Cibo

Questo giovane cuoco ha portato una ventata di freschezza nordica a Napoli (e ci voleva)

A Napoli ogni volta che con gli amici dobbiamo scegliere dove andare a mangiare una cosa si discute per ore.

Le trattorie, quelle dove si mangia bene e a basso costo sono sempre le stesse, mangiare una pizza nel weekend tra Via dei Tribunali e Forcella comporta ore e ore di attesa, i ristoranti stellati bucano le tasche spesso già vuote e trascinare gli uomini al ristorante vegetariano diventa un’impresa ardua.

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“E allora panino?” “No ja, l’ho mangiato a pranzo.”

Ricordo che quella sera scendendo di casa insofferente pensai “È mai possibile che in una città come questa, che vive nel culto del cibo, non si possa mai trovare qualcosa di nuovo?

Pochi giorni dopo ho dovuto ricredermi. Camminando per il centro storico ho girato l’angolo di Via del Chiostro e mi sono improvvisamente ritrovata catapultata in un delizioso angolo nordeuropeo. E invece no, ero sempre a Napoli, mi ero soltanto imbattuta in SoulCrumbs.

Mi piace l’idea di poter cambiare un po’ i gusti dei napoletani, di far provare nuovi sapori. In questa città sembra sempre che se non fai la parmigiana di melanzane o la pasta e patate alla maniera tradizionale non hai senso di esistere.

Bakery e caffetteria al mattino, bistrò a pranzo, wine bar e ristorante di sera.

Mi accoglie Raffaele Rega (in arte Raph Regan, soprannome che gli è stato affibbiato ai tempi della scuola), classe ’85, chef e proprietario di SoulCrumbs. La prima cosa che ho notato è stata che il locale rispecchiava perfettamente l’aspetto minimalista di Raph. Arredamento essenziale, ma molto curato e mai pretenzioso.

Ci sediamo subito, Raph prende un paio di bicchieri e stappiamo una bottiglia.

Raffaele Rega

“Ho studiato musica a Bologna, poi musicologia e composizione a Roma e poi sono stato in erasmus in Norvegia. Sono tornato in Italia solo per laurearmi, ma sono presto ritornato a Oslo, sempre per la musica. Poi però ho cominciato a fare il barista in una caffetteria e sono finito in cucina.” . Mi racconta del suo periodo adolescenziale punk (fase che ho attraversato anche io) e ridiamo parlando di Garage band e ciocche di capelli colorate.

A un certo punto ho cominciato a produrre vino in casa a Oslo. Mi facevo mandare le uve da Avellino. E da lì è nata la passione per i vini naturali, quelli non filtrati, a fermentazione spontanea. Mi piace chi rispetta la natura delle cose senza alterarle con prodotti chimici, e anche chi fa il proprio lavoro sporcandosi le mani.”

Io intanto senza rendermene conto mi stavo finendo fetta dopo fetta un cestino di pane di segale sensazionale.

Da SoulCrumbs fanno il pane tutti i giorni, utilizzando materie prime selezionate e ovviamente con il lievito madre. Non è il solito sfilatino napoletano. Si usano grani antichi e cereali poco diffusi. Ci sono pani che appartengono anche ad altre culture, da cui vale assolutamente la pena farsi contaminare.

“Poco dopo ho deciso di tornare a Napoli. Erano dodici anni che non vivevo qui. Ci sono sempre venuto, almeno una volta l’anno, ma in vacanza. Quando sono tornato ho avuto una sorta di shock emotivo, mi sentivo spaesato. Ho trovato una città cambiata, ogni tanto alzavo lo sguardo e mi chiedevo dove fossi. Poi pian piano ho recuperato la mia dimensione. Il primo anno ho collaborato con il centro di alimentazione consapevole e ho cucinato i pranzi di un bar a Piazza Bellini, ma già stava maturando l’idea di SoulCrumbs.”

“E quindi qual è la tua idea?”

“Ma guarda, mi piace l’idea di poter cambiare un po’ i gusti dei napoletani, di far provare nuovi sapori. In questa città sembra sempre che se non fai la parmigiana di melanzane o la pasta e patate alla maniera tradizionale non hai senso di esistere. E invece si possono offrire piatti nuovi, cucinando in maniera sostenibile con i prodotti del nostro territorio, riutlizzando gli scarti e riconsegnandogli il loro valore.”

A quel punto ero molto curiosa di assaggiare qualcosa (e anche un po’ brilla e affamata). Raph prepara i piatti a vista perché “mi piace far vedere ciò che faccio”. E a me piace guardare.

Smorrebrod di pane di segale con prosciutto di tonno affumicato, maionese di miso e pomodorino piccadilly.

Partiamo da degli Smorrebrod di pane di segale con prosciutto di tonno affumicato, maionese di miso e pomodorino piccadilly. La prima volta che li ho assaggiati in vita mia ero in interrail a Copenaghen e ricordo che mi abbuffai fino alla nausea per la paura di non mangiarli più per i prossimi 10 anni.

Mai avrei pensato di poterne mangiare uno a due passi da casa.

Passiamo da Oriente a Occidente, dal Mar del Nord al Mediterraneo, attraverso una sinfonia di cinque portate: da un tuorlo d’uovo marinato nel sake con salsa all’aneto, lenticchie germogliate e germogli di soia, a degli spaghetti di zucchine su bagna cauda di alici conditi con yogurt e croccante di quinoa – che mi sono letteralmente esplosi in bocca.

Da una morbidissima brioche dolce di segale, ripiena di pancia di tonno, a una torzella con patate novelle e bottarga di sgombro – che uno dice ‘che c’entra la torzella con lo sgombro?’ e invece c’entra eccome!

Per finire dei Noodles di segale conditi con alghe e olio all’aglio e serviti con una zuppetta di vongole, lemongrass e peperoncino.

Raph preparava ogni piatto come se stesse scrivendo una partitura musicale. Questa dualità di passioni l’ho sentita forte tutta la serata. Non era solo la musica né solo la cucina, non viaggiavano parallele ma si univano e si confondevano.

Sono andata via senza prendere il dessert e un po’ l’ho rimpianto, soprattutto per l’Albicocca fermentata con yogurt e cioccolato di Modica. Ma tornerò presto per pranzo o per una colazione con pain au chocolat dai momenti proustiani.

È bello vedere realtà così fresche e innovative come questa in una città a volte troppo ancorata alla tradizione come Napoli. Ti dà una speranza di cambiamento e di evoluzione.

Sono queste le cose che mi aprono gli occhi (e lo stomaco) e mi rimettono al mondo.

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