Come Matteo Salvini è diventato la più grande ‘groupie’ di Vladimir Putin in Italia

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Tra mercatini innevati e primi piani sorridenti dalla Piazza Rossa, la scorsa settimana il segretario della Lega Nord Matteo Salvini è volato per l’ennesima volta – la quarta in un solo anno – a Mosca.

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La circostanza non è sfuggita al premier Matteo Renzi, che nel corso di un’intervista televisiva lo ha attaccato frontalmente: “Gli europarlamentari degli altri paesi sono sempre lì a lavorare. Se uno sta mattina e sera a pontificare in tv o a fare i viaggetti in Russia, fa il suo interesse ma non quello degli italiani.”

Naturalmente, la reazione di Salvini non si è fatta attendere. In uno status sulla sua pagina Facebook, il leader leghista ha definito Renzi un “bugiardo chiacchierone” e ha invitato il presidente del Consiglio a fare di persona un “viaggetto” in Russia “sul tuo nuovo aereo da 200 milioni di dollari” per andare “a scuola di buongoverno.”

Stando a quanto riportato dalla stampa, Salvini in Russia avrebbe fatto una “cena privata” con imprenditori non meglio specificati, e incontrato alcuni esponenti del partito Russia Unita come Aleksei Pushkov (presidente della commissione Esteri della Duma) e Andrei Klimov (responsabile esteri del partito).

Contrariamente a quanto annunciato dallo stesso Salvini, tuttavia, l’incontro con Vladimir Putin non c’è stato. A tale proposito, qualcuno si è spinto a parlare di un “amore più monodirezionale che corrisposto.”

In effetti, ci sono pochi dubbi sul fatto che da due anni a questa parte Matteo Salvini – e più in generale una buona parte della Lega Nord – consideri il presidente russo come il punto di riferimento assoluto nello scacchiere geopolitico, e la Russia odierna come una specie di nuova Padania.

Tra le miriadi di dichiarazioni in merito, e solo negli ultimi tempi, Salvini ha fatto sapere di ammirare Putin per “le idee chiare, la fermezza, il coraggio, l’interventismo e una visione della società basata su punti cardine che condivido”; ha proposto di cedere “due Mattarella in cambio di mezzo Putin;” e ha detto di sentirsi “più sicuro” se “l’Italia avesse un Putin e non un Renzi.”

Insomma, l’infatuazione per Vladimir Putin non solo è plateale, ma è ormai diventata uno dei tratti caratteristici della Lega salviniana. L’obiettivo non potrebbe essere più chiaro: quello di diventare il referente italiano per la Russia.

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A tale proposito, già da tempo la Lega Nord si è dotata di una struttura apposita. La più in vista è l’associazione culturale “apartitica” LombardiaRussia, che funge da cinghia di trasmissione politico-imprenditoriale tra il partito e la Russia.

Nel sito dell’associazione è esplicitato che le loro idee “combaciano pienamente con la visione del mondo enunciata dal Presidente della Federazione Russa nel corso del meeting di Valdai 2013 e che si possono riassumere in tre parole: Identità, Sovranità, Tradizione.” 

La Russia, si legge ancora, è oggi “l’unico baluardo e l’unico faro verso cui guardare con speranza.” E Putin, già che ci siamo, potrebbe anche essere immortale.

Il presidente di LombardiaRussia è Gianluca Savoini, ex giornalista de La Padania e portavoce di Matteo Salvini. Soprannominato il “Cosacco della Lega,” il leghista è convinto che il “Tramonto dell’Occidente di Spengler è già avanzato,” e che l’Europa intera sia “al buio pesto, alla notte profonda.” Vista questa situazione, la risposta può essere solo una: Vladimir Putin.

“Putin è la cattiva coscienza per l’Occidente,” ha spiegato Savoini in una recente intervista. “È quello che l’Europa non è: decisionismo, difesa del proprio interesse nazionale, patriottismo, difesa dell’identità, della storia, della religione cristiana.” E per vedere da vicino questa “risorgenza della Russia imperiale,” lo stesso Savoini ha comunicato ad un giornale russo di recarsi una volta al mese in Russia per incontrare esponenti del partito di Putin e imprenditori vari.

(Gianluca Savoini mentre stringe la mano a Vladimir Putin. Foto via Facebook)

LombardiaRussia è affiancata anche da diversi equivalenti locali. Tra questi ci sono UmbriaRussia e LazioRussia, che lo scorso 28 novembre – insieme ad altre sigle riconducibili all’estrema destra come il Fronte Europeo per la Siria – hanno portato sostegno all’ambasciata russa a Roma dopo l’abbattimento del jet da parte della Turchia.

