Essere “underground” non è una condizione che Enric Duran prende sempre alla lettera, ma in una notte di fine gennaio si trovò per davvero a girare tra gli scantinati. In un raduno di hacker sotto una piccola biblioteca a sud di Parigi conobbe un gruppo di attivisti provenienti da varie parti della Francia per poi spostarsi con loro, usando la metro e l’autobus, in un altro luogo d’incontro presso un palazzo antico a nord della città. Al piano terra sembrava di trovarsi in una galleria d’arte, con muri bianchi e suoni ovattati, ma il seminterrato sembrava una grotta, piena di divise, strumenti scientifici e mattoni a vista. Lí Duran mise le sedie in cerchio per la dozzina di persone intervenute. Mentre si stavano accomodando e decidevano in quale lingua comunicare, una donna dal piano di sopra che stava partecipando a un evento sull’open license si affacciò alla porta. Indicò Duran al suo amico cercando con difficoltà di non essere troppo evidente. Quando la riunione finì, gli si presentò davanti dicendo: “Tu sei il rapinatore di banche!”
Nel seminterrato Duran teneva una riunione. Dinoccolato, il trentottenne attivista dell’anticapitalismo aveva uno spazio tra i denti davanti e capelli brizzolati come la barba, nera ma con qualche pelo grigio. Indossava una maglietta bianca. La sua presenza era discreta e studiata, ma trasmetteva autorità. Mentre gli altri chiacchieravano del più e del meno lui guardava altrove, ma la sua attenzione divenne totale non appena la conversazione si diresse sull’argomento che aveva in mente e sull’opportunità di collaborare.
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Aveva radunato questo gruppo di persone per raccontare la sua ultima iniziativa, FairCoop, che gradualmente si svelò essere nientemeno che un nuovo tipo di sistema finanziario globale. Con questo sistema, diceva, le comunità di tutto il mondo saranno in grado di commerciare, finanziare la crescita gli uni degli altri, ridistribuire le ricchezze e prendere decisioni collettive. Avrebbero potuto violare i mercati monetari per autofinanziarsi, rimpiazzando il capitalismo competitivo con la cooperazione. Continuò elencando i nomi dei componenti: FairMarket, FairCredit, Fairtoearth, il Global South Fund e così via. “Cambieremo le cose senza il controllo del governo,” prometteva in un inglese maccheronico. Per realizzare questo progetto, aveva creato una valuta elettronica simile a Bitcoin chiamata FairCoin.
Gli attivisti francesi lo assecondarono con domande riferite a qualsiasi argomento potessero confusamente afferrare, di tipo sia politico che tecnico. Che relazione ha FairCoin con FairCredit? Cosa si può acquistare in FairMarket? Quante FairCoin vale ogni finanziamento e a quale scopo? Molte di queste domande furono poste da uomini, più o meno giovani, che ascoltavano toccandosi il mento. La maggior parte delle donne, invece, se ne andarono prima della fine. La voce di Duran rimase sempre monocorde, ma le sue risposte suonavano come una sorta di rapsodia. Le risposte a molte domande del tipo “cosa succede se…” erano “possiamo decidere noi.”
L’unica ragione per la quale il gruppo era disposto a prendere in considerazione queste sconcertanti possibilità era che Duran era un famoso “rapinatore” di banche, l’uomo che aveva espropriato diverse centinaia di migliaia di euro dalle banche spagnole alla vigilia della crisi finanziaria del 2008, crimine per cui era ancora latitante. Si era servito del bottino per organizzare la Cooperativa Integrale Catalana, una rete di cooperative operante in Catalogna, nel nordest della Spagna, che gli attivisti di Parigi cercavano di replicare in Francia. Di solito i suoi piani funzionavano. Magari sarebbe funzionato anche questo.
Prima di rubare alle banche Enric Duran lavorava con le reti. Da teenager era un giocatore professionista di ping pong e aiutò a riformare in modo più equo il circuito agonistico catalano. Ingiustizie più gravi attirarono la sua attenzione a vent’anni, quando lesse la diagnosi della società materialista di Erich Fromm e l’invito alla disobbedienza di Henry David Thoreau. Questo avvenne alla fine degli anni Novanta, anni importanti per quello che viene chiamato il movimento di giustizia globale o no global. In quegli anni gli Zapatisti nel sud del Messico si ribellavano, e poche settimane prima dell’inizio del nuovo millennio attivisti incatenati e mascherati facevano chiudere i battenti al congresso a Seattle dell’Organizzazione Mondiale del Commercio. Secondo Jeffrey Juris, antropologo della Northeastern University, a Barcellona “Enric era al centro dell’organizzazione di tutto” al punto che divenne una delle maggiori fonti del libro di Juris sulla cultura della rete. La gente lo chiamava el hombre conectado.
Nel 2000 Duran aiutò a organizzare i manifestanti al meeting della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale a Praga; in quell’occasione un poliziotto lo colpì alla testa. Protestava per la fine della dipendenza dal petrolio e per la cancellazione del debito delle nazioni povere. A quel tempo viveva grazie a una piccola rendita che riceveva dal padre, un farmacista, e che aveva usato anche per aprire nel 2003 a Barcellona una cooperativa di informazione chiamata Infospai. Sperava di mantenersi con i proventi di Infospai, ma ben presto sorsero problemi di soldi, come accadde anche ai progetti di molti gruppi di attivisti a lui collegati. Avevano bisogno di nuove entrate che il capitalismo non poteva loro fornire.
