Identità

La mia ragazza è letteralmente dall’altra parte del mondo, e non so quando la rivedrò

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“La mia famiglia mi ha chiesto di restare qua ancora una settimana, che magari intanto in Italia i contagi diminuiscono. Che ne pensi?”

A inizio febbraio ho accompagnato la mia ragazza in aeroporto. Io sono italiano, lei è indonesiana. Stava tornando a Giacarta a trovare la sua famiglia e i suoi amici un anno dopo l’ultima volta. Quando l’ho salutata ci siamo scambiati un abbraccio e un sorriso. Mentre se ne andava, le ho fatto un video che ho poi messo su Instagram con “All By Myself” di Cèline Dion in sottofondo. Per scherzare. È un meme che abbiamo, cantarla e scherzare sull’essere soli e tristi. Ho preso il treno e sono andato in ufficio.

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Ero felice che stesse tornando a casa, dato che l’ultimo periodo non era stato molto semplice. Il suo contratto di stage non era stato trasformato in un tempo determinato, e quindi aveva lavorato per un po’ senza un vero scopo—cosa non semplicissima quando sei dall’altra parte della Terra rispetto alla tua famiglia e dipendi da un permesso di soggiorno. Ad ogni modo, la nostra idea era quella di andare a vivere insieme al suo ritorno. Allora avrebbe cercato lavoro e insieme avremmo capito che cosa fare.

Solo che poi—sorpresa!—la mia regione è finita al centro di una pandemia che ha bloccato miliardi di persone in casa e messo in ginocchio il sistema economico globale. Quando ho saputo del cluster di Codogno, una cittadina a metà tra la città dove vivo e quella dove sono nato, ho pensato: dimmi te, con tutto il mondo a disposizione, se un virus venuto fuori in un wet market in Cina doveva scegliere un posticino anonimo nella pianura Padana per cominciare a diffondersi in Italia.

Nel frattempo la mia ragazza era a Bali con i suoi amici. Ovviamente sia loro che la sua famiglia sapevano quello che stava succedendo qua, ed erano preoccupati. Le chiedevano: “Ma devi proprio tornare in Italia subito? Non è più sicuro aspettare un paio di settimane?” Il volo di ritorno era previsto per il 7 marzo, il giorno del nostro primo anniversario. Poco dopo ci sarebbe stato il mio compleanno.

“Tutti qua mi dicono di rimandare,” mi diceva lei, “io non so cosa fare. Che ne pensi?” La mia risposta è stata, “Nessun problema. Quando tornerai, festeggeremo ancora di più.” Anche perché sicuramente non si sarebbe potuta mettere a cercare lavoro con un’epidemia in corso, e lì almeno aveva la sua famiglia e la sua città.

E quindi abbiamo rimandato il volo: sarebbe tornata il 20 marzo. Poi l’8 marzo la Lombardia è stata dichiarata zona rossa. L’ho scoperto parlando con un’amica su FaceTime e la mia prima reazione è stata di farmi una risata. Non so da dove mi è uscita, dato che nel giro di cinque minuti avevo terminato la conversazione e mi ero messo a scrollare Facebook per leggere come stavano le persone—e quindi capire che senso aveva il modo in cui mi sentivo io. Il giorno dopo era il mio compleanno, e non ricordo nemmeno come ho festeggiato.

La prima cosa successa dopo il lockdown è che la sua compagnia aerea le ha comunicato che sarebbe atterrata a Roma, e non a Milano. Questo era un problema, dato che lei non è domiciliata a Milano: come giustificare il suo spostamento alla polizia verso la zona rossa, in caso di controllo? E come essere sicuri che, tra il caos e le difficoltà di comunicazione, non ci potessero essere fraintendimenti con le autorità, o addirittura problemi che avrebbero potuto complicare il rinnovo del permesso di soggiorno (che, con grande tempismo, era ed è tuttora in corso)?

[Una parentesi molto breve e semplificata, per chi non conoscesse la procedura del permesso: in casi come il suo, la permanenza in Italia è legata a un contratto di lavoro, un tirocinio o una partita IVA. Lei aveva scelto quest’ultima opzione e, dopo averla aperta, aveva preso appuntamento per il rinnovo. Con la ricevuta dell’appuntamento puoi rientrare in Italia senza problemi anche prima del rinnovo effettivo, ma non in Europa, e quindi solo con voli che fanno scalo in Asia o in Medio Oriente. Opzione esclusa dai voli disponibili, dato che con il procedere dei lockdown praticamente tutti i voli per l’Italia venivano deviati con scalo a Francoforte.]

Insomma, entrambi ci siamo pian piano resi conto che non ci saremmo rivisti il 20 marzo, e che non potevamo avere idea di quando lo avremmo finalmente fatto. Nelle relazioni, non serve un esperto per capirlo, riesci a stare davvero bene solo quando la persona che ami sta bene, e quindi i momenti più bassi sono stati quelli in cui l’ho vista stare male, non riuscire a dire nulla, sentirsi senza una direzione. E io, dall’altra parte del mondo, che potevo solo parlarle ed esserci senza il fisico.

A peggiorare la situazione c’era il fatto che io sto passando tutto questo da solo, nell’appartamento in cui vivo in affitto a Milano. La mia coinquilina è a casa del suo ragazzo, mentre i miei genitori sono a Cremona—all’inizio mi avevano chiesto di tornare, perché avevano paura mi sentissi solo. Ma la scelta di rimanere qui, anche se mi sento spesso piuttosto solo, è stata la più sicura per tutti.

Ogni volta che parlo di cosa mi è successo dentro in questi due mesi faccio una similitudine. È stato come passare per le fasi del lutto: negazione, rabbia, contrattazione, depressione, accettazione. Quest’ultima, che sto vivendo ora, crea una specie di torpore in tutto ciò che faccio—so che torneremo insieme, so che sarà bello, anche se non so quando succederà. Perché so che è tutto transitorio e non definitivo.

Quando cominci una relazione a distanza, di solito, lo fai perché quella persona ti piace così tanto che neanche ci pensi, alle lunghe pause in cui non vi vedrete e alle vostre scelte di vita. Una distanza imposta da una crisi globale, invece, dopo un po’ diventa un ostacolo invisibile ma temporaneo. Tipo un cubo di ghiaccio grandissimo e trasparente, che però piano piano si scioglie. E a un certo punto sarà abbastanza sciolto da lasciarti passare.

Provo scatti di gioia quando succede una risata al telefono, quando facciamo esercizi di italiano su Zoom (perché lei nel frattempo ha iniziato un corso di lingua), quando la vedo condividere qualcosa in cui leggo un messaggio che parla di noi. E sto imparando a non crollare nello sconforto quando ci sono delle giornate no, perché è solo umano che ci siano.

Sono cose che non avrei provato, se lei fosse qua a passare la quarantena con me. Intendiamoci, se potessi tornare indietro nel tempo, prendere tutti i droplet contagiosi in Italia con un enorme guantone e fermarli anche solo per una settimana—così da farle prendere quell’aereo, e da passare insieme questa stasi—lo farei subito. Ma stare a rimuginare sul passato non fa bene, e forse quando sei chiuso in casa fa anche peggio.

E allora guardi in là, e pensi al lungo termine, mentre all’interno della testa torni un po’ come quando avevi le storie difficili e un po’ disperate degli adolescenti. Ti mandi le canzoni, i meme, ti racconti piccole cose e ti bastano per tirare avanti. E pensi a quando, in un futuro che chissà quando e come sarà, racconterai la storia di questo amore, e ci metterai dentro questo capitolo strambo e assurdo e doloroso e però anche pieno di vita.

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