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Musica

Addio Scott

Un piccolo ricordo del batterista degli Stooges, scomparso il 15 marzo a 64 anni.

Se c'è una cosa che da queste parti non amiamo per niente sono i necrologi della gente famosa, specialmente dei musicisti. Troppo spesso diventano solo una scusa per lucrare (a livello di visite, se non altro) sulla defezione di un soggetto leggendario, oppure l'occasione per il giornalista di turno di snocciolare un po' di luoghi comuni sulla leggenda del ruock. Delle due, probabilmente è la seconda ad essere grandemente più irrispettosa. Abbiamo sempre cercato di commemorare chi ci ha lasciati solo nel caso che qualcuno di noi avesse avuto un rapporto personale particolare con l'artista in questione, e fosse assolutamente certo di saperlo trattare con il dovuto rispetto.

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Ecco, è successo che l'altroieri è venuto a mancare Scott Asheton, batterista e co-fondatore, insieme a suo fratello Ron (morto nel 2009) e a Iggy Pop, della mai troppo onorata unica rock band possibile: gli Stooges. Ne ha dato l'annuncio proprio Iggy sulla sua pagina Facebook, così:

IMPORTANT MESSAGE FROM IGGY:

My dear friend Scott Asheton passed away last night.

Scott was a great artist, I have never heard anyone play the drums with more meaning than Scott Asheton. He was like my brother. He and Ron have left a huge legacy to the world. The Asheton's have always been and continue to be a second family to me.

My thoughts are with his sister Kathy, his wife Liz and his daughter Leanna, who was the light of his life.

Iggy Pop

Se Ron era il ruggito viscerale e scassato della bestia-Stooges, Dave Alexander i muscoli e Iggy la spaventosa pelle metallizzata, Ron ne era l'ossatura: dura e solida quanto rozza e sproporzionata. Il suo drumming autistico, che nel primo album era fatto ancora di oggetti presi a caso, grattuge, frullatori e battimani per poi diventare un beat quadrato e anfetaminico in Funhouse e una roba devastante e implacabile in Raw Power, non lo ha mai fatto amare dai pipparoli strumentistici. E invece ha contribuito a creare uno dei groove più autentici, potenti e riconoscibili che abbiano mai solcato del nero vinile. Dai micro-tocchi di "We Will Fall" al caos di "LA Blues", come nell'anfetamina di "TV Eye" e "Search & Destroy". Sempre diritto come un treno, come ossessionato dall'assegnare nuove sfumature nella ripetizione coatta, non mi pare una cazzata affermare che, senza il suo modo di percuotere i tamburi, nella sua Detroit non sarebbe mai nata quella fabbrica di motori techno che tutti conosciamo (diciamo che è un merito che condivide a metà con l'altro grande scomparso, Klaus Dinger dei NEU!).

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