Rapinare le banche era uno spettacolo, ma di quelli in grado di creare una rete e gettare le basi per altri progetti. “Questa non è la storia di un’unica azione,” diceva. “È un processo per creare un sistema economico alternativo.”
Duran studiò la natura dei soldi, che riteneva uno strumento di schiavitù dato che le élite finanziarie, dedite ovunque alla pratica dell’usura, mantenevano vivo il debito globale. Si convinse che le grandi banche erano le principali cause dell’ingiustizia nel mondo. Ma, pensava, potrebbero anche essere la soluzione.
Un imprenditore amico di Duran suggerì inizialmente l’idea di prendere in prestito soldi dalle banche senza restituirli. Si parlava di organizzare un’azione di massa coinvolgendo molte persone che avrebbero ottenuto denaro in prestito, oppure più semplicemente di realizzare un film sull’argomento. Dopo la morte dell’amico in un incidente stradale, Duran decise di agire da solo. Nell’autunno del 2005 iniziò a fondare delle compagnie su carta e a chiedere prestiti. Ricevette un mutuo da Caixa Terrassa del valore di 201.000 euro. Era il primo di 68 prestiti, che andavano dai car leasing alle carte di credito, ricevuti da 39 banche. I prestiti ammontavano intorno a circa 492.000-360.000 euro, esclusi interessi e tasse.
Aurea Social, gli uffici di Barcellona della Cooperativa Integrale Catalana. Foto di Daniel Molina
Per quasi tre anni Duran lavorò con metodo e costanza. “La mia strategia era sistematica,” scrisse in un suo memoriale Abolire le Banche, “come se le mie azioni fossero parte di una catena di montaggio in un sistema di produzione Fordista.” Agli appuntamenti con i bancari portava sempre con sè una valigetta 24 ore, ma non riuscì a costringersi a indossare una cravatta. Per un solo oggetto—ad esempio una videocamera—si faceva dare lo stesso prestito da più banche. Quando ottenne più denaro iniziò a finanziare gruppi che conosceva e di cui si fidava. Supportò la Marcia per la Decrescita, un giro in bicicletta attraverso la Catalogna organizzato contro le logiche della crescita economica, e dotò Infospai di uno studio televisivo.
L’inizio della fine arrivò nell’estate del 2007. Duran si accorse dei primi segnali di crisi negli Stati Uniti e decise che fosse arrivato il momento di esporsi pubblicamente. Nel corso dell’anno successivo radunò un collettivo per realizzare un giornale che descrivesse le malefatte delle banche e cosa aveva fatto per ingannarle. Le persone che lo aiutarono a organizzare la Marcia per la Decrescita sarebbero diventate una rete già pronta per la distribuzione del giornale in Catalogna. Fissò una data: il 17 settembre 2008.
La tempistica fu spettacolare. Il 15 settembre Lehman Brothers iniziò la procedura di bancarotta, segnando senza dubbio l’arrivo della crisi finanziaria globale. Quel giorno Duran volò da Barcellona a Lisbona, in Portogallo, e il giorno seguente da Lisbona a San Paolo, in Brasile, dove viveva la sua amica Lirca. Il 17 settembre, tre anni prima che i manifestanti di Occupy Wall Street occupassero Zuccotti Park a New York, i volontari distribuivano in Catalogna 200.000 copie del suo giornale Crisis. Fino al giorno prima, la maggior parte di loro non aveva idea di che tipo di notizie stessero diffondendo. I media internazionali ripresero la storia e Duran divenne noto come il Robin Hood delle banche.
Ora considera questo evento come la sua “azione pubblica”. Fin dall’inizio l’aveva pianificata così: uno spettacolo, ma di quelli in grado di creare una rete e gettare le basi per altri progetti. “Questa non è la storia di un’unica azione,” diceva. “È un processo per creare un sistema economico alternativo.”
In Brasile Duran creò un sito web per coloro che lo supportavano e per discutere la prossima mossa. Inizialmente il piano era di creare uno sciopero di massa del debito. Persone da tutto il mondo iniziarono a unirsi nella speranza di sottrarsi ai loro debiti, ma il numero di partecipanti necessari per fare pressione sulle banche sembrava immenso e il piano fu cestinato velocemente. Negli ultimi mesi del 2008 Duran, Lirca e i loro amici optarono per una nuova proposta: la Cooperativa Integrale e, successivamente, la Rivoluzione Integrale.
Come l’azione contro la banca, l’idea era sia politica che pratica. Duran aveva difficoltà finanziarie con Infospai, ma aveva imparato che c’erano alcuni benefici a essere una cooperativa. Il governo spagnolo normalmente estorce una pesante tassa per i liberi professionisti, circa 315 dollari al mese, più una percentuale delle entrate, ma se si dichiara di lavorare presso una cooperativa, la tassa non viene applicata. Durante lo sviluppo della crisi la gente stava perdendo il lavoro e le tasse erano un problema per chi voleva fare lavoretti secondari e tirare avanti, a meno che non ci si volesse unire per formare una cooperativa. Duran non stava pianifi cando una cooperativa economica tradizionale, di proprietà dei lavoratori o di coloro che ne utilizzano i servizi. Volle invece creare un ombrello sotto il quale le persone potessero vivere e lavorare a modo loro, in qualsiasi modo. L’idea era di aiutare le persone e allo stesso tempo renderle più estremiste. I ricchi usano i cavilli delle norme fi nanziarie per assicurarsi il loro dominio; ora anche gli anticapitalisti avrebbero potuto fare lo stesso.
