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A 20 anni dall’uscita di ‘Silent Hill’, ode all’estetica del tubo catodico

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Vent’anni fa — il 31 gennaio 1999 — usciva Silent Hill di Konami. Il videogioco doveva essere inizialmente la risposta dell’azienda al successo del survival horror Resident Evil di Capcom, ma nel suo sviluppo è invece diventato qualcosa di unico e diverso, un’inquietante storia pensata per far sentire il giocatore vulnerabile e per metterlo di fronte a orrori soprannaturali che nascono dalla mente di protagonisti e antagonisti tormentati. Oggi — in mezzo alla corsa a schermi a risoluzione sempre più alta — noi vogliamo però ricordarlo con un’ode a un’estetica perduta: quella del tubo catodico.

L’aspetto visivo iconico di Silent Hill è infatti strettamente legato agli schermi a tubo catodico dei televisori dell’epoca.

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La serie (ricorderete) racconta di un’omonima cittadina che — a seguito di un rituale che avrebbe dovuto far nascere l’incarnazione di Dio — sprofonda in un limbo di nebbia pregna di mostruosità deformi, che a volte precipita ulteriormente in un’oscurità industriale e infernale. La nebbia che avvolge la città era un furbo stratagemma legato alle limitazioni tecniche del tempo: non era tecnicamente possibile mostrare tutta la città insieme e serviva qualcosa che la nascondesse. Come il cinema noir traeva la sua estetica dall’uso sapiente di poveri mezzi economici e tecnici (per esempio dall’impossibilità di illuminare completamente le scene), così ha fatto Silent Hill sfruttando a proprio favore i limiti della prima PlayStation e degli schermi televisivi degli anni Novanta.

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Silent Hill, come viene renderizzato dalla console (a sinistra) e come appare in una simulazione di schermo a tubo catodico (a destra).

In sintesi, nello schermo a tubo catodico, raggi di elettroni vengono sparati contro una superficie (lo schermo stesso), attivando minuscoli punti di tre colori (rosso, verde e blu) separati da una griglia. I punti colorati — che hanno forma diversa a seconda della griglia e quindi del televisore — visti da lontano compongono le immagini e creano tutti gli altri colori. Per inciso, anche i pixel degli schermi moderni sono fatti più o meno così, cioè sono composti da tre piccolissimi sottopixel rossi, verdi e blu. Nel tubo catodico, i raggi di elettroni percorrono lo schermo dall’alto in basso riga per riga; di solito, però, le console — per rendere più rapido il processo, avere più fotogrammi al secondo (e quindi animazioni più fluide) e migliorare l’impatto visivo generale — disegnavano per ogni fotogramma solo metà delle righe (solo quelle pari o solo quelle dispari). L’altra metà restava nera, dando all’immagine un aspetto caratteristico, che addolciva i pixel della grafica.

Questa non è l’unica conseguenza dei limiti del tubo catodico. A causa del suo funzionamento e del cavo che trasporta fino allo schermo le informazioni provenienti dalla console, la qualità dell’immagine si degrada, nascono errori più o meno prevedibili e quello che vediamo è molto diverso dall’immagine originale. Il risultato può essere persino deformato a causa delle proporzioni della televisione (all’epoca, gli schermi avevano la larghezza ⅓ più grande dell’altezza).

Ma, come è stato per la nebbia di Silent Hill, anziché combattere contro queste limitazioni, gli sviluppatori le abbracciavano e le rendevano parte del proprio metodo di lavoro.

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Silent Hill, come viene renderizzato dalla PlayStation (a sinistra) ed emulato per simulare uno schermo a tubo catodico (a destra).

Molti giochi dell’epoca erano pensati per funzionare con un cavo “composito” — un cavo che porta allo schermo in un unico segnale tutte le informazioni necessarie (la luminosità del colore e il colore stesso). Se avete vissuto negli anni Novanta, dovreste ricordarvi il cavo composito: è quel cavo televisivo con lo spinotto giallo che si trova abbinato a uno spinotto rosso e a uno spinotto bianco che servono invece per i due canali audio — quello destro e quello sinistro — dello stereo. Siccome il cavo porta tutte le informazioni video insieme, la qualità del segnale risultante è inferiore rispetto a quella che potrebbero per esempio portare tre cavi, ognuno dedicato a portare le informazioni di uno solo dei colori che compongono poi le immagini sullo schermo.

