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Musica

In memoria dei forum musicali

Erano posti pieni di nerd, di sfiga e litigi inutili, eppure ne sentiamo un po' la mancanza. Un po'... Quasi per niente...

Ilustrazione di Ben Thomson

La nostalgia non ci mette granché a fare effetto. La “regola dei vent’anni” forse può valere per il revival tout court, ma internet ci sta velocemente insegnando che basta un aggiornamento al layout di un social network per scatenare cori di piccoli anziani per cui era tutto meglio prima. Non so se tecnicamente questa sia definibile “nostalgia” o se cada più semplicemente nel calderone della pigrizia culturale umana. Poco importa: sta di fatto che ogni tanto sembrano alzarsi piccole onde di rimpianto anche verso i social network che furono, o in generale per il modo che avevamo di discutere delle cose prima di facebook.

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Il punto era, MySpace: lì per qualcuno “si parlava solo di musica”, non si mischiavano gli argomenti, non si rischiava di incappare nelle opinioni da bar sulla crisi greca o sull’immigrazione, non si finiva per odiare uno di cui magari stimavi il lavoro musicale perché a una certa pubblicava un articolo molto molto stupido sull’immigrazione. Viceversa, non ti ritrovavi a litigare con uno che magari culturalmente, politicamente o umanamente stimavi di brutto per avere scoperto che ascoltava Lo Stato Sociale. A parte, insomma, chi dice che parlare solo di musica è meglio? Questa è comunque in gran parte un’illusione, perché cose del genere, nel periodo di maggiore diffusione di MySpace, potevano tranquillamente capitare, ma la verità è che su MySpace per lo più non si parlava, di musica né di altro: si postavano foto, si spammavano eventi sulle bacheche altrui, si acchittava la pagina in modo da sembrare persone interessanti in base agli interessi sfoggiati, ma di opinioni se ne scambiavano poche. Pochissime.

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Questo rende i social network di oggi in qualche modo più simili alla vita reale. Oddio, non fraintendetemi: i social network continuano a non entrarci NIENTE di NIENTE con la “vita vera”, anzi sono oramai la/le vita/e più vera/e del vero (chiedere a Baudrillard, DIS Magazine e Holly Herndon per credere), solo che ci hanno quantomeno riconsegnato un’idea che per avere a che fare con una persona devi fare i conti con un sacco di cose, con la complessità delle sue opinioni, delle sue conoscenze e delle sue relative mancanze. Il fatto che i social le cristallizzino tutte in blocchi di comunicazione che non puoi ignorare e che anzi sei tenuto a consumare rende tutto più difficile, senza contare che è già impossibile capire chi sei, chi puoi essere e che feedback ottiene il te stesso che condividi. Ma, appunto, avere a che fare sia con se stessi che con l’altro da sé non è mai stato facile, giusto? Sbagliato, ovviamente.

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L’internet di un tempo ci permetteva proprio questo: di avere a che fare con gli altri tramite meccanismi che ci semplificavano assai la gestione dei rapporti, limitandoli a una serie di argomenti specifici e farlo addirittura da una posizione in cui compromettevi poco-niente: nascosti dietro un nickname, un avatar, al limite una firma e un paio di informazioni semplici. Sticazzi di MySpace, il confronto vero avveniva, ovviamente, sui forum. Nei tempi d’oro di questo genere di piattaforme se ne trovavano veramente di tutti i i tipi e legati a tutti gli interessi possibili: dai Bulldog di razza alle roncole da giardino. È anzi assai probabile che i forum dedicati ad alcuni argomenti specifici godano ancora di ottima salute: penso, ad esempio, a quelli legati al mondo smanettone/hacker e simili, non ancora tutti emigrati sul deepweb. In realtà, ovviamente, a me interessa parlare soprattutto dei forum musicali, e non solo perché su Noisey è un magazine musicale.

Prima di tutto, però, vorrei partire con una cosa che non faccio mai: elencare gli aspetti positivi. Ecco, a rischio di dare sfogo agli stessi sentimenti retro-tecnologici su cui ho sputato nel primo paragrafo direi che un pregio dei forum era che erano assai più ordinati e meno confusi di Facebook. Intendo i forum nella loro evoluzione semi-compiuta di circa 2003-2004, non delle messageboard a cascata, perché quelle erano un obbrobrio incasinatissimo e deforme in cui raramente di riusciva a seguire il filo di un discorso. Di fatto, nei forum veri e propri, specie quelli dotati di admin particolarmente puntigliosi, era semplicissimo leggere tutto quello che dovevi leggere e poi buttare giù una risposta che poteva essere lunga e articolata più o meno quanto cazzo ti pareva.

