Música

Sfera Ebbasta si sente una nuova rockstar


Sfera Ebbasta a Slab City, nel video di “Figli Di Papà

Era un po’ più di un anno fa quando abbiamo intervistato per la prima volta Sfera Ebbasta e in quel momento stava per uscire XDVR, un disco in free download che, a livello logistico e di aspettative, era una specie di messaggio in una bottiglia lanciato nel mare di internet, come ne escono tanti ogni venerdì. Invece nel giro di una decina di mesi quel progetto ha condotto Sfera Ebbasta (con il suo produttore Charlie Charles) prima tra le mura sicure di Roccia Music e poi sotto l’ombrello di Def Jam e Universal, che oggi pubblicano il suo primo album ufficiale, che si chiama proprio Sfera Ebbasta.

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Il percorso di Sfera ha, a tutti gli effetti, cambiato le regole del gioco e più o meno chiunque supporti il rap, o semplicemente abbia qualche interesse, ha dovuto reagire a ciò che il ragazzo venuto da Ciny stava combinando. Noi stessi abbiamo consumato intere tastiere per raccontare la storia della leva che prometteva di cambiare il rap italiano e che alla fine, come minimo, ha fornito un’alternativa autosufficiente e con i suoi riferimenti. Sfera, Ghali, la codeina e la Dark Polo Gang sono tutti elementi (tra gli altri) che hanno spostato il punto di vista di ogni ascoltatore sulla scena rap italiana.

Lunedì vi faremo vedere cinque minuti di fuoco tra Sfera Ebbasta e i suoi commentatori su YouTube per la nuova puntata di The People Versus, ma nel frattempo abbiamo l’abbiamo incontrato negli uffici di Universal durante una giornata di promo sfiancante a cui, per fortuna, Sfera non è ancora abituato.


La copertina di Sfera Ebbasta, premi per ascoltarlo

Quanto è diverso fare promo in questi giorni rispetto a un anno fa?
Tanto per cominciare mi sono dovuto svegliare alle 10.

Qual è la cosa più matta che ti è successa in questi giorni?
Probabilmente essere intervistato da Studio Aperto. Mi aspettavo di finire in un telegiornale solo nel momento in cui mi avessero arrestato.

E invece. Nel fare questo disco ti sei sentito più aspettative addosso rispetto a XDVR?
Diciamo che con XDVR non c’era niente da perdere, ma solo da guadagnare. Non avevo molti fan, non c’era nessuno da deludere, in un certo senso. Per fortuna è andata bene, ma sicuramente questo è un lavoro diverso. C’era da confermare che fossi all’altezza di avere questo ruolo nella scena, in questo momento. Io ho cercato di rimanere tranquillo per la maggior parte del tempo, soprattutto perché sono convinto che per fare il tipo di canzoni che mi ha portato fin qui bisogna essere in pace con se stessi. In ogni caso il passaggio prima con Roccia Music e poi sotto Def Jam non ha limitato il modo in cui faccio musica. Se devo mettermi a impazzire per fare quello che vogliono gli altri non ha senso decidere di fare il musicista, per quanto mi riguarda.

E la pressione?
Quella c’è ed è legata all’essere sotto contratto con Universal, con Def Jam e al non poter deludere 150 mila follower che stanno aspettando il tuo nuovo disco e altrettanti che non vedono l’ora di criticarti. Comunque mentre fai il disco devi tenere conto di tutte queste cose e a questo giro ho imparato che non è facile.

Quando hai iniziato a lavorare a questo disco?
È uscito XDVR e il giorno dopo ho registrato il primo pezzo, che era “Orologi”, ma alla fine sono cambiate un po’ di cose e nel corso del tempo si è trasformato in “Balenciaga”.

In un certo senso quindi non c’è stata nessuna svolta nel percorso, dopo il disco in free download.
Da quando è uscito il video di “XDVR” ad oggi mi sarò fermato una settimana in tutto. Quello che ho notato nel frattempo è che ad un certo punto le cose hanno iniziato a cambiare. Credo che sia stato subito dopo l’uscita di “Panette”. Lì mi sono accorto che i numeri erano diventati importanti e che la gente per strada mi fermava per fare le foto. Allo stesso modo i fan hanno iniziato a tempestarmi di messaggi sui social. Prima questa cosa non succedeva, ma da lì in poi è diventata una routine.

La verità è che tu sei arrivato prima al pubblico che alla stampa, chiamiamola così. Ad esempio quando un anno abbiamo fatto l’intervista per l’uscita di XDVR tu su YouTube già macinavi dei numeri da paura. In questo senso, considerate anche le vicende degli ultimi giorni, chi te lo fa fare di concedere le interviste per la promozione? Qual è il vantaggio di svegliarti alle 10, appunto?
È lavoro. Se mi chiedi se secondo me queste interviste sono utili o no… Io faccio musica, adesso lavoro con Universal che ha dietro un team di persone che sanno perfettamente ciò che è utile e ciò che è inutile. Io dal mio punto di vista ti direi che di svegliarmi la mattina per venire a rispondere a domande di gente che non conosco non me ne frega un cazzo. Però è così che si fa. Il mio fan medio probabilmente non si compra la rivista, ma nemmeno si legge un articolo su internet, però non posso basarmi sul mio fan medio perché ci sono altri sessanta milioni di persone in Italia.

E in questo percorso quand’è che sei finito in Francia?
Una sera era venuto a suonare qua a Milano High Klassified, che è uno dei produttori di The Weeknd e Wealstarr, che invece sta con Booba. Io, Ghali, Charlie ed altri li abbiamo beccati in studio, per poi andare a fare una serata insieme. Ci siamo conosciuti così e qualche giorno dopo alle 3 di notte mi ha chiamato Shablo per dirmi di andare a letto, che il giorno dopo avevo un volo per Parigi. Ci aveva chiamato SCH e io non potevo crederci, credevo che mi stesse facendo uno scherzo, ma invece il giorno dopo io e Charlie eravamo su un aereo, per davvero.

