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Musica

Musica senza niente: Wolfgang Voigt e l'ambient di oggi

I nostri cervelli sono occupatissimi, è ora di fare spazio con un po' di ambient di qualità. Se non sapete dove trovarla, ve la procura Wolfgang Voigt

Wolfgang Voigt

Viviamo in un era in cui paura e confusione sono in costante accelerazione, un’epoca di destabilizzazioni sociali ed economiche, tempi di panico postmoderno. Tutto si muove in maniera iperveloce e cambia troppo repentinamente per essere compreso appieno. Ci consoliamo con aggiornamenti in tempo reale e scatti rapidi di sinapsi non del tutto connesse, credendo di stare formulando interpretazioni autorevoli e credibili. L’arte sta, forse più che mai, tentando di affrancarci da tutto ciò, ma è anch’essa mediata dalla fretta e dal nervosismo della contemporaneità. Abbiamo bisogno di un cambiamento, ci serve spazio per respirare, ci serve un giusto ambiente.

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La leggenda vuole che Brian Eno, costretto una volta in un letto di ospedale, avesse chiesto a un conoscente in visita di portargli della musica da ascoltare, e che questi gli abbia portato un disco di musica per clavicembalo, mollandoglielo lì da ascoltare. Solo che—ed è questa la cosa importante—lasciò il volume decisamente troppo basso. Eno dovette sforzarsi per sentire qualcosa, e iniziò a progettare mentalmente un genere di musica che fosse in grado di “soddisfare diversi livelli di attenzione senza concentrarsi su uno in particolare”. Così nacque la musica ambient, così naquero dischi come Discreet Music, Music For Airports e Apollo, e così nacque uno stile composto da gocce leggere di synth, rintocchi percussivi appena accennati e droni aritmici simili al canto delle balene.

Gli album ambient di Eno contengono suoni brillantemente delicati, la scia vaporosa di ogni singola nota sparsa si posa languida su voci sintetiche, meccanizzate, irreali e paradisiache, su cori inorganici che ascendono verso la stratosfera. È musica che, paradossalmente, invita l’ascoltatore a non concentrarsi su di essa, pur mantenendo un senso di perfezione formale e sensuale che lascia l’ascoltatore stupito di fronte all’uso magistrale dello spazio e alla sua purezza minimalista. Questi dischi hanno, volenti o nolenti, dato forma a tutta la musica a venire. Pensate a Burzum e Xasthur, al modo in cui travasano l’ambient cosmica e melliflua dei Tangerine Dream nell’abrasività totale del Black Metal, o il classicismo post-Eno degli Stars Of The Lid. Senza quei dischi, non sarebbero mai stati realizzati lavori come i Disintegration Loops di William Basinski (una collezione di magnifici frammenti di musica classica che si disfano progressivamente. L’Ambient, dagli eleganti e quasi invisibili abbozzi pianistici di Harold Budd alle deviazioni dance di Aphex Twin, possiede sempre una forza trascendentale. Ha la capacità di portare via l’ascoltatore da una routine da caserma e dall’obbligo di marciare a tempo.

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Kompakt, che come label è indiscutibilmente una delle forze che dominano il panorama techno contemporaneo, ha sempre avuto dei risvolti ambient piuttosto pronunciati. La loro annuale compilation di nubi e sibili intitolata Pop Ambient è uno strumento fondamentale per le ore post-festa di ogni clubber che si rispetti; da questa è ora nata una serie di LP, il primo dei quali è El Reino Invisible, del producer argentino Leandro Fresco. Per celebrare questa nuova ondata di quiete contemplativa, abbiamo parlato direttamente con il maestro Wolfgang Voigt, fondatore della label.

Sulle prime non può che enfatizzare l’importanza dell’album di Fresco come inizio di una nuova importante fase della label: “È molto semplice: chi conosce il nostro catalogo sa bene che, oltre alle release a base di cassa, Kompakt ha sempre ospitato artisti strettamente ambient.” Compresi album come Because Before di Ulf Lohmann e In Moll di Markus Guentner, un album descritto da Voigt come “Neoromantic emotional laptopambienttechno to escape from the grey sky surrounding us” che ci pare una descrizione molto azzeccata.

Per Voigt, la serie Pop Ambient serve a fare spazio tra gli impegni “Negli ultimi anni il nostro roster è cresciuto tantissimo e l’obiettivo della label è diventato soprattutto quello di fare uscire della grande musica da club. Per tornare all’ambient abbiamo quindi deciso di sfruttare una piattaforma già esistente.” Più che una nuova label o una sublabel, quindi, si tratta di una “riorganizzazione delle priorità di Kompakt”.

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A parte il lato più business, è importante per lui sottolineare la forza dell’ambient come costrutto organico “L’idea astratta, originale e ipotetica di ‘pop ambient’ consisteva nel mettere il pop sotto una lente d’ingrandimento, dilatarlo, rallentarlo… Fino a individuarne il DNA puramente sonoro ed estetico, libero dai significati”. Ma i significati sono ovunque, come si fa a liberare la musica? “Vuol dire semplicemente passare un frammento di informazione sonora (come un file audio) al ‘microscopio’ (ad esempio un sampler) e ingrandirlo, deformarlo, smascherandolo fino a farlo tornare quello che è davvero: suono” Così facendo, sostiene, la musica resta in un ambito di creazione originale, senza trasformarsi in un oggetto criticabile o interpretabile. “È una fantasia astratta, un idea certamente irrealistica: una volta pubblicata, la musica acquisterà ovviamente una certa quantità di sensi”. Per cui l’ambient può solo essere descritta come il tentativo di costruire uno spazio in cui il significato forzato è rimpiazzato da un senso di purezza.

Il rapporto tra techno e abient è lungo e sfaccettato, e Voigt ha avuto un ruolo fondamentale nel costruirlo. La sua collaborazione del 1998 con Jorg Burger, uno degli artisti di punta di Kompakt, a nome Burger/Ink suona ancora oggi incredibile ed è un tentativo etereo di agganciare il potenziale lisergico di certa ambient con lo sbattere della cassa in quarti. È un lavoro spaziale, psichedelico e molto complesso. Viene dritto dalle chill-out room degli anni Novanta. “le classiche seconde sale, quelle coi tappeti in cui la gente se ne stava tranquilla a godersi quella che noi consideravamo la sorella aritmica e libera della techno”.

Ma sono soprattutto i lavori di Voigt a nome GAS a non potere essere ignorati: quattro sublimi album in cui prende composizioni classiche tedesche e le ricontestualizza sotto forma di tuffi infiniti in un abisso, voluminose invasioni di luce e di forme indefinite, di dolore, emozione e stati onirici. Sono tutti assolutamente perfetti, sia strutturalmente che come dimostrazioni del potenziale intrinseco alla musica ambient. “L’ambient può presentare molte differenti proprietà e caratteristiche nello stesso momento. Può essere pura, calma, oscura, luminosa, ruvida, sporca, piena di armonia e completamente priva” dice Voigt, e ha perfettamente ragione. Speriamo solo che qualunque cosa esca da questa nuova serie di dischi ne dia la giusta prova.