Il gruppo scelse la parola integral, che significa “farina integrale” in spagnolo e catalano, per connotare la totalità, la sintesi e la varietà del progetto. Incoraggiato da tale esperienza, Duran iniziò a fare promesse di ritorno in Catalogna. La maggior parte dei soldi rimanenti dai prestiti furono destinati a un secondo giornale: We Can! Mentre Crisis si concentrava sui problemi del sistema bancario, We Can! avrebbe trattato di soluzioni. La copertina diceva: “Possiamo vivere senza capitalismo. Possiamo essere il cambiamento che vogliamo!” Esponeva la visione che Duran e i suoi amici avevano sviluppato per una Cooperativa Integrale. Il 17 marzo 2009, esattamente sei mesi dopo Crisis, 350.000 copie di We Can! apparvero in tutta la Spagna. Lo stesso giorno, Duran si fece vivo nel campus dell’Università di Barcellona e fu subito arrestato. Diverse banche avevano esposto denunce contro di lui. Il PM chiese che fosse condannato a otto anni di prigione.
Duran fu incarcerato ma rilasciato due mesi dopo, in seguito al pagamento di una cauzione da parte di un donatore anonimo. Iniziarono così quasi quattro anni di libertà dedicati alla riorganizzazione con i suoi amici. Fecero in modo di impostare le strutture legali della cooperativa all’esterno, in modo che i benefici fiscali potessero attirare le persone nel sistema. Inoltre la priorità fu di rispondere alle prime necessità: cibo direttamente dagli agricoltori, alloggi agli abusivi, assistenza sanitaria con mezzi naturali ed economici. All’inizio del 2010 la Cooperativa lntegrale Catalana (CIC) era una realtà, con commissioni e assemblee mensili. L’anno seguente quando il movimento 15M, un precursore di Occupy Wall Street, si installò nelle piazze delle città spagnole per protestare contro l’austerity e la corruzione, i manifestanti confluirono i ranghi della CIC. Cooperative simili iniziarono a sorgere in altre regioni della Spagna e in Francia. Per farle nascere non furono utilizzati i soldi dei prestiti ottenuti da Duran, ma queste cooperative crebbero grazie alla sua fama, alle sue reti e alla sua instancabile attività.
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A pochi isolati dall’eterna incompiuta, la cattedrale Sagrada Familia di Antonio Gaudì, vi è la sede di Aurea Social, un ex centro termale a tre piani utilizzato come sede centrale della CIC dal febbraio 2012. Attraversate le porte scorrevoli di vetro e la portineria, c’è un corridoio dove sono esposti i prodotti fatti dai soci della cooperativa: saponi, vestiti per bambini, giocattoli di legno, casette per gli uccelli e un piccolo forno che funziona a energia solare. Ci sono i depliant dell’Espai de l’Harminia, un ostello e centro benessere dove è possibile fare trattamenti antistress Reiki o si possono prendere lezioni di aikido. Andando avanti c’è una piccola libreria, un bancomat che funziona a Bitcoin e gli uffici usati da alcune delle 75 persone che ricevono uno stipendio per mandare avanti la CIC. In alcuni giorni della settimana Aurea Social ospita un mercato con prodotti freschi provenienti dal Centro di Rifornimento Catalano, un magazzino a un’ora di distanza che rifornisce questo e altri mercati della cooperativa in tutta la regione con due tonnellate di cibo ogni mese, la maggior parte proveniente dagli agricoltori e dai produttori della cooperativa.
Ogni iniziativa pubblicizzata alla Aurea Social opera più o meno indipendentemente, pur essendo a diversi livelli legata alla CIC. In base agli ultimi dati, la CIC consiste di 674 differenti progetti sparsi per la Catalogna, ai quali lavorano 954 persone. La CIC fornisce a questi progetti un sostegno legale per quanto riguarda gli aspetti fiscali e societari, e i suoi soci commerciano tra loro utilizzando una moneta sociale chiamata Ecos. Condividono medici, esperti legali, programmatori, scienziati e babysitter. Si finanziano a vicenda con il budget annuale di circa 400.000 euro; hanno una piattaforma di crowdfunding e una banca di investimento che non applica interessi chiamata Casx. (In catalano la “x” si pronuncia come se fosse “sh”.) Per far parte della CIC, i progetti devono essere approvati a unanime consenso e seguire dei principi fondamentali come la trasparenza e la sostenibilità. Quando un’assemblea approva un nuovo progetto i suoi proventi passano attraverso l’ufficio contabile della CIC, dove una parte viene destinata a fi nanziare le infrastrutture comuni. Tutti i partecipanti possono beneficiare dei servizi e possono dire la loro su come usare la piscina comune.
