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Musica

Abbiamo parlato con i Pueblo People della giornata in studio alle Officine Meccaniche

A quanto pare Hector Castillo usa un microfono molto speciale per registrare i gruppi rock.
Giacomo Stefanini
Milan, IT

Foto per concessione di Handmade Festival.

Quando, come me, arrivi a Milano dalla profonda provincia padana, percepisci una certa atmosfera di frizione data dal fatto che l'intera città sembra fare uno sforzo incredibile per proiettarsi verso il futuro. Fuori il vecchio, dentro il nuovo, col rischio di creare un ambiente artistico usa-e-getta, vittima di mode e trend passeggeri. Tra le varie eccezioni, le realtà più genuine e appassionate della città, ci sono i Pueblo People. Il terzetto, che l'anno scorso ha pubblicato il primo LP Giving Up On People, è influenzato dal sanguigno songwriting rock americano post-hippie, dalle atmosfere oscure del Paisley Underground e dall'intimità autoriale dell'indie anni '90. A volte suonano un po' come uno Stephen Malkmus col cuore spezzato, o un clone di Neil Young nato un paio di generazioni più tardi dell'originale, magari a Columbus, Ohio, come i Guided By Voices.

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Claudia, Lorenzo e Nicola, i tre componenti del gruppo, sono totalmente assorbiti dalla propria musica. Li abbiamo visti suonare nella cantina di un centro sociale e sul gigantesco palco del MiAmi, in mezzo a un prato e in un locale patinato; riescono sempre a creare attorno a loro un'atmosfera unica, fuori dal tempo e dallo spazio, uno scenario in cui le storie malinconiche di Nicola fanno la trama e in cui l'assalto rockeggiante di chitarra, basso e batteria dipinge il paesaggio—così, a occhio, direi prati lontani spazzati dal vento, montagne e strade che si perdono verso l'orizzonte, se mi concedete il romanticismo.

Foto via, per concessione dei Pueblo People.

Insomma, a forza di sudore, dita sanguinanti e corde rotte non potevano non guadagnarsi un posto tra i dieci finalisti di Converse Rubber Tracks, e con questo l'opportunità di registrare per un giorno alle Officine Meccaniche di Milano, con l'assistenza di Hector Castillo. Ho telefonato a Nicola per sapere com'è andata.

Ascolta Giving Up On People qui e non perderti i concerti estivi dei Pueblo People:
15/07 Dueville (VI), ViaRoma17
23/07 - Bologna, Covo Summer Club
13/08 - Trento, MÜ

Foto di Ksaver Sinkar, per concessione dei Pueblo People

Ciao Nicola, allora com'è andata alle Officine?
Nicola: Molto bene! Sono stati tutti simpatici e disponibili.

Quante canzoni avete registrato? Che cosa ci farete?
Ne abbiamo registrate due, l'idea era di pubblicare un singolo su vinile, ma costerebbe troppo, quindi forse lo faremo uscire solo in digitale. Intanto ci prendiamo ancora qualche mese per lavorarci su e rifare alcune voci di cui non siamo molto contenti.

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Com'è stata questa esperienza rispetto alle altre registrazioni?
In un certo senso è stata molto simile al procedimento a cui siamo abituati: poco tempo a disposizione, presa diretta, "buona la prima". D'altra parte, di solito non abbiamo a disposizione una sala così bella, strumentazione di lusso, e uno staff tecnico che ci fa trovare tutto pronto. Siamo abituati a dover montare e smontare tutto, accordare la batteria, mentre questa volta siamo entrati, abbiamo preso gli strumenti e abbiamo iniziato a suonare. Hector è preparatissimo, capisce immediatamente che tipo di suono stai cercando ed è capace di affrontare ogni situazione come nulla fosse. Ma ha anche delle strane fissazioni: per esempio aveva un canale del mixer con l'etichetta "shit mic", che prendeva il segnale da un microfono buttato a terra apparentemente a caso vicino alla cassa della batteria. Era distortissimo. Non abbiamo capito tanto bene a che cosa servisse.

A ogni modo, è interessante vedere una persona che lavora nel campo della musica con così tanta professionalità, l'approccio è completamente diverso rispetto a quello a cui siamo abituati noi, per lui è "soltanto un altro giorno in ufficio".

Foto di Ksaver Sinkar, per concessione dei Pueblo People

A proposito di professionalità, proprio ieri un amico mi raccontava di una persona che conosce, che negli ultimi mesi ha goduto di un certo successo come musicista, e si è lamentata con lui dicendo che non ne può più, che è stressante, svilente, e che vuole tornare a fare i tour da cento euro a data. Che cosa ne pensi tu? Voi siete un gruppo underground: avete "paura" di diventare dei professionisti?
Io prima di tutto penso di non esserne capace. Credo che ci sia un certo merito nell'essere in grado di affrontare la musica come lavoro, con tutti i suoi compromessi, le aspettative, i problemi, le "public relations"… ma io non ne sono davvero capace. Preferisco mantenere un approccio umano, con i piedi per terra.

E a livello di strumentazione, siete riusciti a togliervi qualche sfizio alle Officine Meccaniche?
Be', appena abbiamo visto la lista degli amplificatori a disposizione ci è venuto un colpo. Ma la sorpresa più grossa è stata un ampli che non era in lista, il PANaramic, una rarità anni Sessanta americana con un vibrato tutto matto. Mi è piaciuto talmente tanto che poi sono andato a vedere se ne trovavo uno per me, ma, ehm, non me lo posso proprio permettere.

Che programmi avete per quest'estate? Altre date? Quando potremo ascoltare il singolo che avete registrato?
Il singolo uscirà sicuramente dopo l'estate, mentre nei prossimi mesi abbiamo un po' di date in giro per l'Italia, a Vicenza, Bologna e fra le montagne sopra Trento.

Bello, allora ci si vede in giro!