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La storia di “Tutti pazzi” dei Negazione

Molto spesso la gente comune pensa che mettere su una band sia un passatempo: caruccio ma inutile, seguito da urla come “andate a lavorare”. Soprattutto di questi tempi in cui l’ignoranza è abissale e i ragazzini preferiscono i microfoni e le basi prefabbricate su internet alle chitarre elettriche, l’idea che qualcuno possa cambiare la propria vita perdendo l’udito in una saletta è una follia. Mettete la testa a posto, fate i figli piuttosto che un disco, mettete su famiglia invece di un’etichetta: al massimo se popo popo volete suonare, mettetevi a fare trap o Itpop (ovviamente nel modo più banale possibile, così forse riempite gli stadi).

Ecco, i Negazione sono uno di quei gruppi figli del ruggire degli amplificatori degli anni ottanta che li ha resi una leggenda internazionale dell’hardcore italiano. Sono nati per esigenze esistenziali prima di tutto: suonare li ha salvati da un destino grigio spalancandogli invece le porte delle possibilità. Il loro esempio è stato virale Tanto che io, in prima liceo, li conobbi con Tutti pazzi, che il mio compagno di banco cantava a ripetizione. All’epoca non ascoltavo hardcore, semmai ero già al thrash metal, ma quella canzone mi fece recuperare il tempo perduto. E fu così che mi trovai nel pieno degli anni novanta a bazzicare la scena e torturare strumenti.

Magie delle porte della possibilità, per l’appunto; l’ex batterista storico dei Negazione, Michele Barone, grazie a loro si è innamorato di Berlino. È lì che abita ancor prima della caduta del muro, che ha vissuto in diretta. In occasione dell’uscita della seconda ristampa di Tutti pazzi e relativa presentazione/tributo in grande stile al Forte Prenestino di Roma, ho pensato a un’intervista incrociata fra la Germania e l’Italia con due grandi anime dei Negazione. Da una parte Barone, che sono andato personalmente a trovare nel suo “casato” in zona Kottbusser Tor davanti ad una lasagna autoprodotta; dall’altra lo storico cantante e, diciamolo, poeta Zazzo, vivente e operante a Torino, sempre attivo nel mondo dei dischi, che ha risposto celermente alle mie domande via Facebook.

Due stili diversi i loro: Barone risponde in maniera dettagliata, un fiume di parole e di aneddoti. Zazzo invece è più diretto, sintetico e chirurgico ma non per questo meno passionale, un po’ come i suoi grandi testi regalati ai Negazione. La band era anche e soprattutto questo: un potente assembramento d’individui peculiarissimi. Ascoltiamo quindi dalle loro parole cosa bolle in pentola.

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Se non hai mai ascoltato Tutti pazzi, fallo ora cliccando qua sopra.

Noisey: Partiamo con la prima domanda: quali gruppi parteciperanno a questa kermesse?
Barox: Fra i più conosciuti ci sono i Senzabenza, band storica degli anni Novanta. I Wendy, i Tutti Felici, il gruppo che ho messo su io per l’occasione che in realtà è una sorta di reunion tra amici che si conoscono da più di trent’anni. In tre facciamo circa 160 anni di storia punk! Per fortuna che c’è un ragazzetto che canta che un attimino equilibra l’età. Poi ci saranno i Maximillian I°, con i quali farò una versione space noise di Tutti pazzi. Ci sarà anche Mario Spesso, grandissimo personaggio torinese, anche lui del giro hardcore degli anni Ottanta. Porterà una mostra di memorabilia dell’epoca: manifesti, flyer, dischi, foto e via dicendo. E poi Ilaria Beltramme che farà un reading del racconto Bernocchi punk del collettivo di Ostia Territorio Narrante.