Com’è stata l’accoglienza?
C’era pronto un taxi con il cartello Def Jam e siamo stati portati direttamente in studio. Lui aveva lasciato una strofa vuota su un suo pezzo e mentre la registravo loro si ascoltavano i pezzi del mio disco e lui è andato fuori di testa per “Cartine Cartier”, quindi alla fine abbiamo deciso di utilizzarla. Ho levato la mia seconda strofa e ho lasciato lo spazio per lui, mentre quando è venuto in Italia mi ha reso il favore e ha registrato una strofa nel mio e abbiamo fatto “Balenciaga”.

Quanto è diverso là il modo di vivere il rap?
C’è una cultura diversa e girano davvero molti più soldi attorno al mercato del rap, ma ho notato che per quanto abbiano più mezzi di noi, a livello di serietà del lavoro, non siamo così distanti. Ormai le dinamiche sono le stesse, al limite cambiano le cifre che girano attorno a un prodotto. Poi è ovvio che lì chiunque è abituato all’hip hop, dal panettiere di cinquant’anni al tassista, chiunque lo ascolta o è abituato a sentirlo in radio.

Tu eri già stato in Francia, prima di questa circostanza?
Io prima di questo vicenda non ero mai uscito dall’Italia, a parte un viaggio in Marocco, però SCH era il mio rapper preferito. Tutt’ora tra i francesi mi ascolto solo lui.

I tuoi ascolti sono sempre andati in quella direzione?
Da quando ho tredici anni io ho iniziato ad ascoltare il rap e a provare a scoprirne di nuovo. Diciamo che mi sono formato comprando Groove in edicola oppure ordinavo dall’America The Source, che era scritto tutto in inglese, ma non è che ci perdessi molto tempo a leggerlo perché mi bastava vedere le foto dei nuovi rapper per andarmeli a cercare. Tutti i modi in cui potevo scoprire roba nuova erano validi. Paradossalmente non scaricavo molta musica, anche perché ai tempi non avevo nemmeno internet a casa… In realtà non ce l’ho nemmeno ora, non sono un patito di quel mondo.

Come fai a gestirti i social se non sei un patito? Anche se in realtà, dando un’occhiata, mi pare che tu non risponda spesso ai tuoi fan, mentre Charlie ad esempio è uno che interagisce moltissimo.
Non rispondo quasi mai. Dipende un po’ da persona a persona e in generale nella vita mi viene difficile dare confidenza alle persone che non conosco. In ogni caso ormai la mole di persone che mi contatta, anche volendo, sarebbe ingestibile. A qualcuno ogni tanto rispondo, ma non ho nemmeno modo di leggere tutti i commenti, anche perché bene o male tutti scrivono le stesse cose. Anche su YouTube… Diciamo che non sono il tipo da andare a leggerseli, non me ne importa nulla. Anche perché io nella mia vita non ho mai lasciato un commento sotto YouTube, la trovo davvero una roba insulsa.

Tornando un attimo al passato, nel percorso dell’ultimo anno quanto è stata importante la firma con Roccia Music di Marracash e Shablo?
In un certo senso è stato un segno del destino, credo che sia successo dopo l’uscita di “Mercedes Nero” e ci era arrivata già qualche voce dell’interessamento… Siamo andati io e Charlie a casa di Marra, dove ci hanno spiegato che gli piaceva la nostra musica. Sembra paradossale, ma quando io e Charlie ci siamo accorti dell’attenzione che avevamo addosso ci siamo detti che, se ad un certo punti avessimo dovuto firmare con una label indipendente, sarebbe stata Roccia Music, se no niente. Quando abbiamo firmato con una major ci siamo detti: Def Jam o niente. Alla fine essere categorici ha pagato, e io sono proprio contento.

Come ha contribuito la loro esperienza in questo percorso?
Tanto per cominciare sono persone in più che ti danno una mano a fare quello che stai facendo e poi c’è anche un parere artistico che arriva da un pilastro del rap italiano, come è Marracash. Diciamo che è un parere che non tutti hanno la fortuna di poter ricevere prima di pubblicare una canzone.

Tra l’altro io credo che sia stato uno scambio reciproco, perché il movimento che avete innescato è fatto di tanti ingranaggi. Non so, il remix di “XDVR” con Marracash e Luché… Come te la vivi una cosa del genere?
Era proprio quello che volevamo, perché la verità è che facciamo parte di una scena di cui non ci siamo mai sentiti completamente parte. Tant’è che, a parte quel pezzo, non c’è nessuna collaborazione nei nostri dischi. Anche i nostri fan mi sembrano proprio diversi da quelli degli altri rapper, nella maggior parte dei casi.

Cosa te lo fa pensare?
Per prima cosa che nessuno di noi si è mai mischiato alla scena italian già conosciuta, e poi anche perché i fan in pochissimo tempo sono passati da non conoscerci a supportarci tutti. Ad esempio hanno cambiato i loro nomi su Instagram con i nostri slang e le nostre pose. Secondo me in Italia abbiamo lanciato una moda, un modo di fare, che ha preso tutti e che prima non c’era. Essere un teen idol non vuol dire necessariamente diventare un babbo di minchia.

Quindi adesso ti senti un po’ una popstar?
Siamo delle rockstar, perché la nostra vita è più rock che pop.

Sfera Ebbasta è fuori ovunque

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