Una scossa di terremoto di magnitudo 6.8, avvertita alle 00:54 di questa notte con epicentro nel mar Ionio a 38 chilometri dall’isola greca di Zante, ha messo in allerta Grecia, Albania, Malta e tutto il Sud Italia. Diverse segnalazioni sono infatti partite da Sicilia, Basilicata, Calabria, Puglia e Campania. Fortunatamente, non ci sono state vittime — solo danni limitati nel porto dell’isola di Zante.
Dopo la scossa, è stata però diffusa un’allerta tsunami dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia italiano, per le coste di Calabria, Basilicata, Puglia, Sicilia che affacciano sullo Ionio. ”L’allerta è arancio: possibili variazioni del livello del mare inferiori a 1 metro,” si legge nel comunicato. “Si consiglia di stare lontani da coste e spiagge.”
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Per il momento, state registrate diverse scosse minori di assestamento, ma nessuna onda anomala preoccupante. Secondo quanto riportato dall’INGV, tuttavia, si sarebbe verificato un piccolo tsunami — che ha fatto salire il livello del mare di un massimo di dieci centimetri nei porti di Calabria, Sicilia e Puglia. La causa è stata la rottura di una faglia lunga 15-20 chilometri a circa 10 chilometri di profondità, il cui impatto si è propagato in superficie, sollevando il fondo marino e l’acqua del mare.
Siamo abituati a concepire gli tsunami come fenomeni che riguardano più direttamente l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano — eppure, in realtà, esistono dei precedenti anche dalle nostre parti e non tutti di entità piccola come il caso di questa notte. Ne ho parlato al telefono con Francesco Mariano Mele del Centro Allerta Tsunami – Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia — nato nel 2017 grazie alla collaborazione tra INGV, ISPRA e Protezione Civile — per capire quali sono i rischi di tsunami effettivi nel Mediterraneo.
”Lo tsunami più importante avvento in Italia in tempi recenti è quello causato dal terremoto di Messina del 1908. In quel caso, mancava la nozione che un terremoto possa avere conseguenze anche sul mare: gli abitanti di Messina, per sfuggire ai crolli, si sono diretti verso la costa. Le conseguenze sono state disastrose — con la morte di migliaia di persone. Al momento, è ancora argomento di ricerca capire se quel maremoto sia stato causato solamente dal terremoto o anche da una serie di frane provocate dal terremoto,” ha spiegato Mele a Motherboard.
La possibilità di tsunami nel Mediterraneo è da legarsi a tre fattori, ha continuato Mele. La causa primaria di maremoti è legata ai movimenti delle faglie: nel Mediterraneo, infatti, si incontrano la zolla Africana e quella Eurasiatica. ”Le zone a maggiore rischio sono quelle legate all’Arco Ellenico, a Sud dell’Isola di Creta,” ha specificato lo scienziato. “Nel 365 d.C., ad esempio, al largo di Creta, un sisma ha causato uno tsunami con migliaia di morti. Un’altra delle zone a maggior rischio nel Mediterraneo occidentale è quella legata al sistema di faglie a nord delle coste Africane. Il 21 maggio 2003, ad esempio, si è verificato un sisma vicino alla città di Boumerdes, in Algeria, che ha provocato un’onda che ha raggiunto le coste francesi e causato alcuni lievi danni anche sulle coste liguri.”
La seconda causa è data dal materiale che sprofonda in mare — ne abbiamo parlato su Motherboard qualche tempo fa, in occasione della pubblicazione di uno studio che dimostra come il fianco orientale dell’Etna stia sprofondando lentamente nel Mediterraneo. ”Un importante precedente riguarda la Sciara del Fuoco, sull’Isola di Stromboli. IL 20 dicembre 2002 una frana delle pendici della montagna, legata alla precedente attività eruttiva, ha interessato materiale in parte sommerso e in parte emerso e ha provocato delle onde che hanno raggiunto le coste campane della Penisola.” Il terzo fattore è il meno probabile — nonché più difficile da prevedere — ma più catastrofico: infatti, ”gli tsunami possono essere causati anche da un meteorite che precipita in mare,” ha detto Mele. “In quel caso l’entità dell’innalzamento delle acque è proporzionale alle dimensioni del corpo celeste. Essendo il Mediterraneo meno esteso degli Oceani, è sufficiente un meteorite più piccolo per causare danni maggiori.”
In ogni caso, se volete saperne di più, nel 2015, un gruppo di ricercatori delle università di Bologna e di Salonicco ha creato un modello per simulare l’impatto di onde di maremoto generate da terremoti nel Mediterraneo. Lo studio è stato pubblicato su Ocean Science e simulava l’inondazione di una serie di zone costiere nell’Italia meridionale, nell’Isola di Creta e in Grecia.
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