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Questo li rendeva anche meno ansiogeni: niente cascate di notifiche, potevi ritagliarti il tempo che ti pareva per seguire la discussione, e ignorarne una non causava attacchi di FOMO… Almeno nella maggior parte della gente (a me sì, ma lasciamo stare). D’altro canto, appunto, potevano passare giorni prima che un quesito, una richiesta, o anche una polemica piena di insulti, venisse cagata dalle persone a cui doveva arrivare. Ma questo genere di fallimenti, non erano troppo frequenti e tutto sommato tollerabili come tante altre cose della vita che non vanno bene.

Veniamo quindi a noi, e ai veri protagonisti di questo articolo. Perché penso che i forum musicali fossero più interessanti di quelli delle roulotte da campeggio? Be’, più che più interessanti, li ritengo più emblematici del discorso fatto sopra: i forum musicali erano territori di suddivisione tribale, erano luoghi in cui si poteva fingere di essere tutti parte di un gruppo sottoculturale molto unito e molto differente dagli altri, che—proprio per questo—assai spesso sviluppava codici comportamentali e linguistici molto particolari. Come in un club privato il cui accesso era garantito dal volto coperto, si potevano mettere sul piatto solo le informazioni necessarie al confronto richieste dal contesto e sostenerle con una veemenza, una passione e una forza di volontà uniche al mondo. Si trattava di musica, dopotutto, no?

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E quando è quello l’argomento di conversazione, si diventa tutti critici, tutti esperti, tutti agguerriti nel nome di un legame emozionale, personale, biografico, nel nome di un sentire interiore che è nostro e che si tenta di riportare pari pari all’esterno sperando che gli interlocutori ne possano assimilare anche solo un minuscolo e brillante frammento. Certo, questo vale anche per altre materie dotate di forum, soprattutto per il mondo "manga&anime", che però presentavano meno suddiivisioni interne e molta meno cattiveria.

Insomma: si faceva cagnara, anzi, ci si faceva spesso una vera e propria guerra con strategie, a seconda dei soggetti, più o meno subdole. Il problema era proprio che la dimensione “anonima” (ma sarebbe meglio dire “separata”) dell’utente da forum contribuiva a scatenare l’ego di ognuno e un’incredibile auto.attribuzione di importanza. Questa cosa è stata poi trasportata nei social network ma c’è da dire che, moltiplicandosi a dismisura, ha fatto l’effetto opposto: oramai è tutta chiacchiera, e se pensi che la tua chiacchiera conti davvero qualcosa mi dispiace ma sei un coglione fatto e finito.

Oggi ammetto che nella golden age dei forum ero forse anch’io afflitto da questo male. Ai tempi frequentavo alcuni forum di area post-hardcore/punk/musica pesa underground in cui mi ero ovviamente fatto conoscere come insopportabile rompicoglioni. Se proprio posso permettermi una mia discolpa, gran parte delle motivazioni che mi spingevano a scassare il cazzo alla gente con un linguaggio assai diretto (tipo “no dai, questo disco fa cacare a spruzzo”) erano basate proprio sul fatto che consideravo la mia un’opinione tra le tante, che poteva essere accolta o semplicemente ignorata. E invece quelli, puntualmente, si offendevano perché gli avevi toccato il gruppetto preferito. Volevo smontare quel gioco, o almeno mi sembrava. Oggi come oggi non so dire se fossi più celodurista io di quelli che perculavo, sono rincuorato solo dal fatto di averne fatto una professione. Ahem.

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Si può ben pensare che fosse una questione tutta fallica: di ragazze, nei forum musicali, se ne vedevano davvero poche. Erano una minoranza, e non credo fosse una questione di generi musicali: quelli dedicati a suoni a maggiore frequentazione femminile erano comunque per lo più delle foreste di cazzi. Era proprio la struttura che ho illustrato sopra a rendere il tutto una gara a chi piscia più lontano, alternata a un generico male bonding da spogliatoio. A ripensarci mi vengono i brividi: ci si dotava quasi sempre di “strumenti” che da una parte erano utili a scambiarsi informazioni, dall’altra generavano una garetta micragnosa tra quelli che le informazioni le inserivano. Esempio: tutti i forum di musica avevano/hanno (tecnicamente ce ne sono molti ancora in piedi) sezioni tipo il thread “nuove uscite” o “la playlist della settimana” che si trasformavano inconsapevolmente in delle arene in cui gareggiare.