Com’è nata l’idea della ristampa di Tutti pazzi? Nel cofanetto contenente la vostra discografia completa ce n’era già una. A che pro riproporla di nuovo?
Barox: L’idea della ristampa girava da un po’ di anni. Abbiamo cominciato a parlarne io e Dario di Goodwill, un’etichetta specializzata in ristampe di gruppi HC anni Ottanta. Però non si era riusciti a trovare la quadra. Se devo essere sincero, non sapevo nulla del cofanetto con tutte le nostre ristampe. L’ho scoperto per caso. È stato curato dalla Contempo, storica etichetta fiorentina che allo stesso tempo è anche un negozio di dischi. Però visto che noi eravamo già in trattativa da molto prima, alla fine abbiamo trovato con i ragazzi dei Negazione una formula per proporre quest’altra ristampa.
Zazzo: Sì, la ristampa in realtà è una vecchia proposta di Michele. Quando l’anno scorso si è sviluppata l’idea di ristampare tutto il nostro materiale, partendo dal cofanetto, abbiamo recuperato anche questa visto che Michele, oltretutto, era stato uno dei fautori di quel disco. Inoltre so quanto sia ricercato (e costoso) quel pezzo, quindi era anche dare un’occasione in più a chi voleva avere solo ed esclusivamente quell’EP.
Barox: Lo abbiamo fatto anche per andare un po’ contro il mercato del collezionismo. Se vai a guardare su i vari siti tipo Discogs o eBay, vedrai che l’originale è quotato più di cento euro. Credo che dare la possibilità di comprare un disco che, a parer mio, è un po’ la pietra miliare della discografia del gruppo a una cifra onestissima sia stata una grande operazione. Ho notato una risposta ad ogni modo forte. Non credo che sia stata una casualità che nel giro di due o tre mesi abbiamo terminato le copie della ristampa. Chiaro, parliamo sempre di cifre abbastanza piccole. Però è anche una soddisfazione vedere un riscontro da parte delle nuove generazioni. Credevo che facendo questa roba qui venissero all’evento i dinosauri, miei coetanei che per una serie di motivi, magari avendo già l’originale consumato, vogliono assolutamente la ristampa. E invece.

Pensate che Tutti pazzi possa ancora rappresentare la freschezza incazzata della gioventù? Perché quello è stato un periodo molto particolare in cui voi vi siete non solo formati come persone, ma avete trovato l’unico modo, in quanto giovani del periodo, di dire qualcosa di importante ad alta voce.
Barox: Credo che il disco sia invecchiato bene. Erano quindici anni che non rileggevo i suoi testi e dovendo riguardarli in maniera dettagliata per la ristampa mi sono reso conto che un paio sono ancora attuali, nonostante il discorso sia molto anni Ottanta. Non vedo perché le nuove generazioni non dovrebbero identificarsi con quei contenuti. A parte il lato musicale, per cui comunque i Negazione come gran parte della scena HC italiana del periodo ha fatto scuola. Non mi sembra sia cambiato molto da allora, anzi. Secondo me la situazione è peggiorata. L’Italia è un paese in cui si tende a tornare indietro piuttosto che andare avanti. Non è una situazione di cui stare allegri, e noi all’epoca esprimevamo esattamente questo sentimento.

Zazzo: A giudicare dalla popolarità che ha ancora oggi, direi di si. Mi è capitato di sentire dischi dei più disparati generi, vecchi di trenta o quarant’anni, ma ancora attualissimi se non dal punto di vista musicale almeno da quello dei testi. Probabilmente il fatto di non utilizzare slogan o frasi fatte rende un testo attuale anche a distanza di tempo. Ma allora per noi era una scelta immediata e consapevole, quasi naturale e non certo per il futuro.

Il retro di Tutti pazzi.

Quanto c’è stata la prima presentazione al Fanfulla a Roma, si è potuto ascoltare interpretazioni dei brani del 7″ a cura di svariati artisti che bazzicano generi diversissimi dall’hardcore dei Negazione. In realtà quindi era uno stile che riassumeva altre cose, influenzato da altri generi quali il funk, il soul, per fare un esempio.
Barox: Probabilmente era così. Tutti pazzi a parte la velocità e le chitarre distorte ha una base chiaramente funky, ma de che stiamo a parlà? Io ero completamente autodidatta, anche se poi effettivamente ero figlio d’arte perché mio padre suona la batteria. Il groove è sempre stato una caratteristica di famiglia. A quanto pare però Fabrizio, il batterista che mi ha sostituito, nel primo periodo ha avuto seri problemi a suonare quei pezzi. E ricordo che Tax, il chitarrista che era anche un po’ l’esecutore e il produttore delle musiche, all’epoca ascoltava già il primo rap. Avevo e avevamo un’idea della musica abbastanza ampia rispetto a quello che si ascoltava in quei giorni. Sai, il classico pezzo hardcore con due giri e basta!
Zazzo: In realtà all’inizio eravamo totalmente immersi nei suoni HC e punk. O almeno, erano i nostri ascolti preferiti. Nel tempo avremmo poi anche spostato la nostra attenzione su altre cose, trasformando musica e non solo con il passare degli anni. Il metal, il primo rap, il garage… Però l’idea che l’espressione di un gruppo sia il risultato di ciò che ascolta alla fine credo sia la lettura più giusta.

