La scoperta delle onde gravitazionali ha appena vinto il nobel per la fisica — All’inizio di quest’anno, quando era stata rivelata la prima onda gravitazionale della storia, avevamo pubblicato questo articolo per capire di che cosa si trattava questa scoperta.
È successo. Le voci erano vere — Ieri, 16.30 ora locale, gli scienziati del LIGO, il Laser Interferometer Gravitational-wave Observatory, hanno annunciato di aver rilevato per la prima volta nella storia delle onde gravitazionali. Subito dopo l’annuncio mezzo mondo è uscito di testa nel tentativo di comprendere cosa fossero queste onde gravitazionali — Noi di Motherboard abbiamo deciso di far calmare le acque e di fornirvi una pratica spiegazione illustrata oggi.
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Le onde gravitazionali sono delle curvature dello spaziotempo causate dal movimento di un corpo estremamente massivo, come un buco nero, e la loro definizione teorica, conseguenza della teoria della Relatività Generale di Albert Einstein, ha appena compiuto cent’anni. Chiarissimo, no?
Per cercare di rendere comprensibile il concetto di onda gravitazionale facciamo un passo indietro — Anzi, quattro. Quattro come le forze fondamentali ed osservabili che regolano l’universo: interazione nucleare debole, interazione nucleare forte, interazione elettromagnetica e interazione gravitazionale. Le interazioni nucleari forti e deboli agiscono a livello subnucleare; mentre le interazioni nucleari forti si limitano a “tenere assieme” la materia, in contesti subatomici ad alta energia, le forze deboli e quelle elettromagnetiche sono unificate nell’interazione elettrodebole.
Le onde gravitazionali sono delle curvature dello spaziotempo causate dal movimento di un corpo estremamente massivo.
L’interazione elettrodebole si consuma però solamente in contesti altamente energetici, e non è normalmente osservabile nella quotidianità. Per questo il Modello Standard, ovvero l’insieme di tutte le regole che descrivono la fisica delle particelle fondamentali, può essere verificato solo con gli acceleratori di particelle.
Tornando all’interazione elettromagnetica, escludendo il suo ruolo a livello subatomico, possiamo definirla come la teoria che ha unificato i principi dell’elettricità e del magnetismo e ci ha aiutato a comprendere molti fenomeni naturali, tra cui la luce. Accelerando un corpo caricato elettricamente si genera un campo magnetico che si propaga, anche nel vuoto, sotto forma di radiazione elettromagnetica. Il vettore di propagazione del campo magnetico è, guarda un po’, il fotone o quanto di luce, altra particella elementare del Modello Standard.
Oltre alla radiazione luminosa le radiazioni elettromagnetiche possono propagarsi sotto forma di onde radio, raggi infrarossi, ultravioletti, x e gamma. Questi ultimi sono quelli a più alta energia e nell’Universo sono emessi solo dagli acceleratori di particelle naturali come i sistemi binari di stelle, le supernove ad alta energia, le stelle di neutroni o i buchi neri super massivi. Questi corpi galattici sono interessanti per la rilevazione cosmica della quarta forza fondamentale, quella gravitazionale.
Se nel quotidiano i fenomeni gravitazionali sono descritti dalle leggi di Newton, secondo cui un corpo avente massa esercita una forza attrattiva direttamente proporzionale al suo peso, queste non sono sufficienti per descrivere i fenomeni cosmici e l’universo. Einstein, accorgendosi dei limiti delle leggi di Newton, teorizzò che la gravità non fosse una forza, ma la proprietà della materia di deformare lo spazio tempo: è questo il concetto alla base della Relatività Generale. L’orbita dei pianeti attorno al Sole non è descrivibile attraverso la legge attrattiva di Newton, ma è disegnata da una distorsione dello spazio tempo che il Sole crea attorno a sé. Questa distorsione attrae i pianeti alle stelle e i satelliti ai pianeti, come succede con la Luna e la Terra.
Anche la luce è deviata dalle curvature dello spazio-tempo, tanto che la posizione di alcune stelle ci arriva deviata dall’effetto lente gravitazionale del Sole. Lo studio di quesi strani miraggi non è solamente una delle conferme della teoria della Relatività Generale, ma ci fornisce molte informazioni sulla distribuzione della forza gravitazionale e della materia nell’Universo.
Quando enormi masse si spostano in maniera repentina si verifica inoltre l’emissione di onde gravitazionali, rappresentate dalla propagazione della curvatura spazio temporale in contrazione ritmica. L’esplosione di supernove e la collisione di buchi neri sono gli unici eventi cosmici che emettono onde gravitazionali abbastanza forti da essere captate dagli interferometri laser. Prima dei ricercatori del LIGO, a causa di problematiche tecnologiche, nessuno ci era mai riuscito.
