Nonostante abbia sposato da qualche tempo una personalissima battaglia contro l’ossessione per l’estetica anni Ottanta e Novanta nell’intrattenimento odierno di qualsiasi forma, sento sinceramente la mancanza di almeno un prodotto tipico di quei tempi: le avventure grafiche.
Non sono probabilmente l’unica: lo scrittore italiano Roberto Geroli, per esempio, ha modellato il proprio sito personale in puro stile Monkey Island. Scegliendo la modalità “difficile” (quella che recita: “Voglio tutto! Tutti i puzzle! Tutto il lavoro!”) nella landing page, è necessario portare a termine una missione affidata da tre pirati ubriachi e aggirarsi tra un negozio con strani polli e statue, un molo al chiaro di luna e un borgo, tutti pixxellati, per accedere alle varie sezioni del sito. Il sito non è di per sé recentissimo — Geroli l’ha creato nel 2016 — ma è riaffiorato su Reddit in questi giorni, tra le reazioni a vari gradi di nostalgia degli utenti.
Dai capolavori di LucasArts come (appunto) Monkey Island e Day of the Tentacle, arrivando alla sofisticata saga di Myst e passando per esperimenti erotici d’avanguardia, questa categoria di videogiochi ha rappresentato il primo ibrido tra testo interattivo e grafiche fatte al computer, ponendo al centro delle proprie meccaniche la risoluzione di indovinelli, puzzle, dialoghi e misteri in senso ampio.
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A differenza dell’altra corrente principale sviluppata in quegli anni — diciamo gli sparatutto come Doom e gli arcade da sala giochi —, in cui un timer dettava il ritmo del gioco, nelle avventure grafiche il tempo poteva dilatarsi all’infinito: finché il giocatore non risolveva il quadro del gioco in cui si trovava, restava lì. Certo, fatta eccezione per alcuni titoli, il personaggio principale rischiava comunque di morire — spesso persino in modi imprevisti e snervanti —, motivo per cui l’idillio non era mai eterno. Eppure, è possibile dire che il genere abbia contribuito all’idea radicale che un mondo virtuale sia un luogo in cui restare anche al di là delle missioni da compiere. Semplicemente perché ci ha fatto affezionare più di altri generi di videogioco ai personaggi e alle ambientazioni che offriva.
Se volete ricordarvi com’era bello collezionare oggetti improbabili, finire sul fondo dell’oceano senza trattenere il fiato e bere birroni con i pirati, fate un salto sul sito di Geroli. Altrimenti — sia fatta lode a internet — potete sempre installare un emulatore, andare a caccia di quelle vecchie perle e giocarle per intero.
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