Invece a livello di gruppi hardcore veri e propri quali erano le vostre influenze?
Barox: Senza dubbio l’hardcore americano. Minor Threat, Black Flag, D.R.I., Hüsker Dü.
Zazzo: Black Flag, Circle Jerks, DOA, Faith, Void. I nomi sono noti ancora oggi. Particolare attenzione la dedicavamo all’HC di altri paesi. Tax aveva una rete di contatti molto fitta e spesso gli arrivavano dischi e cassette dai posti più sperduti. Finlandia, Brasile, Sudafrica, Giappone.

in autostop.

Raccontatemi un po’ del vostro primo tour europeo. Si parla di un leggendario Interrail.
Barox: il tour fu un’esperienza abbastanza importante per quanto mi riguarda. Siamo andati in tour utilizzando l’Interrail, quindi abbiamo avuto un mese di tempo per fare queste quattro o cinque date, non ricordo benissimo. Furono due a Berlino, una in un centro giovanile a Bielefeld, poi in Danimarca ad Horus e a Rotterdam. La cosa assurda è che io avevo appuntamento a Berlino con i Kina. Non so perché, ho deciso di partire prima. Io e un amico, io con i capelli rosa, tutto stracciato, l’altro con una cresta. È stata un’odissea arrivare a Berlino, ci abbiamo impiegato tipo tre giorni. Alla fine arriviamo a Kreuzberg, dove facevano base anche i Kina, e a me mi si è aperto un mondo. Arrivavo da una Torino che era di una repressione e depressione unica. Stiamo parlando di un periodo appena successivo a tutto quello che aveva a che fare col terrorismo. La polizia era abbastanza pesante con tutto quello che era un po’ diverso. Venivi preso di mira e non ti lasciavano vivere. Era una città definita dalla FIAT, non c’era assolutamente nulla. Eravamo quattro ragazzetti, ci trovavamo in piazza, provavamo nelle cantine e ogni tanto capitava di organizzare concerti in questi centri d’incontro. Mi ritrovo a Berlino ed è una botta di colori, esplosioni di creatività. Il bastione delle case occupate a livello mondiale. Punk da tutte le parti, concerti come se non ci fosse un domani.

Deve essere stato una sorta di shock per te, in senso positivo.
Barox : Sì, certo. Comunque, dopo dieci giorni vado in treno a Bielefeld, raggiungo gli altri per suonare. Eravamo noi, i Declino, i Disorder e un gruppo svedese. Erano saliti punk da Milano e altri del giro toscano, e qualcuno sfonda il distributore di sigarette e le distribuisce in giro fra i punk. Arriva la polizia, partono gli scontri, si chiudono le porte, la polizia non entra, riusciamo a suonare. Da quel momento li siamo stati marcati dalla polizia, infatti il giorno dopo ci hanno scortati in massa per andare a Hannover. E lì un casino della madonna.

Non c’era nulla di autorizzato. C’era questa sorta d’incontro tra i punk che arrivavano dalla Germania e dal nord Europa, ma anche i nazi si erano dati appuntamento a Hannover. A un certo punto non si è capito più nulla. Scontri con la polizia, scontri con i nazi, arrestano Marco Mathieu dei Negazione, arrestano un altro tipo di Milano, si cancella il concerto ed io me ne torno a Berlino. Scarcerato Marco, che è rimasto una notte in cella, si riparte. Eravamo a Brema e dovevamo prendere la coincidenza per andare in Danimarca. Entriamo nel bar della stazione.

E che succede?
Barox: Non che fossimo così appariscenti: chiodi, giacche di pelle, pantaloni un po’ stracciati, niente di che. All’epoca non parlavo ancora tedesco, questa signora ci fa “Raus!” Era chiaro: “andatevene”. Ma non si era capito il perché. E allora Marco la manda affanculo in italiano. Questa non capisce ma evidentemente coglie l’intenzione dal tono, quindi chiama la polizia, che arriva e ci caccia. Poi siamo riusciti ad arrivare in Danimarca senza problemi. Fu una bella avventura.
Zazzo: Non fu nemmeno un vero e proprio tour. Quattro date fissate e in mezzo un giro per l’Europa in treno. Ma fu la scintilla che fece partire tutto, perché da lì iniziammo a stringere amicizie e prendere contatti che, nel tempo, ci sarebbero serviti per girare mezza Europa e oltre.