I soci possono scegliere di vivere a Barcellona in un condominio affiliato o a Lung Ta, una comune agricola con tende, iurte, cerchi di pietre e cavalli, dove i residenti si organizzano in “famiglie” in base agli allineamenti dell’astrologia maya. Altri possono trasferirsi a Calafou, una “colonia ecoindustriale postcapitalista” creata sulle rovine di una centenaria cittadina industriale che Duran e alcuni altri comprarono dopo averla trovata in vendita su internet. (Non possiamo fornire ulteriori informazioni su Calafou perché VICE non è pubblicato in open license, un requisito che l’assemblea della colonia ha stabilito sia essenziale per collaborare con la stampa.) Non lontano da qui, un gruppo di anarchici ha aperto un bar e una stamperia in un palazzo che una volta apparteneva al CNT, l’unione anarchico-sindacalista che gestiva fabbriche collettivizzate e milizie durante la guerra civile degli anni Trenta, organizzando quello che è quasi sicuramente il più grande esperimento di anarchia funzionale del mondo moderno. Similmente al CNT, la CIC sta creando un nuovo mondo nel guscio di quello vecchio—come dice il mantra dell’utopia—e, a un livello non del tutto utopico, sta creando mezzi di sostentamento per gli associati in un luogo dove i mezzi di sostentamento non sono così facili da trovare.
Da anni la Spagna è risucchiata in una decrescita costante, con un tasso di disoccupazione oltre il 20 percento della popolazione totale e pari al circa il 50 percento della popolazione sotto i 25 anni. L’esasperazione ha fatto nascere Podemos, un nuovo partito politico populista che si oppone alle misure di austerity economica e intende destituire la classe dirigente. Ma la parte meno conosciuta di questa protesta è rappresentata da movimenti come la CIC, che lavorano più vicino alla base e su un nuovo modello di vita quotidiana.
Il giardino sul tetto dell’Aurea Social.
L’ufficio dei cinque membri che compongono la Commissione Economica della CIC, al primo piano di Aurea Social, non ha l’aspetto del solito ufficio di contabilità. Uno stormo di uccelli di carta appeso al soffi tto vola verso una lavagna bianca che copre una parete su cui c’è scritto “All you need is love”. La parete opposta è coperta da disegni fatti da bambini. I computer dello staff utilizzano il sistema operativo open-source Linux e il software, autoprodotto dalla Commissione Informatica per contabilizzare le entrate dai progetti della CIC, per gestire i pagamenti e ridistribuire i residui ai progetti su richiesta dei membri.
Se i finanzieri si presentassero ai soci della CIC, questi direbbero di essere dei volontari di una cooperativa e indicherebbero loro la direzione per la Commissione Economica, in grado di fornire la documentazione richiesta. (Ufficialmente la CIC non esiste, ma opera attraverso una serie di enti legali dai quali è reso indipendente.) Questo sistema viene definito dagli addetti ai lavori come “disobbedienza fiscale,” o “forma giuridica” o semplicemente “lo strumento”.
La gestione contabile avviene sia in euro che in ecos. L’ecos non è una valuta elettronica come Bitcoin, ma semplicemente una rete di credito. Mentre l’idea di Bitcoin era quella di collocare le transazioni interamente su software bypassando il rischio percepito di fare affidamento sulle autorità centrali e sulle debolezze degli esseri umani, l’ecos si basa su una comunità di persone che si fi dano ciecamente l’una dell’altra. Chiunque possieda più di 2.200 account può collegarsi all’interfaccia web del Sistema di Cambio Comunitario, vedere i conti degli altri e trasferire ecos da un conto all’altro. Anche la misura della ricchezza è completamente diversa. Non c’è da preoccuparsi nell’avere un conto basso o un piccolo debito; il problema esiste quando il conto di qualcuno si allontana troppo dallo zero, in entrambe le direzioni. Poiché non vengono pagati interessi, possedere molti ecos e non spenderli non porta alcun benefi cio. La capacità di credito del sistema non deriva dall’accumulo, ma dall’uso delle risorse e dal raggiungere un equilibrio tra risparmio e consumo.
L’idea era di aiutare le persone e renderle più estremiste. I ricchi usano i cavilli delle norme finanziarie per assicurarsi il dominio; ora anche gli anticapitalisti avrebbero potuto farlo.
La risposta della CIC alle Banche Centrali è la Commissione per il Controllo Sociale della Moneta, il cui lavoro consiste nel contattare i soci che non fanno molte transazioni e di aiutarli a capire come possono soddisfare in modo migliore i loro bisogni all’interno del sistema. Se ad esempio qualcuno vuole un paio di pantaloni ma non è possibile comprali in ecos, può tentare di convincere un venditore locale ad accettarli. Ma il venditore, a sua volta, accetterà gli ecos solamente nella misura in cui anche lui può ottenere qualcosa di cui ha bisogno comprandola in ecos. È un processo di assemblaggio, come se l’economia fosse un grande puzzle. La moneta non è solo un mezzo di scambio, è la misura dell’indipendenza della CIC dal capitalismo.
