Arizona Baby di Kevin Abstract racconta com’è crescere neri e gay in Texas

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“Di giorno, sudiamo sulle strade / di un sogno americano in fuga”. Si apre così “Born to Run” di Bruce Springsteen, che anticipa la narrativa di viaggio che permea l’opera del Boss, un viaggio metaforico tra il successo e l’insuccesso e un viaggio letterale dall’America rurale alle luci della ribalta. Questa voglia di successo riflessa nei finestrini di una Ford che corre su una highway è la stessa che si intravede in nel recente disco di Kevin Abstract Arizona Baby.

Per Kevin, leader dei BROCKHAMPTON, Arizona Baby è il terzo album solista dopo MTV1987 e American Boyfriend: A Suburban Love Story. Il disco, composto da tre parti pubblicate in tre settimane consecutive, è l’espressione della crescita artistica e personale di Kevin Abstract e associa il tema del viaggio personale alla formula del gruppo di cui fa parte, caratterizzata da produzioni che spesso si discostano dai canoni dell’hip hop a cura di Romil Hemnani e Jack Antonoff, frontman dei Bleachers ed ex chitarrista dei fun., idealmente seduti nei sedili anteriori di questa Ford che sfreccia mentre Kevin sorpassa di corsia in corsia.

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La copertina di Arizona Baby, cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify

Kevin aveva già raccontato nei precedenti progetti di non aver avuto una adolescenza semplice. “Empty“, tratto da American Boyfriend, narrava le sue difficoltà durante gli anni dell’high school e il non riuscire a sentirsi parte della comunità: “Non sono mai andato alla festa di fine anno / ora sono sempre nella pista da ballo”. In modo interessante, una delle frasi con cui chiudeva il pezzo era: “Voglio essere americano”, a espressione della sua necessità di sentirsi accettato e non essere emarginato.

Ma sentirsi parte di una comunità è complicato negli Stati Uniti di questi anni, segnati da conflitti razziali e intolleranza. Un clima aspro come l’arancia che Kevin ha sbucciato e mangiato nel teaser del disco, reso ancora più acido dalle difficoltà che ha dovuto affrontare nella sua infanzia. Kevin Abstract è cresciuto a Corpus Christi, Texas, una città dove, secondo i dati demografici, solo il 14% della popolazione è nera, in cui già dal nome è evidente la stringente morale cristiana. Un ragazzo omosessuale come Kevin non avrebbe mai potuto rispecchiare lo stereotipo dell’americano di cui parlava in “Empty”. Specialmente non si è mai sentito in grado di vivere la vita in una comunità rurale abbandonando le velleità artistiche e le proprie preferenze sessuali, come racconta nella prima strofa di “Georgia”, quando si interroga: “Mi chiedo spesso cosa succederebbe / se dicessi in classe che mi piace il ragazzo che si siede in fondo all’aula”.

Questo per Kevin Abstract è dunque il disco in cui cerca di sbocciare come uno dei fiori della copertina di Flower Boy di Tyler, The Creator, una delle sue ispirazioni. Questi due dischi condividono il racconto di un percorso artistico di crescita umana e apertura nei confronti del pubblico al punto da riconoscere che “Tyler era la roba più pesa che avessi mai sentito” in “American Problem”. E Kevin Abstract è maturato, e in questo disco ci racconta la sua umanità attraverso tutti i posti che rappresentano la sua identità, saltando di palo in frasca come le api tra i fiori di cui sopra.

Alcuni posti raccontano la sua storia, come Corpus Christi; altri, come l’Arizona del titolo, sono di più difficile lettura. Su Reddit si ipotizza che Kevin si riferisca a Raising Arizona, film dei fratelli Coen, in cui una coppia composta da un ex criminale e un ex poliziotto fanno da genitori alla figlia del magnate Arizona. Il riferimento a questo film potrebbe dunque rappresentare la tensione di Kevin tra il giusto percepito a cui era spinto dalla morale di Corpus Christi, e le sue espressioni artistiche e voglia di evadere.

Emerge un doppio sistema di riferimento per Kevin. Da una parte gli Stati Uniti sono il posto in cui non sempre si sente accettato, “Se ti svegli e ti senti più solo di ieri / Allora amico mi devi lasciar andare” come canta in “Corpus Christi”, fino a sfiorare la depressione al confine tra Texas e Mexico in “Mississippi”. Ma allo stesso tempo gli Stati Uniti sono il posto in cui ha vissuto i “momenti speciali con i miei amici” di “Peach”, pezzo in cui collabora con Joba e bearface dei BROCKHAMPTON e Dominic Fike, protagonista di un video diretto dallo stesso Kevin.

Ed è come se Kevin fosse legato a doppio filo al suo paese, che tanto l’ha fatto soffrire ma rappresenta la sua identità. Quando nella narrazione deve tradire un impegno preso nel disco precedente, il non fare uso di cocaina sancito in “Echo”, in “Corpus Christi” racconta di aver ceduto al consumo durante il tour europeo dei BROCKHAMPTON. Forse averlo fatto in Europa lo giustifica interiormente, ma un senso di colpa più grande delle sue azioni rimane sulle sue spalle. Proprio come quando, sempre in “Corpus Christi”, per la prima volta si chiede: “Mi chiedo se Ameer mi pensa, o che pensa di me”, facendo riferimento all’uscita di Ameer Vann, suo migliore amico nelle poco inclusive scuole texane, dai BROCKHAMPTON a seguito di accuse sulla sua condotta sessuale.

Shia LaBoeuf in Disturbia osservava dalla finestra tutto quello che succedeva nel suo vicinato. Allo stesso modo, Kevin in questo disco si siede sulla riva del fiume e osserva tutto quello che gli è successo a tratti sfiorando la paranoia nella solitudine in Mississippi. Non colpisce quindi che LaBeouf sia una delle ispirazioni di questo disco, al punto da replicare lo stunt dell’attore che si era ripreso in un cinema che proiettava i suoi film. Kevin, per promuovere il disco, ha trasmesso in diretta streaming per dieci ore la sua camminata su un tapis roulant posizionato in Brockhampton Street, la via di casa sua a Corpus Christi. Come a dire: si può correre quanto si vuole, ma la tua identità ti legherà per sempre a casa tua.

Ma se Kevin questo viaggio verso la serenità e il successo artistico non l’ha completato sul tapis roulant, a noi rimane il privilegio di poterci ancora sorprendere delle sue idee e della sua sensibilità mentre sfreccia verso sempre un altro progetto e una nuova sofferenza, sperando sempre nell’American Dream, ma anche con il desiderio di fermarsi e riposare a felicità raggiunta. Non è un caso che le ultime parole del disco siano: “Non puoi correre per sempre, adesso / Devi imparare la lezione, piccolo”. Ce lo auguriamo anche noi, Kevin.

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