Il risultato era un’immagine ricca di sfumature, di profondità e di sporcizia. Nonché, della sua caratteristica inquietudine.

Ma proprio qui sta il bello: grazie alla perdita di informazioni, i colori vicini si fondevano, generando sfumature altrimenti impossibili con la tecnologia dell’epoca. Questo effetto veniva sfruttato con una tecnica chiamata dithering, che consiste nell’usare singoli pixel (o segni poco più grandi) di colori diversi l’uno accanto all’altro prevedendo che sullo schermo i colori di questi pixel, fondendosi, daranno vita a un colore intermedio. Esempio: mettendo a scacchiera pixel gialli e blu il risultato è un unico colore verde. Silent Hill usava il dithering in tutte le sue scene e praticamente ogni colore era creato dalla fusione di pixel di colori diversi; il risultato era un’immagine ricca di sfumature, di profondità e di sporcizia. Nonché, della sua caratteristica inquietudine.

Siccome il cavo composito porta tutte le informazioni insieme, succedono anche “guai” peggiori della perdita di definizione: a volte lo schermo televisivo (soprattutto se economico) sbaglia a riconoscere quali informazioni sta trasportando il cavo e mescola cose diverse, per esempio trattando un’informazione relativa alla luminosità del segnale come un’informazione relativa al suo colore (e a volte è la console a sbagliare a mescolare le informazioni in un unico segnale). Ma anche un guaio del genere può diventare un’opportunità.

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Sonic the Hedgehog nell’attuale versione per Steam e su uno schermo a tubo catodico reale, con cavo composito. Fonte: Displaced Gamers/YouTube

Le cascate della prima area di Sonic the Hedgehog per Sega Mega Drive sono un ottimo esempio. Le cascate sono realizzate in modo molto semplice: quattro tonalità di azzurro incolonnate in sottili righe separate da uno spazio vuoto da cui spunta lo sfondo dell’ambientazione.

Viste così — come oggi Sega le presenta nelle varie versioni del gioco per console e macchine moderne — le cascate di Sonic the Hedgehog sembrano però tende fatte di fili di perline. Ma quando il segnale arrivava a uno schermo a tubo catodico attraverso un cavo composito, le quattro tonalità di azzurro diventavano un unico azzurro dolcemente sfumato e le varie linee della cascate si fondevano tra loro e con lo sfondo, creando un effetto di trasparenza. Non solo: a causa della confusione tra i segnali di cui parlavamo prima, le cascate guadagnavano anche un effetto arcobaleno, come se la luce stesse attraversando le gocce d’acqua schizzate in aria.

Tutto questo è solo una piccola parte di ciò che avveniva tra una console e lo schermo a tubo catodico della televisione: macchine diverse e schermi diversi avevano tecniche e caratteristiche a volte totalmente differenti e anche per questo è tanto complicato simulare tali effetti sui nostri fighissimi schermi ultrapiatti. Se volete provare gratuitamente un po’ dell’emozione del tubo catodico, potete scaricare SuperCRT, un piccolo simulatore che emula la visione su una vecchia televisione di una parte del monitor del vostro computer grande 256×224 pixel, cioè quanto la sezione mostrata sullo schermo in un gioco per il NES — la prima console Nintendo.

Dall’inizio del millennio la richiesta di nuovi televisori a tubo catodico è diminuita, mentre quelli vecchi pongono grossi problemi ambientali a causa del piombo che contengono. C’è ancora chi lotta per preservare questi schermi e l’arte pensata per loro — mentre, parallelamente, c’è chi cerca di simulare sempre meglio e in un modo sempre più accessibile il loro aspetto non con l’hardware, ma col software.

Così che, in futuro, sarà ancora possibile godersi appieno l’orrore originario di Silent Hill.