Quando è iniziata esattamente la vostra militanza con i Negazione?
Zazzo: Ho iniziato i Negazione insieme a Marco. O meglio, cominciai a suonare con lui, una data unica a Genova con la nostra band di allora, gli Anti-stato. Subito dopo avvenne il contatto con Tax e Orlando, nostro primo batterista, entrambi provenienti dal 5° Braccio. Lì sono partiti, nel 1983, i Negazione come li avete conosciuti nei loro dieci anni di attività.
Barox: Io sono entrato nei Negazione un anno e mezzo prima di Tutti pazzi, quindi ho registrato uno split cassetta con i Declino. Per rimanere sul tema ecletticità: per un periodo c’è stata una drum machine al posto batterista. Chi è che usava le drum machine all’epoca? Forse solo l’italo disco, oppure l’elettronica di quel periodo.

Dopo l’hanno usata i CCCP, ma era già tardi. Addirittura quindi la usavate prima degli Slayer, che la vedono in formazione per i demo della Def Jam del 1985. O prima dei Big Black.
Barox: Durò poco, forse un concerto o due. Ma era comunque una cosa innovativa se pensi alle formazioni hardcore del periodo. Poi sono entrato io. A sostituire una drum machine. Forse è stato un segno del destino rispetto a quello che ho fatto dopo.

Dove è stato registrato Tutti pazzi, e come?
Zazzo: Lo registrammo a qualche chilometro da Torino, in campagna, nello studio dell’ex tastierista degli Arti e Mestieri, jazz-prog band degli anni Settanta. Ovviamente riuscire a spiegare le sonorità del HC punk ad un musicista che veniva da quell’esperienza non era cosa semplice. Provammo una sorta di produzione con Syd, voce dei CCM, che fallì per problemi più che altro logistici e temporali. I soldi eran pochi, ovviamente. Il tempo ancor meno. Passammo una notte intera a casa mia con Dumbo (Dee Mo, poi conosciuto come Speaker Dee’Mo) che ci curò la grafica, per riuscire a portare a termine la realizzazione della cover. Non fu semplice, ma ce l’abbiamo fatta.
Barox: Lo studio era così comodo che ero riuscito pure ad addormentarmi sul divano mentre gli altri ci davano sotto con le schitarrate!

Il volantino e il testo all’interno di Tutti pazzi.

Tutti pazzi è stato, oltre che un disco epocale, una tappa fondamentale della vostra storia individuale.
Barox: Grazie a questo disco sono arrivato a Berlino, e a distanza di venticinque anni ci vivo ancora. È un collegamento fra il passato e il presente, anche se ora magari non posso dire che mi riconosco completamente con quel genere musicale. È stato parte della mia storia, però ora propongo cose piuttosto diverse. Per una serie di motivi ho deciso di andarmene dai Negazione, senza traumi. Siamo rimasti in buoni rapporti. Volevo fare altro.
Zazzo: Avere fra le mani un prodotto—brutta parola, ma è per rendere l’idea—realizzato da te, dentro al quale ci sono le tue parole, le tue emozioni, i tuoi pensieri e la tua musica allora sembrava al tempo stesso un punto di arrivo e di partenza. E così è stato. Scrissi tutta la parte interna, quella che sta nel poster-copertina, mettendoci dentro quello che passavo e passavamo nella nostra città e nella nostra vita di diciottenni incazzati, circondati da una società molto diversa da quella che ci sta attorno oggi. Ma anche molto simile.

A proposito dei testi, all’interno nel disco è riportata una stesura di “Tutti pazzi” diversa da quella poi incisa. C’è una parte che poi è stata omessa in cui si parla di computer che cancellano cuori. Una roba molto cyberpunk, molto attuale. Come mai non fu cantata quella riga?
Barox: Credo che il testo si riferisca più che altro a un controllo globale. Chiaramente non c’è solo il discorso sulla tecnologia ma anche quello delle telecamere.
Zazzo: Questi sono i momenti in cui la memoria mi abbandona. Penso sia stata semplicemente un’esigenza di pezzo, metrica o quant’altro. O più semplicemente una dimenticanza. Registrai il pezzo così e così rimase.