Come anticipato, fino ad ora ci siamo limitati ad analizzare l’universo attraverso la rilevazione delle onde elettromagnetiche, ma le onde gravitazionali ci permetteranno di studiarlo sotto un nuovo aspetto, quello, appunto, gravitazionale. Ce l’abbiamo fatta, siamo riusciti a capire chi sono le star della settimana, dell’anno e del secolo. Ma perché ci hanno messo così tanto per uscire allo scoperto?
La debolezza delle onde gravitazionali le rende impossibili da studiare riproducendole in laboratorio, essendo anche gli strumenti di rilevazione coinvolti nei fenomeni gravitazionali. Per questo motivo è possibile captare solo le onde emesse da sorgenti estremamente massive. Anche la determinazione di quali fossero gli strumenti ideali per la loro rilevazione non è stata esattamente immediata.
Negli anni 60 il fisico Joseph Weber costruì il primo dispositivo di rilevazione delle onde gravitazionali, la barra di Weber, ma i risultati degli esperimenti effettuati con questo sistema erano discordanti tra loro, nonostante alcuni sostengano che nel 1987 sia effettivamente riuscito a rilevare le onde gravitazionali della supernova 1987a. In ogni caso ci sono voluti decenni di perfezionamento tecnologico prima di arrivare a costruire sistemi di rilevamento avanzati basati sull’interferometria laser come l’Advanced LIGO e l’Advanced Virgo, a loro volta derivati dal perfezionamento dei sistemi LIGO, VIRGO, GEO 600 e TAMA 300 degli anni 2000.
Dopo un potenziamento iniziato nel 2010 e terminato il febbraio del 2015 il LIGO — situato negli Stati Uniti, tra la Luisiana e Washington — e il Virgo — in provincia di Pisa — hanno iniziato a cooperare alla rilevazione delle onde gravitazionali e il 14 settembre 2015 il primo dei due ha registrato dei dati anomali, per una durata totale di 10 millesimi di secondo.
In seguito alle verifiche del caso e dopo mesi di rumors, ieri, 11 febbraio 2016, i team di ricerca statunitense ed italiano, con due conferenze stampa simultanee, hanno annunciato che le anomalie in questione erano causate dell’intercettazione di onde gravitazionali emesse da un sistema binario di buchi neri in collisione. I due buchi neri, che avevano una massa di 29 e 36 volte quella del Sole, collidendo hanno formato un unico buco nero di 62 masse solari. Le 3 masse solari mancanti si sono propagate nello spazio tempo sotto forma radiazioni gravitazionali. Paper peer-reviewed allegato e pubblicato su Physical Review Letters.
L’Advanced LIGO è un interferometro di Michelson potenziato, composto da due tubi di 4 km ciascuno disposti perpendicolarmente, nei quali vengono deviati due fasci di un raggio laser splittato. In condizioni normali il raggio laser compie lo stesso percorso in entrambe le direzioni. Il sistema di rilevamento di Advanced LIGO include delle cavità ottiche posizionate all’interno dei tubi che amplificano l’effetto dell’onda gravitazionale sul fascio luminoso, oltre ad una serie di strumenti che minimizzano le interferenze e ottimizzando i dati in uscita.
Semplificando, quando un’onda gravitazionale passa attraverso il rilevatore si crea un’increspatura dello spazio tempo tale che la rilevazione della distanza percorsa dal raggio laser all’interno dei tubi è differente. Attraverso queste misurazioni si sono ottenute l’ampiezza e la frequenza dell’onda gravitazionale emessa dai buchi neri e, confrontando le misurazioni con i valori ipotizzati dal modello della Relatività Generale per un sistema binario di buchi neri delle dimensioni di quello in questione, ogni dubbio si è dissolto: gli uomini dell’Advanced LIGO erano i primi cacciatori di onde gravitazionali ad aver avuto successo.
La teoria della Relatività sostiene che prima del Big Bang, le quattro forze fondamentali (nucleare debole, nucleare forte, elettromagnetica e gravitazionale) fossero concentrate in un unico punto adimensionale, detto di singolarità gravitazionale, in cui la forza gravitazionale tendeva all’infinito. Negli stadi successivi di formazione dell’Universo queste forze si sono separate, innescando i processi che hanno portato alla formazione della materia per com’è ora, o quasi.
Siamo ben lontani dalla formulazione di una teoria unificatrice che spieghi come la Relatività Generale abbia interagito con i fenomeni subatomici descritti dalla meccanica quantistica nei primi istanti di vita dell’Universo, ma lo studio delle onde gravitazionali, unito alle ricerche sul Modello Standard, potrebbero aiutarci a capirne qualcosa in più.
Capito?
Coraggio, dai.