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Musica

Beyoncé e il sesso orale

La grown woman ha anche trovato delle parole da grown woman con cui parlare di quello che le piace senza dover fare scandali

Mai nella mia vita mi sono sentita così eccitata come quando è apparso il box di iTunes che declama "Sei sicuro di voler acquistare BEYONCḖ?". Il quinto omonimo album dell'unica diva della nostra era è arrivato a noi umani come un regalo di Natale anticipato, una sorta di tredicesima dal Paradiso: quattordici tracce completate dalla visione di diciassette pregiatissimi video che vanno a delineare l'idea che Beyoncé ha di "visual album". Il primo ascolto l'ho fatto sul tapis roulant, non tanto perché Beyoncé mi fa sentire come se potessi fare tutto, o perché "Pretty Hurts"—la traccia d'apertura—sia un'ode all'empatia del sentirsi sempre sbagliate per i canoni di Vogue. Più che altro non sapevo dove buttare tutta l'adrenalina che avevo in corpo, e quei 58 minuti di camminata veloce in salita—dove per dissetarmi ho bevuto le mie stesse lacrime—mi sembravano l'unico tributo possibile.

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Questa bella immagine introduttiva per dire che il nuovo disco di Queen B di sorprendente non ha tanto la forma o il modo in cui è stato rilasciato al mondo (dopo l'esibizione al Super Bowl e il tour mondiale, sì, di solito c'è un album. Se sei Mika c'è un greatest hits), ma il contenuto. L'eccitazione del momento in cui tutti ci siamo ritrovati a premere il tasto COMPRA, ha lasciato spazio all'ascolto e alla scoperta: quello a cui stiamo assistendo è qualcosa di enorme, il trionfo dell'r&b minimalista che si muove su beat à la “Take Care" di Drake, ma soprattutto una presa di posizione dominante da parte di Beyoncé. E per posizione dominante intendo che Beyoncé ha davvero dimostrato di stare sopra a tutto, marito compreso.

"BEYONCḖ" è il cavallo di Troia se fosse stato d'oro e ripieno di miele, perché questo è l'album più succulento e generoso che Bey potesse offrire al mondo. L'immagine che i video restituiscono è quella della perfezione fisica, dell'erotismo di una donna adulta—ormai madre oltre che moglie—mentre le parole sono quelle di chi ha deciso di cancellare quell'immenso distacco tra lei e te sfruttando il tema centrale dell'album: l'esplorazione della sessualità femminile. Possiamo dirlo, sarà anche più brava a muoversi ma un orgasmo è un orgasmo ovunque.

Partiamo proprio dall'autocelebrativo titolo dell'album: dimenticando definitivamente l'alter ego Sasha Fierce, Beyoncé si afferma come semplice donna, il resto sta tutto nei testi: sensuali ed erotici. L'esempio più lampante è "Blow", un pezzo super sensuale che parla di cunnilingus. Sì, Beyoncé parla del sesso orale che riceve dal suo partner. Le avete viste le labbra di Jay Z? Bene così. Il tema non è nuovo al mondo della musica, più specificatamente a quello dell'hip hop:

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Nel 1996 la Queen Bitch per eccellenza Lil' Kim lasciava che fosse un coro di donne a cantare "I don't want dick tonight/ Eat my pussy right" nel ritornello di "Not Tonight", una canzone dove il testo spinto si andava a scontrare con un beat melodico alla Janet Jackson.

Nell'estate del 2002 Khia esplode nelle radio americane con "My Neck, My Back”, più che un tormentone una vera mappa per la agro d'orientiring sul corpo femminile: "My neck, my back/ Lick my pussy and my crack".

Non possiamo continuare la nostra scalata virtuale al punto G nella musica pop senza nominare l'ultima reginetta dell'urban da classifica, Rihanna, che ne 2012 mette in mostra la sua sicurezza in "Cockiness" dove incita la folla a "Suck my cockiness, lick my persuasion" e—se qualcuno fosse poco convinto—ci pensa il featuring con quel fighetto di Asap Rocky a rincarare la dose con il migliore dei complimenti: "Your flying fish is my favorite dish".