Una parola che si sente spesso riguardo alla CIC è autogestió. Le persone la usano con un significato simile a quello che “autosufficienza” ha per gli americani, ma senza l’individualismo fotti-tutti-gli-altri in stile cowboy. Va tradotta come “autogestione”, in senso più comunitario che individuale. Va intesa come la condivisione di risorse comuni, come una foresta o l’aria che non appartiene a nessuno. Questo tipo di etica è più apprezzato dalla CIC rispetto a ogni altro cavillo legale e i vantaggi fiscali che ne derivano attirano sempre più persone. Più queste riescono a essere autosuffi cienti su come mangiano, dormono, imparano e lavorano, più vicina sarà la Rivoluzione Integrale.
Espai de l’Harmonia, un ostello e centro benessere affiliato alla CIC.
Da progetto a progetto le iniziative della CIC sembrano stranamente assomigliare sempre più ai suoi soci, come si dice dei padroni che tendono ad assomigliare ai loro cani. È evidente che questi progetti li hanno creati loro, non è solo un lavoro che gli è stato affidato. Per realizzare una nuova economia c’è bisogno di tutti. Una delle iniziative d’integrazione che la CIC è riuscita a portare a termine tra le sottoculture di Barcellona è la coesistenza relativamente pacifica tra due tipi di identità opposte, i punk e gli hippie. Rimangono separati, ma in qualche modo si sostengono a vicenda.
Didac Costa è un hippie senza rimpianti e rivendica la sua appartenenza in modo quasi imbarazzante. Recentemente ha pianificato una nuova comune affiliata alla CIC, denominata temporaneamente in codice “Walden Bas”, in riferimento al laghetto di Thoreau e a una vecchia parola che in lingua locale significa foresta. Il terreno che sta per comprare è un aspro versante montano con le rovine di alcune vecchie fattorie ricoperte quasi interamente dalla vegetazione. Mi ha portato in giro come un vecchio sherpa, spiegandomi il progetto e dove sarà ogni cosa, dal buco per la piscina all’antenna del wi-fi, con una tale familiarità e precisione che sembravano cose già esistenti. Qui è dove dice di voler passare i suoi giorni fino alla fine. “Libertino non dogmatico,” sociologo e spirituale, Costa è massiccio e guardingo, caratteristiche messe a punto da sessioni di ayahuasca con sciamani brasiliani e dalla marijuana che custodisce in una grossa bottiglia di tequila. Il suo entusiasmo deriva dallo studio di libroni, sebbene non disdegni di passare una settimana a scavare nel fango per costruire qualche metro di strada intorno alle rovine che ancora non possiede, considerandola alla stregua della meditazione. Ha 39 anni, ma i suoi riccioli brizzolati fino al mento e le fessure scure attorno agli occhi lo fanno sembrare un paio d’anni più vecchio.
Prima della CIC Costa stava già usando monete sociali. Le ha studiate per un paio d’anni in Argentina e Brasile, poi è tornato in Catalogna e ne ha iniziata una a Montseny. (Era il 4 gennaio 2009, il giorno dopo che Bitcoin apparisse online.) Conosceva già Duran per un “progetto pazzo” mai realizzato su una nave piena di hippie che avrebbe dovuto navigare dal Brasile all’India. Ma dopo che Duran uscì di prigione i due cominciarono a collaborare assiduamente. Alla fine del 2009, per progettare quella che sarebbe diventata la CIC, si incontrarono nella regione di Tarragona con altre persone che avevano dato vita a una nuova rete indipendente di moneta sociale. Decisero di collegare le loro monete in un sistema comune. Oggi in Catalogna almeno 20 reti locali di monete sociali sono collegate tra loro attraverso la CIC.
Didac Costa sta costruendo una comune, provvisoriamente chiamata Walden Bas, in onore di Thoreau.
Costa aiutò a far partire Calafou nel 2011. Si trasferì lì, ma presto scoprì che non andava d’accordo con i punk incazzosi che erano venuti a dominare la colonia. Il suo futuro eco-villaggio sarà invece hippie fino in fondo: festival musicali, raduni dell’arcobaleno, ayahuasca, iurte, yoga e meditazione Vipassana. Il finanziamento è stato difficile, specialmente da quando ha perso a gennaio 80 Bitcoins (circa 15.000 euro) a causa di un hackeraggio. Considera Duran il suo consigliere finanziario e parlano spesso. Mentre aspetta di chiudere l’affare per il terreno, vive in un appartamento lì vicino da dove può osservarlo, visitarlo e fare progetti.
A un’ora di macchina verso la costa, uno dei capi punk della CIC vive in una piccola città medievale dal nome death-metal, Ultramort. Raquel Benedicto spesso indossa una felpa nera di Arancia Meccanica e ha i capelli tinti di rosso. Ha anelli che le coprono le orecchie e buchi al naso, anche se i piercing ormai non li porta più. Deve evitare i cortei e le manifestazioni di piazza, perché se i poliziotti la attaccano lei risponde, e non può correre questo rischio ora che è madre.
Mentre l’idea di Bitcoin era di collocare le transazioni su software bypassando il rischio di fare affidamento sulle autorità centrali e sulle debolezze degli esseri umani, l’ecos si basa su una comunità di persone che si fidano ciecamente l’una dell’altra.
Con suo fratello, che è tornato da poco dalla Gran Bretagna dove ha lavorato nella ristorazione, ha aperto alla fine del 2014 l’unico ristorante della città, il Ristorante Terra. È un progetto della CIC in tutto e per tutto: i pasti possono essere pagati in ecos e vengono regolarmente ospitate le assemblee regionali. I soci della locale cooperativa forestale, che usano un asino per trasportare i tronchi, si rivolgono a lei per esser pagati. Nel retro Benedicto ha anche aperto una scuola per i bambini del luogo, tra i quali suo figlio Roc di tre anni.
