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Cosa succede ai profughi siriani quando arrivano in Germania

Ismael ha 25 anni e viene da Amuda, in Siria. È uno delle decine di migliaia di siriani scappati dalla brutale guerra civile che sta insanguinando il paese, alla ricerca di una nuova vita in Europa. Ha filmato il suo pericoloso viaggio fino in Germania per un documentario di VICE News—My Escape from Syria: Europe or Die.

Il viaggio è stato stancante e interminabile: dalla Turchia alla Grecia in barca, e poi a piedi attraverso Macedonia, Serbia, Ungheria e Austria. Il ragazzo si è consegnato infine alle autorità di Passau, una cittadina bavarese vicina al confine.

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Da lì, Ismael viene condotto a Metten, e ospitato temporaneamente nella palestra di una scuola. Ha condiviso il viaggio un gruppo di 130 uomini e ragazzi, tutti siriani. Le donne e le famiglie del gruppo sono già state portate altrove.

La palestra è affollata, ma ariosa e pulita. Lo staff del centro scherza con i nuovi arrivati, mentre i robusti membri della sicurezza controllano soltanto che i bambini non si facciano male giocando.

Guarda il documentario di VICE News: My Escape From Syria: Europe or Die.

Ci sono prese elettriche e una connessione wifi, per permettere agli ospiti di mettersi in contatto con le famiglie rimaste a casa. Il cibo viene preparato dalla mensa di un paese vicino, Deggendorf, che produce 3,000 pasti al giorno per questo e altri campi. A ognuno viene servita una colazione calda e un contenitore con cibi freddi e bevande.

Tutti i presenti hanno affrontato un viaggio difficile e pieno di insidie. Molti, come Ismael, sono sopravvissuti alla pericolosa traversata via mare dalla Turchia (spesso dopo aver dato migliaia di dollari ai trafficanti) e da lì hanno proseguito a piedi. Ali, un cuoco originario di Homs e padre di tre figli, ha compiuto un viaggio di 27 giorni dal Libano. Ora sta cercando di farsi raggiungere dalla famiglia. “Amo la Germania,” spiega a VICE News.

“Voglio passare la mia via qui, non c’è più nulla in Siria, la mia casa, i miei due negozi, il mio giardino, è stato tutto distrutto. A Homs non c’è nulla.” Ismael spera che le sue abilità nel cucinare piatti italiani e francesi, ma anche una varietà di cucine arabe, possano aiutarlo nella sua nuova casa. 

La palestra di Metten ha ospitato temporaneamente Ismael e altri 130 siriani. Foto di John Beck

Il centro di accoglienza è gestito da Thomas Kindel, direttore dell’ufficio distrettuale per la sicurezza e l’ordine pubblico. È alto e gioviale, e ha lavorato per anni nella gestione dei disastri naturali. “Parte del [mio lavoro] consiste nel proteggere la cittadinanza dalle catastrofi, è un mestiere speciale,” spiega. “Ora ci sono così tanti profughi in Germania che il governo non è più in grado di gestire la situazione normalmente, quindi possiamo dire che si tratta di una sorta di catastrofe.”

A giugno il governo ha chiesto a Kindel di entrare in azione. “Hanno detto: ‘ascolta Signor Catastrofe, da oggi il tuo lavoro consiste anche nell’organizzare [l’accoglienza] dei profughi,” ha raccontato. “Insomma, sono passato dai disastri naturali a quelli umanitari.”

In un solo giorno ha dovuto allestire letti, bagni, sicurezza, pasti, acqua e cure mediche per 200 profughi. La sera seguente, quando sono iniziati ad arrivare gli autobus, Kindel e la sua squadra avevano già ricoperto l’intera pista di pattinaggio su ghiaccio – svuotata e chiusa per l’estate – con teli di plastica e letti, coinvolgendo un albergo locale per la preparazione dei pasti. 

Ismael mette in carica lo smartphone prima di lasciare il centro di accoglienza di Metten. Foto di John Beck

Il centro di accoglienza è rimasto lì per circa sette settimane. Poi c’era bisogno di far ghiacciare la pista di pattinaggio in vista del campionato di hockey, e così il campo è stato trasferito nella palestra della scuola. Ma solo fino all’inizio dell’anno scolastico, quando sarà spostato di nuovo. Ora, ha spiegato Kindel, potrebbe essere allestito all’interno di un paio di tendoni gonfiabili in grado di ospitare circa 500 persone.

Il problema, ha aggiunto, è che quel numero equivale al numero di migranti che arrivano ogni giorno a Deggendorf, a causa della sua prossimità con il confine austriaco. Solitamente i trafficanti ammucchiano i profughi nei furgoncini e li portano in Germania, dove li abbandonano sul ciglio della strada prima di scappare via. Sono pochi i trafficanti che vengono catturati, ma abbastanza per riempire il carcere di Passau, il paese più vicino alla frontiera. I trafficanti sono solitamente rumeni o turchi, pagati qualche centinaia di euro da chi gestisce il traffico.

Un profugo siriano lascia il centro di accoglienza di Metten. Foto di John Beck

Ismael (il quinto in piedi a partire da destra) e i suoi amici posano per un’ultima foto prima della partenza da Metten. Foto di John Beck

I profughi non rimangono a Metten a lungo. Molti vengono mandati a Deggendorf per controlli medici e altre procedure burocratiche, poi trasferiti in altre zone del paese. I nomi di quelli destinati a partire vengono scritti su un foglio all’interno della palestra; la mattina dopo, arrivano dei minibus per portarli via.