Parlare davvero di musica, nel senso di esporre qualche personale movimento di idee (creativo, intuitivo, auto-riflessivo) generato dall’ascolto di un determinato disco è TUTTORA una cosa che in pochi fanno in maniera auto-gratuita e senza sfoggiarlo per commerciare un’idea di sé, figuriamoci quando c’erano più scudi dietro i quali nascondersi. Spesso poi i forum erano anche legati a delle webzine musicali o dei blog, dei quali spesso e volentieri diventavano lo specchio a livello linguistico e attitudinale, e viceversa: alcuni magazine si facevano infuenzare da quello che succedeva nella community che li supportava. Agli albori del fenomeno ricordo situazioni al limite del paranormale tipo gag e burle della redazione che diventavano affari di stato e oggetto di polemiche INTERMINABILI, o ancora, devastanti piogge di merda causate da una promozione o da una stroncatura. Niente che non succeda ancora oggi, eh, ma colorate da un senso di determinazione che le faceva diventare più pesanti per chi ci stava dentro e meno pesanti per chi ne stava al di fuori.

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Ancora peggio era quando scoppiavano le guerre tra un forum e l’altro. Alcuni magari avevano degli utenti in comune, che potevano fungere da ambasciatori di pace o essere anche untori di peste. Per capirci: magari in un forum che frequentavano svolgevano il ruolo del saccente cacacazzi che tutti odiano perché crede di saperne più degli altri, mentre dell’altro erano l’dmin co-fondatori che tutti amano perché crede di saperne più degli altri. Allora ogni tanto gli scappava la battutina, o battutona, o direttamente un post in cui si fermava a smerdare di quelli del primo forum perché non la pensavano come quelli del secondo forum sull’ultimo disco dei Tool e perché qualche utente in vista del primo forum aveva scritto che il terzo disco degli Isis, venerato come un capolavoro nel primo forum, era meno figo del secondo. Questo succedeva soprattutto nei forum ospitati da piattaforme come Forumfree o Forumcommunity, in cui bastava registrarsi una volta per potere accedere a comunità diverse, a patto che queste fossero pubbliche e aperte. Si finiva quindi a tirarsi le briciole da un tavolo all’altro come bambini scemi a un campo-scuola della parrocchia.

Mi rendo conto che, a narrarla così, pare proprio che stia cercando di smerdare completamente il mondo degli appassionati di musica sull’internet e dipingerli come degli appassionati soprattutto di se stessi. Non è così, sono sicuro che alla base ci fosse anzitutto un grande amore, ed è proprio quello il problema. C’è però sicuramente unaa cosa di cui il riversamento di quasi tutta la discussione digitale su Facebook e Twitter ci ha privati: la parte sana e bella di quelle comunità. Allo stesso modo in cui l’estrema ibridazione/globalizzazione musicale ha portato via sia le guerre di confine tra scene che il genuino entusiasmo di farne parte, da quando i forum musicali non vengono più cagati sono venuti a mancare dei punti di riferimento trans-locali per gente che aveva un’interesse in comune e che, perversioni a parte, provava a condividerlo coi linguaggi propri di quell’interesse. C’era già in gioco la internet-superficialità, ovvio, e infatti guai a usare categorie sceme come la “genuinità” ma spesso vi si trovava una serietà di approccio che oggi è più rara da trovare. L’hanno persa anche i pochi forum ancora attivi.

Discorso un po’ diverso per quelli “atipici”, basati su musica e sottoculture ma secondo modalità meno nerd e più scialle, di certo non immuni dal testosterone. Anzi, diciamo che spesso, non potendo scappare manco loro dal fatto di avere una maggioranza maschile, si trasformavano in branchi neo-adolescenziali ancora più pesanti, in cui la musica finiva abbastanza spontaneamente per diventare l’ultimo degli argomenti e lo sfogo di machismo un po’ razzistello e piccolo-borghese diventava il collante umano numero uno. La cosa più triste è che magari ci si era riuniti sotto scuse “controculturali”, in cui però si stava via via investendo meno della propria sfera personale proprio grazie alla barriera dell’internet. Ma non siamo nostalgici: facile invece che fosse già così da prima e l’internet abbia semmai permesso di fare emergere meglio le contraddizioni.

Succedeva spesso che magari finivi a incontrare di persona qualcuno che avevi frequentato solo digitalmente e magari parlando solo di certe cose, e ti rendevi conto (molto più di quanto possa succedere ora) di quante erano le cose che in realtà vi dividevano e quanto limitato poteva essere lo scambio. Ancora peggio è stato nel periodo di passaggio, quando cioè i forum erano ancora belli attivi ma stavamo già tutti su facebook: divenne improvvisamente facilissimo scoprire quanta distanza ci poteva essere tra il consumo culturale di certi soggetti e la possibilità che questo impattasse le loro vite. Siamo stati tutti un po’ più costretti a guardarci allo specchio e pensare a quanto avevamo ferocemente lottato per qualcosa che forse, in fin dei conti, non aveva davvero granché a che fare con la nostra vita.

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