Benedicto ha conosciuto Duran nel 2011 durante l’occupazione del movimento 15M. Lei ne aveva già le palle piene, ma lui le mostrò qualcosa che aveva a che fare con “qualcosa di reale.” Iniziò a lavorare per la CIC nella Commissione di Accoglienza, imparando le logiche di Integral e insegnandole agli altri, parlando il più possibile con Duran. Presto prese parte alla Commissione di Coordinamento, il gruppo che organizza le assemblee e che aiuta le altre commissioni a collaborare meglio. Ma quel lavoro la stava distruggendo e sta ora cercando di concentrarsi sul ristorante. “Finalmente sto cominciando a fare ciò che voglio,” mi ha detto.
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Il Ristorante Terra, un progetto della CIC, ospiterà una scuola sul retro.
Allo stesso tempo, sta lavorando per diffondere le iniziative della CIC al di fuori di Aurea Social e Barcellona, presso le assemblee locali della regione. Duran e Benedicto si sentono spesso per queste cose, ma lei deve stare attenta. La polizia le ha già sequestrato il telefono e ha interrogato i suoi amici su dove si trovasse Duran. Benedicto tiene il suo telefono lontano quando parla di lui e cripta le sue e-mail. Lei è una delle persone che fa andare avanti la CIC durante l’assenza di Duran e fa in modo che non ci sia bisogno di lui.
Alla fi ne di gennaio, la CIC ha tenuto la sua assemblea annuale per un intero weekend, programmando la destinazione del budget per l’anno prossimo. Più o meno 60 persone si sono sedute in cerchio nella grande stanza sul retro di Aurea Social, mentre i tabulati venivano proiettati sopra di loro. Una donna in fondo alla sala stava allattando, mentre i bambini più grandi, semi-controllati, prendevano possesso del resto del palazzo. Benedicto prendeva appunti al portatile con Linux, mentre si tenevano dibattiti su come riorganizzare le commissioni in modo più efficiente e su chi verrà pagato e in che modo. In quel weekend si decise anche di chiudere EcoBasic, una valuta cautelativa e ibrida supportata dagli euro che la CIC stava usando, una decisione che li ha portati un passo più lontano dalla moneta legale e più vicino alla moneta sociale pura. Nella fatica e frustrazione del momento, ci si poteva perdonare di non riuscire ad apprezzare un piccolo miracolo, cioè il fatto che molte persone, in un’organizzazione di queste dimensioni, stavano prendendo dettagliate e importanti decisioni per unanime consenso.
Anche sulle minuzie pendeva la visione lampante che, qualsiasi fossero le decisioni locali, esse erano parte di un modello per ottenere qualcosa di più grande. Durante una discussione se il caffé Zapatista fosse da considerare un bisogno fondamentale, un programmatore nell’assemblea stava silenziosamente scrivendo una mail criptata a Duran sui cambiamenti del sito di FairCoin, il volto pubblico del nuovo figliastro planetario della CIC. La maggior parte delle persone ne conoscevano il contenuto, ma solo alcuni erano pronti a distogliere l’attenzione dai loro progetti.
“Enric pensa a qualcosa e tutti iniziano a tremare,” mi diceva Benedicto durante una pausa. “No, no, abbiamo un sacco di cose da fare, e tu vuoi fare questo ora, davvero?”
In Francia Duran riempie i suoi giorni e le sue notti dedicandosi a Integral, per quanto gli sia consentito dalla sua condizione di latitante. Esce in strada passando a fianco dei poliziotti senza paura, cambia spesso residenza e lavoro per non essere facilmente rintracciato. Condivide le proprie coordinate il minimo indispensabile. Probabilmente la cosa più strana sulla sua vita quotidiana è la monotonia e l’assenza di ansia apparente o di incertezza sulla grandezza della sua ambizione. “Sento di poterlo fare,” mi ha detto.
In un giorno nuvoloso a Parigi, dopo un incontro nel pomeriggio con un programmatore che lavora per il sito di FairMarket, Duran si dirigeva verso uno dei ritrovi per hacker che frequenta, in cui la configurazione del wi-fi gli consente di inviare e-mail senza che possa essere rintracciato. Stava mandando un aggiornamento a più di 10.000 persone della sua mailing list. Dopo di che, si incontrò in un uffi cio con un esperto francese di cooperative di credito. L’ostilità e lo scetticismo dell’esperto nei riguardi di FairCoop non lo turbò affatto. Anche se la discussione non sembrava portare da nessuna parte, il suo unico pensiero era come sfruttare al meglio le sue reti. Verso mezzanotte, spiegò FairCoop ai capi di un’associazione di economia condivisa nel retro del loro spazio di lavoro. Per continuare la conversazione mostrò come usare un programma di chat sicuro.
Il processo a Duran era fissato per il febbraio 2013. Ma nessuno dei testimoni della difesa fu autorizzato a testimoniare; le autorità non vollero che la corte diventasse un palco di teatro politico.