La mattina in cui lascia il centro, Ismael ha con sé solo alcune buste, avendo man mano lasciato indietro molti dei bagagli con cui era partito. Prima di salire sugli autobus, si sofferma fuori dalla palestra profughi per fumare una sigaretta e a scattare le ultime foto di gruppo, ringraziando e abbracciando le guardie della sicurezza e gli altri operatori del centro.

Ismael scherza con un amico mentre aspettano di lasciare Metten. Foto di John Beck

Un giovane siriano si dirige verso l’autobus che lo porterà via da Metten. Foto di John Beck

Ismael viene quindi portato a Deggendorf, una cittadina pittoresca e sonnecchiante che un tempo diede rifugio a circa 2,000 profughi ebrei.

Qui, in un magazzino, i profughi si mettono in fila. Per i controlli medici, ma anche per scoprire la loro prossima destinazione. Anche famiglie e bambini sono ospitati nel centro. I ragazzini giocano mente le madri lavavano i vestiti, e li stendono sulle recinzioni allestite intorno ai bagni mobili per garantire un minimo di privacy. Sull’altro lato dell’edificio, chi ha già ricevuto i documenti validi per l’ennesimo viaggio si dirige verso la stazione, o resta in attesa dell’autobus giusto.

Un bambino siriano davanti alla sua casa temporanea in un magazzino di Deggendorf. Foto di John Beck

I vestiti vengono stesi sulle recinzioni che circondano i bagni mobili a Deggendorf. Foto di John Beck

Ismael viene condotto a Kempten, a tre ore di distanza—per il momento, la sua destinazione finale. Hanno ricevuto degli alloggi permanenti, e sono stati ufficialmente registrati per ricevere 325 euro al mese per comprare cibo e vestiti, oltre alle cure mediche.

I profughi vengono accolti da Andreas Guggemoos e dal suo piccolo team di operatori sanitari e assistenti sociali. Guggemoos – un giovane sempre allegro con i capelli biondi a spazzola e un frigo pieno di energy drink – ha parlato di come lui e i suoi colleghi facciano fatica a gestire il flusso di migranti. Più di 150 persone vivono nella cittadina in modo semi-permanente, tra cui circa 70 minori non accompagnati.

Apre un armadietto pieno di documenti per farmi toccare con mano la mole del suo lavoro. “Tutto il sud della Germania è pieno di profughi e stiamo cercando delle stanze per ospitarli,” ha detto. “Ma non vogliamo che le persone vivano in cattive condizioni, perché hanno affrontato un viaggio difficile per arrivare in Germania. Vogliamo garantirgli la migliore sistemazionepossibile.”

Un tedesco tiene aperta la porta a un profugo siriano mentre entra nel suo nuovo appartamento a Kempten. La casa ospiterà sia lui che Ismael. Foto di John Beck

Ma non è facile. Kempten è una città universitaria bisogna competere con gli studenti nella ricerca degli alloggi. Quelli che sono riusciti a trovare non erano ammobiliati, quindi Guggemoos ha costruito i mobili praticamente da solo. La sera, tornato dal lavoro, si mette a costruire letti, armadi e cucine fino alle prime ore del mattino.

“Sono solo un impiegato, non sono molto bravo con queste cose,” ha spiegato mestamente. Nel frattempo un’agenzia immobiliare locale li sta aiutando a cercare più alloggi. Guggemoos ha spiegato che ci sono ancora difficoltà, ma ha detto di amare il suo lavoro.

Ismael è arrivato in una stanza piena di letti a castello condivisa con svariate altre persone. Si è dato da fare per aprire la busta contenente le sue nuove lenzuola. I suoi coinquilini erano tutti siriani—parte del piano di Guggemoos di far vivere insieme coloro che provengono da località simili.

“Quanto rimarremo qui?” chiede un diciannovenne. Non si sta lamentando, mi spiega, vuole soltanto sapere se può finalmente sentirsi “a casa.”

Un giovane somalo che da dicembre vive nell’appartamento a fianco li aiuta ad ambientarsi, spiegandogli dove possono trovare la carne Halal o i negozi meno cari.

Ismael scrive ai suoi amici dopo il suo primo giorno a Kempten. Foto di John Beck

“Siamo stati trattati molto bene [a Kempten],” dice Ismael. “Gli abitanti e alcune organizzazioni ci hanno fatto visita, ci hanno dato dei consigli e delle informazioni sullo stile di vita e sulle tradizioni locali, ci hanno addirittura spiegato come funzionano i segnali stradali.”

Ma ha aggiunto di aver sentito parlare di un crescente clima anti-immigrati nel paese e di alcuni attachi contro i profughi da parte di gruppi di estrema destra.

Anche Guggemoos è a conoscenza di questi fatti, ed è consapevole della reazione che il forte flusso di stranieri potrebbe provocare in un paese come Kempten. La descrive come una cittadina amichevole ma riservata, e così poco abituata agli stranieri che lui stesso ha avuto difficoltà ad ambientarsi quando si è trasferito.

Ma ha aggiunto che molta gente del posto si è impegnata per accogliere i nuovi vicini, specialmente le vecchie generazioni che ricordano ancora il disastro umanitario causato dalla seconda guerra mondiale. Altri hanno portato i profughi a pattinare sul ghiaccio, a fare escursioni o a nuotare nei laghi vicini.

E i siriani in particolare si sono ambientati bene, ha detto. “I ragazzi siriani… sono tutti molto amichevoli, disponibili, tranquilli, e molto precisi e puliti. Per noi tedeschi, tutto deve essere pulito e perfetto, e loro sono quasi [come i] tedeschi. Quando sono arrivati i primi ragazzi siriani, ho pensato che fossero proprio come i tedeschi, lingua a parte.”

Il sole tramonta su Kempten, la nuova casa di Ismael—per ora. Foto di John Beck