Ma per quanto questi pezzi urlino V per Vagina, sono tutti prodotti della mascolinizzazione della donna nell'hip hop e vedono il ricevere il sesso orale come un atto di prostrazione, non una rivalsa nei confronti nell'altro sesso.

I termini usati fanno parte dello slang maschile, e quel "And if I was dudeI'd tell y'all to suck my dick" pronunciato dalle labbra carnose di Lil'Kim sta a rappresentare lo stravolgimento dello stereotipo per cui alle donne è concesso parlare solo di amore mentre agli uomini anche di sesso. In tempo di guerra Lil'Kim e le altre possono essere considerate delle sacerdotesse della lotta al patriarcato, ma è bastato Michael Douglas per mandare a puttane il lavoro di un'intera generazione: "il cancro alla gola? Colpa del cunnilingus". Da una cazzata così come se ne esce? Come si fa a mettere a tacere tutti i Micheal Douglas del mondo, quelli che pubblicano in bacheca frasi come "I pompino ti fanno crescere le tette!"? Con l'amore. Come disse Mahatma Gandhi—o più probabilmente Harry Potter nell'ultimo capitolo della saga—all'odio si risponde con l'amore. E un pezzo come "Blow" è la risposta più dolce che si potesse dare. Prodotta dai Re Mida delle hit mondiali, Pharrell Williams e Timbaland, "Blow" scivola morbida sull'atmosfere disco anni Settanta, di Princeniana memoria e sorella della "Suit & Tie" di Justin Timberlake, che è anche co-autore delle parole. E si sa che in quanto a sensibilità JT ha un lato femminile molto spiccato, tanto da far uscire il ritornello più goloso che io abbia mai sentito:

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Can you lick my skittles?

That's the sweetest in the middle

Pink that's the flavor

Solve the riddle

Hai risolto l'enigma? Questa è l'apoteosi della dolcezza: tirare in ballo le Skittles, le caramelle al gusto frutto il cui motto è letteralmente "Taste the Heaven". È questa l'arma zuccherata del carretto di Bey, ribaltare l'immaginario sessuale femminile attraverso le caramelle, accompagnare l'arrangiamento sexy e sussurrato con un testo con uno slang femminile. Se cerchi pussy su Urban Dictionary la definizione numero uno è questa:

1. Pussy

"The box a dick comes in"

Il termine in sé non è offensivo, ma notoriamente ha un'accezione dispregiativa, è il termine con cui gli idoli del rap chiamano le loro ragazze, ma anche gli sfigati. In questo testo non esiste nessuna pussy, ma si parla di skittles o cherry, un linguaggio visivamente molto femminile. È il linguaggio estremamente femminile il nuovo femminismo? È una questione fin troppo grande, quello che è certo è che non c'è vergogna nella canzone, a metà canzone è la stessa Beyoncé a rassicurare il suo pubblico: non lasciatevi ingannare dal linguaggio, stiamo parlando proprio di quello. Quindi cosa ce ne facciamo dell'arroganza pornografica di Lil'Kim o dell'avanguardia di alcune foto del canale Instagram di Rihanna dove si diverte a lanciar soldi alle stripper? Ce li teniamo, perché siamo a un livello talmente avanzato di post-post-post femminismo che arriveremo a idolatrare Puffetta in quanto unico esemplare donna in mondo maschile, ma intanto quello a cui prestiamo attenzione è altro: Beyoncé non è un'artista di genere, ma è universalmente amata. È la Madre Teresa delle ballad (e anche in questo album ci sono dei pezzi talmente struggenti che sento da qui i singhiozzi dei componenti dei Coldplay), non è la bad girl che incita alla trasgressione. La vera rivoluzione è anche la più semplice: nel disco venduto più velocemente nella storia di iTunes (828.773 copie vendute in appena 3 giorni) è contenuto un brano che parla di cunnilngus senza evocare vendetta, con parole dolci come lo zucchero i cui co-autori sono tutti uomini. Questo è ben diverso del mettersi un reggiseno che spara panna montata e poi pubblicizzare il proprio album attraverso la povertà del "Niente scandali, solo belle canzoni".

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