Quando si parla di arte contemporanea, ci si aspetta quasi sempre di ritrovarsi in ambienti istituzionalizzati come gallerie e musei, e davanti ad artefatti che risultano di difficile comprensione ai più e necessitano la mediazione di diversi “addetti ai lavori” per accedere al loro nebuloso statuto trascendente.
Non è esattamente questo che ci siamo trovati di fronte quando, nell’ambito del festival di arte Nexst a Torino, mi è stata presentata Sul caldo e sul freddo, opera che inaugura il progetto di ricerca HOME – Human Observation Meta Environment nato dalla collaborazione fra il Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio (DIST), PoliTo Green Team, UniTo Green Office and HER – Human Ecosystems Relazioni, e supportato dal progetto “URBE” – Understanding the Relationship Between Urban Form and Energy Consumption Through Behavioural Patterns, per esplorare la relazione fra architettura, tecnologia, dati e consumo energetico.
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L’installazione, ospitata nella cornice del Castello del Valentino consiste nella costruzione di un ambiente interattivo in cui dei sensori sensibili a parametri come il movimento, la qualità dell’aria, la temperatura, l’umidità, etc… collaborano con tecnologie smart e tecniche di machine learning per sviluppare un’interazione tra uomo e ambiente che strizzi l’occhio al risparmio energetico e sia attenta al comfort di chi lo abita.
Oltre ai sensori, l’opera presenta tre interfacce grafiche che mostrano, come su un tavolo operatorio, “cosa passa nella testa” di questo smart agent e un’interfaccia sonora che, per mezzo di messaggi vocali (“Dovrei abbassare la temperatura di un grado”, per esempio) e soundscape, interagisce con il fruitore.
L’opera, presentata solo per un giorno nell’ambito di ContemporaryART Torino Piemonte, segna anche l’avvio di HOME che, nei prossimi mesi, interesserà due aule, rispettivamente del Politecnico di Torino e del Campus Luigi Einaudi, nel tentativo di negoziare in maniera nuova e più sensibile i rapporti di studenti e insegnanti con gli spazi in cui si trovano a lavorare e vivere.
L’installazione consiste nella costruzione di un ambiente interattivo in cui dei sensori sensibili a parametri come il movimento, la qualità dell’aria, la temperatura, l’umidità.
Come ha sottolineato Oriana Persico durante la tavola rotonda che ha seguito la presentazione dell’opera, connotare Sul caldo e sul freddo come opera d’arte è innanzitutto un’operazione linguistica, un modo di narrare il ruolo delle tecnologie smart nei nostri rapporti con il reale che permetta di sollevare questioni importantissime, da una parte, per rimettere in discussione il ruolo dell’artista in una direzione che, per citare McLuhan (che a sua volta riprende W. Lewis) vede “l’artista è impegnato a scrivere una storia dettagliata del futuro, perché solo lui è in grado di vedere il presente”; dall’altra perché gli spazi e le narrazioni dell’opera d’arte permettono di problematizzare con più facilità e meno categorizzazioni le relazioni tra tecnologie, sociale e antropologico.
E sono proprio questi i temi che, al di là dell’obiettivo più immediato in termini di ecologia e comfort, l’opera vuole sollevare, senza cadere in quei cliché che demonizzano la tecnologia o, forse ancora peggio, la raccontano neutrale.
È proprio Salvatore Iaconesi a sottolineare infatti come la tecnologia e l’essere umano si influenzino vicendevolmente in maniere sempre e comunque connotate, in un circolo di azione e retro-azione continua. Ed è, secondo l’artista, agli scritti di Freud sulla telepatia che dovremmo guardare per cogliere una visione prospettica sui rapporti tra intelligenza artificiale e uomo. Sono queste le intuizioni che, insieme alle cosiddette soft skills, possono permettere una problematizzazione efficace della nostra identità e della nostra quotidianità, attraverso una negoziazione che si faccia davvero carico delle condizioni effettive (in qualsiasi ambito) in cui viviamo.
E, neanche a dirlo, tutto questo chiama in causa urgenti quanto complesse scelte politiche, ma anche la costruzione di una nuova sensibilità in merito alla quale l’arte ha davvero spazio di manovra.