Una delle maggiori sorprese del Moogfest di quest’anno sono state le installazioni nell’area Broadway Outdoor. Si sono visti oggetti degni di nota come il videosintetizzatore Tachyons+, collctv’s BamBam, un synth basato sulle interazioni luminose e ChipCodes, due interfacce autoprodotte che permettono all’utente di manipolare tre diversi set fatti di vecchi televisori.
Si è rivelata essere un’altra creazione particolarmente ispirata il Sand Noise Device, un sintatizzatore generativo che sfrutta la realtà aumentata, progettato da quattro studenti del dipartimento di Multimedia della Cal State East Bay.
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I creatori del Sand Noise Device (SND)—Devin Dominquez, James Saxon, Jay Van Dyke e Matt Roads—lo descrivono come un sistema musicale generativo, il che significa che chi lo utilizza può muovere degli oggetti illuminati in una vasca di sabbia, che a loro volta generano oggetti virtuali sulla sabbia e dunque “note” nel processo di costruzione del suono. Una fila di sensori determina le loro posizioni e genera suoni in base ai loro movimenti. Come mi ha spiegato Van Dyke, il sistema modulare di SND gira con delle patch scritte dai suoi inventori utilizzando le piattaforme open source di Pure-Data e openFrameworks. Il tipo di musica che ne esce suona come una combinazione di Brian Eno e droni indiani con qualche texture evolutiva più elettronica.
Finito il Moogfest abbiamo rubato un po’ di tempo agli inventori dell’SND per parlare con loro della sua genesi e di cosa si aspettano dal futuro, nell’abito delle installazioni interattive virtuali.
Noisey: Come avete concepito SND?
Devin Dominguez: Ci siamo laureati tutti nel dipartimento di Multimedia della Cas State East Bay. Durante i nostri studi abbiamo lavorato ad ogni progetto come gruppo, il che sostanzialmente è uno degli obiettivi di quel corso. Finite le lezioni abbiamo deciso di lavorare insieme per un anno al nostro progetto di tesi, andavamo spesso in un baretto di Hayward che si chiama The Bistro per ragionare e capire quali fossero gli obiettivi di ognuno di noi. Tre su quattro sono anche musicisti, quindi, abbiamo deciso che il nostro progetto doveva essere un progetto musicale.
James Saxon: Dal momento che sono io il non-musicista del gruppo, ho spinto perché l’oggetto che stavamo progettando fosse accessibile anche a chi non è capace di suonare. Abbiamo deciso che volevamo qualcosa che fosse divertente e che allo stesso modo desse alle persone la possibilità di interagire in un’esperienza musicale.
Jay Van Dyke: Abbiamo deciso che volevamo che fosse un’installazione con una certa fisicità, non solo un’app o una riga di codice con un’interfaccia. James è bravissimo a realizzare manualmente oggetti, se hai bisogno di costruirti qualcosa, lui è quello giusto. Quindi insomma, è sembrato a tutti che quella fosse la direzione più logica.
Matt Roads: Nel momento in cui abbiamo finito di costruire l’intero progetto alla CSUEB, ci siamo resi conto di aver creato un dispositivo per un’esperienza musicale che è allo stesso tempo di facile accesso ed interattiva.
Come funziona esattamente? Potete descrivere meglio come lavorano la parte di software ed hardware che fanno sì che tutto funzioni?
Matt: È un sistema generativo musicale in cui oggetti virtuali creano suoni sulla base dei loro spostamenti e della loro posizione, più un tavolo pieno di sabbia. Una linea di sensori determina la posizione degli oggetti illuminati e della topografia della sabbia. Questi parametri influiscono sul movimento degli oggetti virtuali del sistema, basandosi su un’approssimazione della realtà del mondo fisico: sostanzialmente gli oggetti virtuali sono proiettati nella sabbia, e i parametri variabili sono collegati a parametri sonori.
Jay: La parte di hardware è composta dalla struttura fisica che contiene i sensori, un computer ed un proiettore. Il nostro software invece lo abbiamo scritto utilizzando piattaforme open-source come openFrameworks e Pure-Data.
Cosa vi piace così tanto dell’elettronica generativa?
Devin: Personalmente sono interessato al lato viscerale ed immediato della musica più che a qualsiasi altro tipo di elemento strutturale o formale. Comporre musica generativa mi permette di focalizzarmi su come i vari elementi sonori interagiscono in un modo o nell’altro in un setting che sembra statico. Lavorare all’indeterminatezza musicale mi forza a ragionare sulla particolare funzione di ogni suono di cui mi sto prendendo cura. Essenzialmente mi concentro per far funzionare un piccolo momento musicale con tutte le tipologie possibili di variazioni sonore.
Matt: La musica generativa per me è interessante perché è un contesto in cui con poche piccole regole si riesce a creare un pezzo interessante anche per lunghi periodi di tempo, specialmente se il cambiamento dei suoni connessi ai parametri è facilmente percepibile dall’ascoltatore.
Jay: È interessante per me vedere come può essere diverso ogni volta anche se ogni volta è generata nello stesso modo.
Avete preso qualche spunto da progetti passati o presenti?
James: Sì, eravamo influenzati da progetti tipo Reactable, AntiClockwise’s Magic Sandbox, e anche da videogames tipo Rez ed Electroplankton.
Devin: Alcune delle nostre influenze musicali includono compositori come Brian Eno, La Monte Young, Morton Subotnick e Charlemagne Palestine. Abbiamo anche preso qualche ispirazione dalla musica classica dell’India del Nord.
In che modo esattamente il dispositivo crea una “realtà aumentata”?
Matt: Abbiamo provato a lavorare su qualcosa che includesse una parte di visuals, l’audio e la scatola di sabbia nel modo più fluido possibile. Fondamentalmente volevamo proiettare gli oggetti virtuali per farli diventare fisici nel momento in cui si fossero trovati a contatto con la sabbia. Questo passaggio tra fisicità e virtualità avviene proprio attraverso il suono: tutto il sistema di monitoraggio dei parametri degli oggetti in campo ha la funzione di generare suono.
Qual è la prospettiva che desiderereste prendesse il vostro progetto in futuro?
Devin: Mi piacerebbe vederlo in qualche spazio pubblico, in un luogo in cui le persone possano interagirci liberamente. Al di là di SND, mi piacerebbe andare avanti su progetti interattivi con questo stesso gruppo di persone, abbiamo un bel flusso lavorativo.
Jay: La mia speranza è quella che continuiamo a lavorare come una squadra e anche su altri nuovi progetti. Siamo molto complementari e di conseguenza lavoriamo insieme davvero bene.
James: Dal momento che questo progetto è stato costruito per moduli, mi piacerebbe esplorare alcune delle possibili variazioni che potrebbe offrire. Abbiamo un sacco di idee per diversi suoni, diverse visuals e altri lavori interattivi basati sullo stesso sistema. È stato super poter partecipare al Moogfest, non vedo l’ora di avere più possibilità di condividere e sperimentare su larga scala il nostro lavoro.
Per avere più informazioni sul progetto di Devin, James, Matt e Jay puoi visitare il sito ufficiale di Sand Noise Device.
L’articolo è stato originariamente pubblicato su The Creators’Project.