Loro hanno una lunga esperienza nel campo documentaristico, mentre io più nella ricerca, quindi unire le forze è stato abbastanza semplice.”
Il reportage si compone di una serie di video-ritratti ad alcuni abitanti dell’isola, che raccontano come la loro vita tranquilla quotidiana sia stata sconvolta – frequentemente, in positivo – dai flussi migratori del Mediterraneo.
Quattro di questi ritratti sono già stati pubblicati: oltre a Nino, anima dell’archivio storico locale, ci sono Pietro, responsabile dell’U.O.S. Cure Primarie di Lampedusa, Veronica, che gestisce un’associazione che aiuta i cani randagi presenti sull’isola, e Paola, che gestisce un bed&breakfast e aiuta quotidianamente i migranti. Gli altri video, invece, arriveranno all’inizio del prossimo anno.
In generale, secondo Tiberio, la popolazione di Lampedusa “tende a dividersi in due gruppi diversi: chi offre aiuto ai rifugiati e chi invece li vede come fumo negli occhi,” spiega Tiberio. “Difficile dire chi abbia ragione, perché da un punto di vista oggettivo entrambi hanno le proprie motivazioni. I primi affermano che vanno aiutati, mentre i secondi li incolpano di danneggiare il turismo.”
Un’accusa – quella di danneggiare il turismo – che diversi lampedusani muovono agli stessi media, rei, secondo loro, di mostrare una narrazione parziale e spesso inesatta. Tiberio, dal canto suo, conferma: “La situazione sull’isola è molto più calma di quella mostrata da giornali e tv. I rifugiati sono per lo più tenuti nascosti dalle forze dell’ordine; dopo essere stati salvati in mare, infatti, vengono portati con autobus speciali direttamente al centro di accoglienza. La popolazione stessa di solito apprende le notizie sugli sbarchi dal telegiornale o dalla radio,” racconta.
“I media mainstream mostrano una visione ristretta della situazione,” prosegue il fotoreporter. “Si concentrano soprattutto sui rifugiati stessi e raramente su tutto ciò che ruota attorno a loro. In questo modo è normale che si creino fazioni nell’opinione pubblica, chi li sostiene e chi no. Questa modo di mostrare le cose alla lunga può stancare il pubblico. Per questo motivo abbiamo cercato di infilarci in questo gap, per cercare di colmarlo e dare una terza prospettiva.”
Visita anche: Il sito di Beyond The Fortress
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