Nel 2015 la Squadra Omega riuscì a pubblicare ben tre album: una sonorizzazione di un film sperimentale, un mini-album dall’incedere caotico free jazz, e un ambizioso doppio LP costruito come un caleidoscopio psichedelico, tra cavalcate elettriche, sonar galattici e momenti di contemplazione acustica. C’era materiale per prendersi una pausa molto più lunga, ma invece soltanto due anni dopo eccoli ad annunciare il primo di (almeno) due album che pubblicheranno quest’anno.
Si tratta di Materia Oscura, stampato da quella che in poche uscite ha già raggiunto a grandi balzi il podio delle etichette di musica sperimentale in Italia, Grandangolo—divisione di Soave curata da Donato Epiro. Il disco sorprende per il suo approccio diretto: tre brani, due sul lato A e una composizione più lunga che prende tutto il lato B. Quando pubblichi un album impostato in questo modo, c’è poco spazio per parti che non convincono o “filler”, e infatti Materia Oscura è un unico blocco iscritto da cui è impossibile staccarsi finché non lo si è decifrato.
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Si parte con “Massa Mancante”, un pezzo costruito sui segnali spaziali di synth analogici appoggiati su un basso saltellante e una batteria motorik—ma occhio, non intendo una di quelle cose telefonatissime e noiose in cui non succede nulla, nei sei minuti della canzone c’è tempo per un guizzo e un cambio di marcia dal sapore afroelettronico che non può passare inosservato. A questo segue “Mondo-Brana”, il brano centrale del disco e forse il più interessante perché completamente nuovo nel mondo Omega. Si tratta di una suite dai forti toni prog, con un tema portante che viene sciolto più volte nell’acido, trasfigurando prima in un twang morriconiano supportato da droni indianeggianti, poi in un’esplosione cosmic jazz atonale dal crescendo vorticoso—decisamente una Squadra come non l’avete mai sentita.
Chiudono l’album i diciotto minuti di “Le Oscillazioni dell’Universo Giovane”, brano descritto alla perfezione dal proprio stesso titolo, una progressione caotica che mette insieme squilli free jazz, oscillazioni elettroniche e arpeggi acustici in una vera propria danza intergalattica alla fine della quale ho sentito il bisogno di ricominciare immediatamente da capo.
Ho scritto al gruppo per parlare un po’ di questo nuovo album, di spazio profondo e di improvvisazione. Qua sotto puoi ascoltare l’album in streaming e leggere le risposte del nucleo centrale della Squadra, OmegaMatt e OmegaG8.
Materia Oscura esce il 16 giugno per Grandangolo, pre-ordinalo su Bandcamp.
La Squadra Omega presenterà l’album dal vivo sabato 3 giugno a Zuma, il festival psichedelico più intergalattico di questa stagione. Maggiori informazioni su Facebook.
Noisey: Recentemente ripensavo ai primi tempi della Squadra, quando era facile vedervi suonare con formazioni che arrivavano a sette o otto elementi; già da diversi anni non capita più di vedervi in situazioni estreme come quelle, ma quasi sempre in tre. Cosa vi a spinti a ridurre l’organico? Non vi manca un po’ il caos?
OmegaMatt: Sinceramente sì, anche se improvvisare in molti diventa a volte molto complicato. Poi per motivi organizzativi è spesso difficile muoversi in tanti. In ogni caso la formazione rimane e rimarrà sempre aperta e spero si ampli molto presto.
OmegaG8: La Squadra è nata quasi per caso e si è sviluppata in maniera naturale, le formazioni sono variate e varieranno ancora, dal vivo certamente in tre è più semplice organizzarsi e da qualche anno ci siamo mossi così, qualche volta con ospiti. Comunque che io ricordi abbiamo suonato in sette una volta sola, a Venezia, poi per un periodo in cinque (due batterie e sax solista) e poi in quattro e quindi in tre e qualche volta in due. Prometto che non diventeremo mai una one man band, questa è l’unica certezza sulla formazione.
Sono sempre stato molto affascinato dalla pratica dell’improvvisazione, tanto per cominciare perché mi piace l’idea delle opere d’arte irriproducibili, e poi perché credo che praticandola abbastanza a lungo possa aiutare a superare insicurezze e “blocchi artistici”; ma non solo, penso che aiuti a conoscere se stessi e raggiungere uno stato di consapevolezza superiore e, perché no, di pace. Come la vedete voi? Quando avete avuto l’idea di creare un gruppo di improvvisazione, che cosa vi aspettavate e che cosa invece avete trovato?
OM: Condivido in pieno la definizione di Alvin Curran: Improvisation is the art of becoming sound. It is the only art in which a human being can and must become the music he or she is making. It is the art of constant, attentive and dangerous living in every moment. It is the art of stepping outside of time, disappearing in it, becoming it. It is both the fine art of listening and responding and the more refined art of silence. It is the only musical art where the entire “score” is merely the self and the others, and the space and moment where and when this happens. Improvisation is the only musical art which is predicated entirely on human trust and love.
