La mamma più piccola del mondo, Ohio, 1976
Nel lavoro di Randal Levenson non c’è differenza tra insider e outsider. La sua serie In Search of the Monkey Girl include gli scatti realizzati in giro per il nord America negli anni Settanta, tra figure illustri come l’uomo con due facce, la madre più piccola del mondo, il ragazzo pinguino, Willie “Popeye” Ingram e Artoria Gibbons.
Videos by VICE
Nel 1982 le foto sono diventate un libro, e oggi sono in esposizione alla Petite Mort Gallery di Ottawa, in Canada. Ne abbiamo approfittato per incontrare Levenson e parlare dei suoi giorni sulla strada
VICE: Cosa ti spinge a realizzare progetti di questo genere?
Randal Levenson: Mi chiedevo, Come fai a risolvere o adattarti ai problemi della vita? Mi interessava scoprirlo. La macchina fotografica è stata un mezzo per entrare in ambienti nei quali altrimenti sarebbe stato difficile o impossibile interagire.
Susie, Cheyenne, Wyoming, 1976
Quando hai cominciato In Search of the Monkey Girl?
Nel 1971, ero andato da Ottawa a Fryeburg, nel Maine, in visita a un amico. Era periodo di fiera, e ho passato otto giorni a fotografare sia il lato agricolo che quello dei sideshow. Ho seguito la fiera anche nella tappa successiva, l’ultima della stagione. Vivevo lì, in una vecchia tenda di tela che avevo sistemato nel bosco adiacente alla fiera.
Da quel primo incontro mi sono deciso a lavorare a un libro che documentasse le persone e i luoghi che avevo visto mentre viaggiavo. Mi concentravo soprattutto sui giostrai e sui sideshow. L’ultima fiera che ho seguito è stata la Tennessee Sate Fair del 1981. Il grosso del lavoro è stato fatto dal 1974 al 1978.
La ragazza e il Gorilla, Maumee, Ohio, 1974
Come descriveresti la tua esperienza in quel contesto?
Di norma i giostrai vengono guardati dall’alto in basso, anche da quelli del circo. Sono due culture completamente diverse. In un circo tutti sono a libro paga, mentre la maggior parte dei giostrai, manovali esclusi, guadagna dagli accordi intervenuti con il promoter dello spettacolo a cui fanno da sideshow.
Emmet l’uomo tartaruga, Columbus, Ohio, 1976
Parlami di Emmet, l’uomo tartaruga.
Emmet era un gentiluomo, una persona molto speciale—probabilmente l’individuo più nobile e intelligente che abbia mai incontrato. All’inizio non era molto cordiale e non gli piaceva l’idea di farsi fotografare. Ma col tempo si è aperto e mi ha reso partecipe della sua storia. Abbiamo parlato di economia. E delle sue origini. Diceva che la sua situazione era abbastanza rispettabile—aveva delle proprietà immobiliari in Alabama, ma lavorava nei sideshow per gli extra. Questo non significa che non fosse difficile. Tutti i performer erano abbastanza segnati e vivevano da tempo senza fissa dimora.
Il bambino ranocchia (Bebe Grenouille), Hull, Quebec, 1973
Cosa pensavano i vari performer delle loro esibizioni?
Stare sul palco significava non lasciar uscire la loro emotività. Praticamente significava andare lì e farsi guardare.
La mia impressione era che volessero tutti far parte del mondo esterno, della società “normale”: avere una casa, una famiglia e via dicendo. Dietro il palco erano semplici persone normali, e la maggior parte di loro era anche molto intelligente.
Spogliarellista, Fargo, Nord Dakota, 1977
Con quali strumenti lavoravi, e come ti poni rispetto alla storia della fotografia?
Lavoravo con una grande macchina su un treppiede sotto un telo scuro. Direi che Walker Evans mi ha molto influenzato, così come Ansel Adams e i suoi libri sulla tecnica della camera oscura. Cito anche Robert Frank per il suo lavoro in viaggio, e Rembrandt e Goya per la composizione, l’illuminazione e i ritratti.
Willie “Popeye” Ingram, Maurnee, Ohio, 1975
Per alcuni, l’idea di documentare la “diversità” è problematica.
Diversità? Io li fotografavo come gente normale. Mi sono sempre sembrate persone alquanto nobili. Erano persone con cui lavoravo quotidianamente mentre imparavo a “parlare internamente” e riuscire a mantenermi. Aiutavo anche nell’allestimento dei numeri. L’avevo imparato da Willie “Popeye” Ingram.
La tragedia principale in molte delle loro vite non derivava dalle sofferenze fisiche, ma dal fatto che il gene fosse passato ai loro figli e che anche questi fossero malati.
Bob e Virginia Melvon, Fargo, North Dakota, 1976
La maggior parte delle fotografie sono state fatte negli anni Settanta. Immagino che oggi quello del sideshow sia un settore in calo.
Sono entrato in contatto con alcuni degli ultimi veri performer da sideshow: Hall & Christ’s Wondercade, la famiglia Wanous in Alabama e lo show di Whitey Sutton, che dopo la sua morte passò in gestione a Elsie Sutton. Vado a trovare Hall e Christ e al piccolo Pete Terhune su per giù una volta l’anno e di tanto in tanto sento altri performer. Penso che molti, come Emmet, non ci siano più.
Anna “Artoria’”Gibbons Lincoln, Nebraska, 1976
Quali erano i tuoi numeri preferiti?
L’intrattenimento era garantito. Ogni tanto uno spettatore rimaneva così colpito da svenire. Spesso, ma non sempre, era una donna. Qualche volta li lasciavano entrare dietro le quinte. Ricordo che c’era un mangia fuoco che esercitava un grosso fascino sul pubblico. Era anche un impiegato della IBM.
Woodbridge, Ontario, 1974
Ma a me quell’aspetto non interessava. Dalla mia prospettiva, l’atto in sé non era oggetto d’interesse. Non era come andare a un concerto di Springsteen. Con i freak, ho imparato a vedere le persone dall’interno piuttosto che per come apparivano all’esterno. Il mio interesse per la sottocultura nasce da una questione più ampia, quella che ti pone di fronte ai problemi della vita. E ancora oggi ho questa curiosità. In un certo senso, la macchina fotografica mi dà una scusa per continuare a chiedermelo.
Altro
da VICE
-
Javier Zayas Photography/Getty Images -
DeAgostini/Getty Images -
Allanswart/Getty Images -
Screenshot: Microsoft