I Negazione sono stati pionieri anche rispetto al noise o ad altre musiche estreme che sarebbero venute. Ritengo che diversi gruppi giapponesi vi abbiano rubato molto. Eravate coscienti di fare qualcosa d’innovativo o non ve ne fregava nulla?
Barox: Credi sia esagerato dire che sicuramente abbiamo scritto una pagina della storia della musica underground italiana? Quello che è ancora estremamente attuale a distanza di anni è l’attitudine do it yourself, che è fondamentale. Fondamentalmente i Negazione hanno lasciato l’idea che quattro ragazzi si possono inventare pseudomusicisti e scrivere una pagina della storia non indifferente. Magari più nel primo periodo, senza scendere tanto a compromessi, il che non è una cattiva cosa.
Per questo noi abbiamo deciso di riproporre la copertina di Tutti pazzi esattamente come l’originale. Nel cofanetto hanno cancellato la scritta “non pagare più di duemila lire” e tutta la parte interna in cui ci sono tutti gli indirizzi dell’epoca, sostituendoli con una foto. Io invece credo che una ristampa debba essere identica all’originale. La grafica della cassetta all’epoca era fatta tutta a mano, copy and paste del periodo, si passavano le ore nella copisteria ad assemblare e via dicendo. Puro artigianato DIY. All’epoca a Torino o ti facevi di eroina o facevi altro, dovevi fare altro. Nel nostro caso fortunatamente abbiamo scelto di far musica. Con tutti i limiti, perché eravamo gente che non aveva studiato, non era andata al conservatorio. Ma c’era comunque un approccio forte. E non è un caso che la gente ancora si ricorda dei Negazione.
Zazzo: Nel momento in cui suoni non ti preoccupi molto se stai influenzando qualcuno o meno. Il mondo degli anni Ottanta era tutt’altra cosa. Network costruiti con posta e telefono, possibilmente a scrocco. Oggi siamo molto più consapevoli di aver lasciato un segno. Di recente ho visto alcuni gruppi giapponesi rifare pezzi dell’HC italiano. So che per loro, al di là del punk, la cultura italiana è molto importante e seguita. È bello sapere che hai sparso un po’ del tuo messaggio in giro per il mondo. È un’eredità, spero, di modo e attitudine, più che musicale e lirica. Un approccio alle cose della vita, prima di tutto. Anche se principalmente siamo stati un gruppo che suonava, faceva dischi e concerti e scriveva testi.

Pensate che Bandcamp, Soundcloud e tutte queste piattaforme in cui la gente propone le proprie cose in massa, teoricamente prodotte in maniera indipendente, siano invece i nuovi padroni della musica? In un certo modo si delega ad altri la diffusione delle proprie opere d’ingegno.
Zazzo: La rete è così. Prendere o lasciare. Non vedo modalità alternative come allora potevano essere le autoproduzioni o le distribuzioni indipendenti. Qui esiste un mezzo, utile e pericoloso. O ne stai totalmente fuori o lo utilizzi. Compromessi di vita che si sono sempre fatti, a partire dal lavoro. Anche se ti produci tu, metti in rete tu, crei uno spazio/sito tuo, in qualche modo sei sempre in mani altrui, e la tentazione di scegliere canali popolari è sempre forte, per arrivare a più persone. Anche se dietro a tutto questo non c’è la logica del successo e del denaro.
Barox: Alla fine va anche bene che ci siano possibilità, piattaforme che danno delle chance alla qualunque per esprimersi. Credo che la qualità faccia la differenza, no? Se senti per duemila volte lo stesso genere o la stessa musica e lo stesso giro, la gente dopodomani si sarà dimenticata di te. Oltretutto, esiste ancora un circuito che si muove esternamente a quello mainstream. E continuerà a esserci.

Un pensiero va al grande Marco Mathieu, il basso pulsante dei Negazione.
Zazzo: Quello che è successo a Marco la scorsa estate è stato un trauma per tutti, in particolare per me e Tax. Ora lui è lì, c’è ma non c’è. Sta in un letto racchiuso in una vita/non-vita e nessuno di noi può fare qualcosa per cambiare questa situazione. Ovvio che la sua persona e la sua personalità è sempre con noi, in tutto quello che facciamo, e che ci riporta a quei dieci anni vissuti intensamente insieme. E ai successivi in cui poi ognuno ha intrapreso strade diverse, ma non ci siamo mai persi di vista. Anzi.
Barox: Anche se non si legge tra le righe, fondamentalmente la ristampa è pensata per lui. Almeno, per quanto mi riguarda è così.

Una cosa appare chiarissima : nonostante tutto e tutti, i Negazione sono ancora i Negazione. Un’entità che esiste al di là dei loro elementi, una roba di cuore e cervello che sembra non avere età e ostacoli che tengano. Insomma, anche se intorno a noi sono tutti pazzi, è proprio vero : “lo spirito continua”.

Demented è su Twitter: @DementedThement.

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