Inoltre credo che soprattutto in questo periodo “storico” sia importante che la musica ritrovi freschezza e una certa immediatezza. Improvvisare, come dicevi giustamente tu, ti permette di liberarti da certi blocchi e costrizioni siano essi di genere, forma, struttura e quindi di essere trasversale più aperto ad abbracciare le influenze più distanti, ti obbliga a “osare”. Poi il rovescio della medaglia è che tra le infinite varianti che offre l’improvvisazione non tutte funzionano, anzi. Per dirla più terra terra è molto facile fare schifo al cazzo improvvisando! Purtroppo nonostante suoniamo insieme da ormai 8 anni molta gente non ha ancora capito che improvvisiamo, o semplicemente non ne tengono conto.
OG: Personalmente da più di qualche anno ho trovato l’approccio improvvisativo congeniale al mio modo di esprimermi con la musica, mi ha sempre affascinato il rischio dell’errore, l’incertezza, il perdere il bandolo della matassa e poi ritrovarlo, lo stupirmi per un input inaspettato, queste cose qui. Rispecchia una parte dei miei processi mentali, probabilmente.
In Pierre Menard, autore del Chisciotte, Jorge Luis Borges racconta di un autore che tenta disperatamente di riscrivere Don Chisciotte parola per parola, ma più che copiare il testo, la sua ossessione lo fa desiderare di diventare Cervantes e ri-concepire la stessa storia. Da esperti di musica e collezionisti di dischi (e anche fanatici di Borges, stando a titoli come “Le Rovine Circolari”), avete mai provato un’ossessione simile? Qual è il vostro album-Don Chisciotte?
OM: Potrei dire un qualsiasi disco di Davis elettrico o Soft Machine 3, ma non è quello il nostro intento.
OG: Red dei King Crimson, ma solo una volta ogni tanto.
Parlando di Materia Oscura, che cosa vi ha spinti verso la tematica spaziale evocata da titoli e copertina? È una suggestione nata dal riascolto delle sessioni o vi siete detti “registriamo qualcosa di cosmico”? O non c’entra niente?
OM: I titoli dei nostri dischi vengono scelti alla fine, quando sono pronti, registrati e mixati. Usare il tema materia oscura non è tanto una scelta da immaginario space/cosmic, o almeno lo è solo in parte. L’idea più affascinante è il concetto che questa materia oscura c’è ma non è visibile ai nostri occhi. Il 90% della materia che compone l’universo non si trova, non si può vedere. Inoltre abbiamo optato per una grafica minimale (di Legno) piuttosto che per una più stereotipata immagine space psych acida che direi anche basta.
OG: Non siamo partiti con un’idea di base, non lo abbiamo mai fatto (escluso Lost Coast). La tematica spaziale, seppure inflazionata e per certi aspetti banale, ci affascinava. Siamo accaniti lettori di fantascienza, io sono astrofilo incallito, siamo cresciuti ascoltando kosmische musik, insomma ad un certo punto non potevamo esimerci dal dire la nostra.
In “Mondo-Brana” si nota un deciso cambio di marcia in direzione di un jazz-rock più inquadrato rispetto ai vostri “viaggi” passati; inoltre avete già lavorato alla produzione in modo più creativo per canzoni come “Il Grande Idolo”. Ci sono delle vere e proprie composizioni nel futuro della Squadra Omega?
OG: Vedremo, qui ogni settimana cambia il vento. Personalmente non sono assolutamente interessato alla forma canzone, almeno per Squadra Omega, però mettere dei paletti attorno a cui muoversi è interessante e utile. Anni fa ci dicevamo che ci sarebbe piaciuto avere un certo numero di temi da cui “pescare” durante i concerti, a seconda della situazione. Non ci siamo mai riusciti veramente. “Mondo-Brana” l’abbiamo pensata anche in quest’ottica, poi ci siamo accorti che dal vivo rischiavamo di perdere un po in spontaneità e naturalezza , magari provando un po’ di più ce la potremmo anche fare.
OM: In “Mondo-Brana” abbiamo provato a “riscrivere” alla nostra maniera un tema canterburiano (anche se poi tutto il resto è improvvisato) ma è un’eccezione alla regola. Non vogliamo fare brani scritti, al massimo un tema come in questo caso, preferiamo suonare liberamente e al massimo lavorare in studio editando assieme session diverse, ad esempio (come su “Mondo-Brana” appunto). Altra nostra regola fondamentale è quella di cercare di ripeterci il meno possibile e di provare soluzioni diverse in ogni disco. Materia Oscura è molto più prodotto e lavorato, quasi orecchiabile, se paragonato a Nervoso, che sta per uscire quasi in contemporanea su Holidays. Il prossimo sarà, molto probabilmente, completamente elettronico e quello dopo completamente acustico.