Dopo la lezione di crittografia tornò al suo appartamento e si mise a lavorare al computer. Lavorò fino alle 4.30 del mattino, concentratissimo e mangiando biscotti, sorridendo ogni tanto quando una e-mail o un forum attirava la sua attenzione, e schiacciando i tasti con un solo dito. Per tutto il giorno e la notte, un secondo portatile presente nella stanza emetteva una luce mentre il programma di FairCoin era in funzione, in modo da tenere al sicuro la rete decentralizzata della valuta. Di solito Duran dorme quattro o cinque ore per notte. Niente sigarette, niente caffè, raramente qualche birra. Non sa cucinare. Ti fa sentire il bisogno di prenderti cura di lui come farebbe una madre.
A Lung Ta, gli abitanti si organizzano in famiglia in accordo ai propri oroscopi maya.
Al momento Duran sta cercando di realizzare il suo terzo attacco informatico. Il primo è stato “l’azione pubblica” attaccando il sistema finanziario a beneficio degli attivisti. Il secondo è stato la CIC e la sua “disobbedienza fiscale”, attaccando il sistema legale per inventare un nuovo tipo di cooperativa. Il terzo è FairCoop, attraverso una nuova valuta per finanziare un sistema finanziario globale. Come il secondo, il terzo è nato nella clandestinità.
Il processo a Duran era stato fissato per il febbraio 2013. All’epoca non sembrava che sarebbe stato un processo. Nessuno dei testimoni proposti dalla difesa fu autorizzato a testimoniare; le autorità non vollero che la corte diventasse un palco di teatro politico. Qualche giorno prima del dibattimento Duran entrò nuovamente in clandestinità. Inizialmente si chiuse in una casa in Catalogna, ma quando divenne quasi una prigione se ne andò in Francia, dove sarebbe stato più lontano dalla polizia spagnola e meno riconoscibile in pubblico.
Non avendo molto altro da fare, iniziò a imparare tutto ciò che poteva sulle valute elettroniche, un nuovo tipo di moneta online di cui Bitcoin fu la prima e la più diffusa. La matematica crittografi ca rende possibile la registrazione delle transazioni in un network condiviso, senza doversi appoggiare a un governo o ad una banca centrale. Alcuni suoi amici avevano già iniziato a costruire un software che funziona con Bitcoin. Calafou era infatti noto per essere un centro di sviluppo di Bitcoin. All’inizio del 2013 Bitcoin stava cominciando una rapida ascesa—dal non valere quasi nulla a valere più di 1.200 dollari per unità. I primi utilizzatori divennero improvvisamente ricchi. Duran notò subito l’individualismo che sembrava prevalere sulla scena delle valute elettroniche e si chiese se la tecnologia potesse essere usata a fini migliori. “Stavo pensando a come hackerare qualcosa di simile per finanziare la Rivoluzione Integrale”.
Tra i numerosi cloni di Bitcoin, ognuno con i suoi particolari aggiustamenti al codice, Duran fondò FairCoin. “Questo è un bel nome,” pensò. Un aspetto che ha reso FairCoin equo era il fatto che non si basava sugli algoritmi di Bitcoin, che ricompensa i “miner” con magazzini pieni di macchine che non fanno altro che sperperare elettricità e produrre matematica in serie. Invece i FairCoin furono distribuiti con spirito di giustizia. Il programmatore originale li diede a chiunque li volesse quando il sistema andò online nel marzo del 2014. Ma la cosa poteva anche essere una truffa; la valuta attraversò un veloce ciclo di ascesa e declino, dopo il quale il programmatore sparì, probabilmente con molti soldi.
Nonostante la complessità, FairCoop è una continuazione della logica delle precedenti azioni di Duran: imbroglia il capitalismo per finanziare il movimento, prendi ciò che già esiste e ricombinalo.
Il valore di FairCoin raggiunse il suo massimo il 15 aprile dello scorso anno, pari a quasi un milione di dollari. Il 21 aprile, cioè a metà strada verso il successivo crollo, Duran fece un annuncio sul forum di FairCoin e su Reddit: aveva iniziato a comprare FairCoin. “Costruire il successo di FairCoin dovrebbe essere un interesse collettivo,” scrisse. “FairCoin dovrebbe diventare la moneta dell’equosolidale.” Tra aprile e settembre Duran usò le scorte di Bitcoins per comprare circa 10 milioni di FairCoins, il 20 percento dell’offerta totale. Durante quel periodo la moneta era vicina a essere senza valore, abbandonata dalla sua stessa comunità. Con un piccolo team dietro, Duran decise di comprare e pianificare, mentre Thomas Konig, un programmatore austriaco, modificava i codici per risolvere i problemi di sicurezza. Iniziarono a sperimentare soluzioni per sostituire i meccanismi competitivi che FairCoin aveva ereditato da Bitcoin con meccanismi più cooperativi, progettati per essere compatibili con la struttura di FairCoop. Alla fine di settembre i soci della CIC iniziarono a investire in FairCoin e il valore si alzò di 15 volte rispetto a quando le aveva comprate Duran durante l’estate.