Descritta sui social come una “grande manifestazione popolare,” in realtà c’erano appena qualche decina di persone e militanti di partiti d’estrema destra alleati con la Lega Nord. Del resto, il portavoce di LazioRussia è Mauro Antonini di CasaPound, che lavora anche come assistente di Mario Borghezio all’Europarlamento. In piazza era presente anche Irina Osipova, una studentessa russa che è presidente del movimento dei Giovani Italo-Russi (RIM) di Roma ed è particolarmente attiva nel fare da ponte tra i movimenti dell’estrema destra italiana e quelli russi.

(Irina Osipova è la seconda da sinistra; Mauro Antonini è l’ultimo a destra. Foto via Facebook.)

Tuttavia, a unire le varie anime filo-russe della Lega Nord non è solamente l’ammirazione per Putin: sono soprattutto le idee del filosofo russo Aleksandr Dugin, ideologo del neo-eurasiatismo, promotore della “Quarta Teoria Politica” (spiegata dalla stesso in una recente intervista a Il Giornale) e descritto dalla stampa internazionale come il “cervello di Putin.”

Come ha ricostruito il ricercatore italiano Giovanni Savino nel saggio Eurasianism and the European Far Right, le teorie di Dugin circolano negli ambienti neofascisti e rossobruni italiani almeno dagli anni Novanta. Ora, grazie alla confluenza tra questi ambienti e il progetto politico di Matteo Salvini, il filosofo russo è diventato un intellettuale di riferimento della Lega Nord, che l’ha nominato presidente onorario di PiemonteRussia e – solo tra il 2014 e il 2015 – l’ha portato in Italia per ben quattro volte.

Finora, questa considerazione è stata ampiamente ripagata. Lo scorso giugno – ai margini della presentazione a Milano del saggio La rinascita di un Impero – La Russia di Vladimir PutinDugin ha apertamente elogiato Matteo Salvini, definendolo “l’unico politico che può rappresentare gli interessi reali degli italiani.”

Alla fine di questo novembre, inoltre, Dugin è stato relatore di un corso dell’Accademia di formazione politica della Lega Nord che si è tenuto ad Assago. “Noi in Russia e voi in Europa,” ha dichiarato il filosofo russo, “ci battiamo contro ogni pensiero unico e contro la volontà del mondialismo da un lato e dell’estremismo islamico dall’altro di distruggere le tradizioni e le identità dei popoli.”

(Alexandr Dugin insieme a Gianluigi Savoini a Milano, giugno 2015. Foto via Facebook.)

Secondo Giovanni Savino, dunque, l’adozione di queste istanze da parte della Lega Nord può offrire la “possibilità di monopolizzare” una porzione ben precisa dello “spettro ideologico” della destra italiana; sul versante esterno, invece, un’operazione del genere è condotta per accreditarsi politicamente presso le autorità russe.

Del resto, come aveva descritto il paper The Russian Connection pubblicato nel 2014, “la nuova strategia geopolitica della Russia coincide con la piattaforma politica anti-establishment dell’estrema destra europea.” E il Cremlino, proprio in questi ultimi anni, si è mostrato particolarmente interessato ad appoggiare determinati soggetti—e non solo da un punto di vista politico e mediatico.

Come ha portato alla luce un’inchiesta del giornale francese Mediapart dell’anno scorso, il Front National ha ricevuto un finanziamento di nove milioni di euro dalla First Czech Russian Bank, un istituto bancario di proprietà di un “uomo vicino al premier Medvedev e al presidente Putin.”

Nel solco di queste rivelazioni, sulla stampa italiana si è cominciato a dubitare della “genuinità” politica della svolta putiniana della Lega Nord. Secondo alcuni retroscena – mai confermati – Salvini avrebbe chiesto a Berlusconi di intercedere per ottenere l’”oro di Mosca,” necessario a rimpinguare le esangui casse del partito.

Altri, come L’Espresso, sostengono invece che i soldi non sarebbero mai arrivati addirittura per “l’inaspettato rifiuto leghista,” dovuto principalmente ai rapporti decennali con gli Stati Uniti di alcuni importanti esponenti della Lega Nord. Savoini ha comunque smentito tutto, sostenendo che “mai da parte di Matteo Salvini, del sottoscritto o di qualunque altro dirigente della Lega Nord è stato chiesto un sostegno finanziario al Cremlino o al governo della Federazione Russa, nè mai verrà chiesto in futuro.”

Lo stesso Matteo Salvini ha detto di non aver “mai visto un centesimo e mai parlato di queste cose con i russi,” pur ammettendo che “un prestito conveniente come quello concesso alla Le Pen lo accetterei volentieri.”

Per ora, in attesa di essere considerato seriamente da Vladimir Putin, il segretario leghista deve accontentarsi di indossare t-shirt elogiative, presentare libri sulla vita dello “Zar” e scattare selfie nella metropolitana di Mosca.


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