I rom fermati ad Amatrice e scambiati per sciacalli

Nel pomeriggio dello scorso 29 agosto, a pochi giorni dal terremoto che aveva colpito il centro Italia, una pattuglia dei carabinieri ha fermato nei pressi di Amatrice una coppia—con un bambino di sette anni al seguito—a bordo di una Volskwagen con targa tedesca. Dopo una breve perlustrazione dell’auto, le forze dell’ordine hanno ritrovato vestiti, “oggetti domestici”, 300 euro, una pistola giocattolo senza il tappo rosso e “alcuni arnesi da scasso.” I due soggetti, di etnia rom, sarebbero stati anche “gravati da numerosi precedenti penali.”

Insomma, c’erano pochi dubbi: era il perfetto profilo di due sciacalli. Le forze dell’ordine, di conseguenza, li hanno arrestati, e il bambino è stato affidato ai servizi sociali.

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In quei giorni i media hanno riportato la notizia e citato i brani del verbale dei carabinieri, ma è stato Matteo Salvini a dare il meglio di sé, scatenando la pubblica gogna sulla sua pagina Facebook, pubblicando il video dell’arresto, e scrivendo: “Pare si fingessero “turisti sfollati”… VERGOGNATEVI, FATE SCHIFO!!!”

I commenti sotto al post non sono stati particolarmente delicati. “Li impiccherei subito,” ha scritto un utente. “DUE COLPI DI PISTOLA: PROBLEMA RISOLTO. E senza perdere tempo col processo,” ha aggiunto un altro. “Corte marziale e fucilazione,” ha chiosato un altro ancora. Poi, riposte le invocazioni di morte e passata l’ondata di indignazione, la storia è caduta nel dimenticatoio. Ed è esattamente in quel momento che tutto ha preso una piega clamorosamente diversa.

Al processo per direttissima che si è tenuto qualche giorno dopo in condizioni non facili—i due, difesi dal presidente dell’ordine degli avvocati di Rieti Luca Conti, non parlano l’italiano—il quadro è completamente cambiato.

Anzitutto, si viene a sapere che Ion e Letizia (questi i nomi delle persone fermate) sono i nonni del bambino che era con loro. Sostengono di essersi trovati lì per caso, mentre erano diretti verso Roma a incontrare dei parenti, e nessuno dei due ha precedenti penali. L’arresto è avvenuto lungo la strada regionale 577, ossia in un luogo lontano dai centri abitati dove si sarebbero tenuti i furti. Gli arnesi da scasso, invece, sono il kit di soccorso che c’è in ogni macchina. L’arma è una pistola giocattolo. Per quanto riguarda la “refurtiva,” infine, si tratta di materiale che serve soprattutto a dormire (un materasso, delle coperte, dei cuscini) e di valore praticamente inesistente.

Ma c’è di più: una volta scarcerati i due non sono riusciti a recuperare il nipote, che nel frattempo era stato sistemato in una comunità di Rieti, poi in una casa famiglia di Acilia. I genitori naturali sono arrivati subito in Italia e hanno presentato istanza per riavere il figlio, come ha spiegato il loro avvocato Cristian Todini, ma tra una complicanza burocratica e l’altra sono riusciti a vederlo solo una volta, il 23 settembre.

Per quanto peculiare, questa vicenda non è l’unica del suo genere. Dopo ogni sisma si scatena la caccia allo sciacallo, vero o presunto tale che sia. A sole 24 ore di distanza dal terremoto, ad esempio, Il Giornale—in un articolo intitolato “Sciacalli maledetti, stanno già rubando tutto”—narrava dell’arresto di “tre persone, fra cui un nomade.”

La Questura di Rieti era dovuta intervenire per placare gli animi, definendo “prive di ogni fondamento” queste notizie e ribadendo che “sentite anche le altre forze di polizia, non risulta alcun episodio di illegittima introduzione di persone nelle abitazioni evacuate, tantomeno di furti perpetrati.” Ci sono anche stati altri casi simili—sempre ampiamente evidenziati dai media, almeno nel loro stadio iniziale—come quello dei due volontari di Platì (Calabria) scambiati per sciacalli, o come quello dell’inseguimento da parte dei carabinieri di un furgone che in realtà trasportava una salma.

Chiaramente, da un lato è normale che ci sia un certo grado di preoccupazione e fobia intorno a fenomeni di sciacallaggio—che comunque accadono sul serio, e che sono comportamenti umani particolarmente odiosi e ripugnanti.

Dall’altro lato, però, l’allarmismo crea un clima in cui è necessario trovare un capro espiatorio, e questo comporta delle vittime collaterali. Come i due nonni e il loro nipote, diventati loro malgrado degli inconsapevoli untori contemporanei.

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