Proprio come la CIC è più dell’insieme delle loro valute, FairCoop è molto di più di FairCoin. Duran vuole che Fair- Coop sia una rete fi nanziaria per cooperative, gestita dai suoi partecipanti. Possono vendere i loro prodotti in FairMarket, commerciando tra loro con FairCredit, e fi nanziare la loro crescita con FairFunding. Possono comprare su GetFairCoin.net e fare cassa con Fairtoeartch.com. Ciò che la CIC sta facendo in Catalogna dovrebbe avvenire in tutto il mondo c. Ha definito i principi di una struttura dalla forma ad albero: comitati e commissioni, mercati e scambi, tutti alimentati da FairCoin. Uno dei lavori fi nanziati è quello di costruire un software per l’ecosistema, mentre un altro è di ridistribuire la ricchezza al Sud del mondo. Sostenuto da una donazione di 10.000 euro da parte della fabbrica di cosmetici Lush, grazie a un amico dei tempi di global-justice, Duran trascorre ogni ora della sua giornata arruolando tutti quelli che conosce per aiutare a rendere FairCoop qualcosa di utile ovunque per il post-capitalismo.
Ciò che renderebbe l’iniziativa veramente efficace è la combinazione tra la moneta e la comunità. Più le cooperative locali prendono parte al network e usano i suoi strumenti, più i FairCoins si rivaluteranno sul mercato delle valute elettroniche, dove il valore di una valuta dipende dal suo livello di popolarità. Quindi costruire una comunità signifi ca allo stesso tempo finanziarla. Se oggi il prezzo dei FairCoins raggiungesse il prezzo dei Bitcoin, ad esempio, l’investimento iniziale di Duran varrebbe più di due miliardi di euro.
E ancora, le valute elettroniche possono perdere valore tanto velocemente come possono crearlo; Bitcoin sta vivendo un calo di prezzo da più di un anno ormai, fino a un quinto del suo valore massimo, una perdita che potrebbe essere devastante per una cooperativa fragile che potrebbe invece investire in FairCoin. Ma l’idea è che il successo di FairCoop non sarà finanziato completamente da FairCoin. Duran non vede nella valuta quello strumento salvifico che la cultura tecnologica ci ha abituato a pensare, qualcosa che correggerà le imperfezioni umane se ci lasciamo andare al suo disegno perfetto. La vuole usare per creare fi ducia tra le persone, non per sostituire la fi ducia con un algoritmo migliore. “Se non stai creando nuove relazioni culturali”, mi ha detto, “non stai cambiando niente.” Proprio come i soci della CIC stanno cercando di rendere la loro comunità più forte di qualsiasi struttura legale, lui vorrebbe vedere FairCoop diventare abbastanza forte da superare FairCoin.
Nonostante la notevole complessità del piano, si tratta di una semplice continuazione della logica presente nelle precedenti azioni di Duran: imbroglia il capitalismo per finanziare il movimento, prendi ciò che già esiste e ricombinalo. Ma anche questo improbabile schema non offre alcuna garanzia. Negli spazi clandestini degli hacker di Parigi, nel tentativo di portare i radicali francesi a bordo del suo nuovo progetto, Duran aggiunge, come se non fosse un problema, “Non sappiamo se funzionerà.”
Non si vedono spesso hippie incollati alla tv a guardare le notizie politiche del telegiornale. Ma Didac Costa lo stava facendo, nel suo improvvisato appartamento sotto il versante montuoso dove un giorno ci sarà la sua comune. Sullo schermo si vedevano volti familiari. Podemos si è appena assicurato cinque posti al Parlamento europeo e le statistiche dicono che potrebbe vincere le elezioni nazionali a fi ne anno. Costa si era candidato per un posto nel Consiglio regionale di Podemos. Sperava di cambiare le cose dal di dentro e rendere il partito più favorevole all’indipendenza catalana e a movimenti sociali come la CIC.
Nel frattempo in Francia Duran stava leggendo sul suo computer le notizie dalla Spagna. Mayo Fuster Morell, la sua prima ragazza, ora importante esperta di comunicazione, faceva parte del direttivo di Podemos, insieme a persone che aveva conosciuto e con le quali aveva lavorato per anni. Stava anche tenendo d’occhio la Grecia, dove il partito di sinistra Syriza aveva vinto le elezioni e si preparava a prendere il governo. Provò a vedere se alcuni ministri fossero interessati a FairCoop. Era alla ricerca di un modo per avere consensi nel nuovo clima politico del Sud Europa.
Stava anche riflettendo sul suo ritorno alla libertà. Durante l’inverno ha radunato un piccolo gruppo di persone che stanno ora lavorando con lui personalmente, sia in FairCoop che per i suoi obiettivi. Tornato in Catalogna, gli amici hanno cercato di mettere a punto una procedura per saldare i conti con la giustizia in alternativa a un processo e a una sentenza di fermo, ma la cosa non è andata molto avanti. Suo padre è morto lo scorso anno e lui non è potuto andare al funerale. Ciò che gli pesa di più sembra il pensiero di quanto sarebbe in grado di fare per FairCoop se non si dovesse nascondere.
Ha bisogno di trovare investitori, organizzare riunioni, portare avanti i vari compiti che richiede una nuova iniziativa, e deve fare tutto in clandestinità, cosa che impone divieti giornalieri, ed è piuttosto difficile di per sé. La prigione sarebbe peggio, ovviamente, ma non ne può più di tutto questo. Il rapinatore di banche è pronto a diventare un banchiere.
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