Tutti parlano in pubblico—e, a volte, sembrano anche cavarsela bene. Parlano i politici davanti agli elettori, gli insegnanti in classe, gli attori in teatro. Ma parla, per vendere, il commesso dietro il banco di formaggi, l’addetta alle vendite di un negozio d’abbigliamento o l’esperta di digital marketing.
Cosa hanno quindi in comune i discorsi di tutti questi “oratori,” un classico TEDex o l’arringa della vicina di casa durante la riunione di condominio? Lo scopo, ovvero: convincere. Quando parliamo per comunicare le nostre idee, infatti, non ci limitiamo a descriverle—proviamo a persuadere i nostri ascoltatori.
Videos by VICE
La domanda a questo punto è: come facciamo ad essere convincenti davanti a un pubblico, piccolo o grande che sia, e come rispondere alle sue confutazioni?
Attingendo dalla mia professione di logica, e con l’aiuto di Gaia Nanni, attrice ed esperta di linguaggio, in questo articolo troverete alcuni consigli per parlare in pubblico in maniera convincente.
È davvero così importante il linguaggio del corpo? Non so mai dove mettere le mani
Mentre pensiamo e veicoliamo il contenuto di un nostro discorso, dovremmo prendere sempre in considerazione anche altri aspetti che, come postulato dalla teoria di Mehrabian e successive, contribuiscono alla sua efficacia comunicativa. Questi altri aspetti sono: paraverbali (tono, velocità e ritmo della voce, che vedremo nel paragrafo successivo) e non verbali (ovvero gestuali e posturali).
Tra questi, rientrano lo sguardo fisso il più possibile sull’interlocutore, una postura convincente e, per l’appunto, un buon utilizzo delle mani. Ma questo significa usarle, usarle poco o per niente?
Spesso quando parliamo, anche inconsciamente, crediamo sia una buona idea limitarne tantissimo l’utilizzo: ci troviamo a giocare con il primo oggetto a portata di mano, a incrociare le braccia, nasconderle in tasca, “legarcele” con un filo immaginario.
“Possiamo decidere di accompagnare a una frase un certo tipo di gesto, che ci aiuti a rafforzare quello che stiamo dicendo,” spiega Nanni.
Stringendo il pugno comunicherai solidità, determinazione e fierezza, muovendo le mani orizzontalmente esprimerai invece una critica o una negazione (“adesso basta” o “questo è completamente sbagliato”), con l’indice potrai fare il punto su quello che stai dicendo, indicando persone, oggetti o luoghi vicini.
“Tuttavia, non consiglierei mai una partitura, per così dire, di gesti e movimenti impostati, perché questo potrebbe rappresentare un limite per la gestione del discorso e non più un vantaggio,” continua Nanni.
Come modulare la voce per essere efficaci
Dobbiamo alzare davvero tanto il tono della voce quando parliamo a un pubblico, o per farci ascoltare? Ovviamente no, possiamo aiutarci utilizzando il diaframma. Per semplificare un po’: più respireremo a lungo e ci “riempiremo d’aria,” più avremo la possibilità—aiutandoci anche con le corde vocali—di avere un tono profondo, solenne.
Ma attenzione, questo muscolo a forma di triangolo non serve a dare maggiore enfasi a quello che stiamo dicendo, bensì “ci permette una respirazione più profonda e una gestione del fiato più consapevole e rilassata, che ci permetterà di avere tre tipi di voci.” In ordine crescente: 1. “la voce di testa,” la più leggera, adatta ai discorsi euforici, per cui non hai tempo e necessità di “riempirti d’aria” 2. “la voce di petto”, la più facile e quotidiana; e infine 3. “la voce di pancia” relativa alla sfera dell’emotività, del sentimento e della drammaticità.
L’importante è non vergognarsi mai della nostra voce o fingere di averne una diversa. “La cosa che possiamo fare per conquistare il nostro pubblico, ad esempio in un passaggio più emotivo del nostro discorso (magari anche nella chiusura ad effetto), è quella di provare a parlare con la ‘pancia,’ per avere una maggiore efficacia. Negli altri casi, la mia voce è sempre la scelta migliore perché io sono tanto più credibile quanto più sono fedele alla mia natura autentica.”
Cosa devo dire nel mio discorso?
Indipendentemente dal messaggio, dovrai ricorrere all’assertività, ovvero alla tua capacità di mostrarti deciso, altrimenti darai l’impressione che anche tu sia poco convinto.
Quante volte, poi, abbiamo infatti sentito un discorso, anche fin troppo pieno di informazioni utili ma non sempre funzionali, che però sembrava non avere né capo né coda?
Eppure, la struttura non potrebbe essere più semplice: introduzione, narrazione, confutazione (ovvero la critica delle opinioni contrarie “qualcuno potrebbe a questo punto dire che…”) e, infine, conclusione. Sembrerà banale, ma molte volte non la rispettiamo, complice la furia o la fretta.
Come evito di ingarbugliarmi?
In logica, le fallacie sono argomentazioni false che possono ingannarci e sembrare vere. Imparare a riconoscerle ci dà un vantaggio non solo per poter costruire un discorso imbattibile, ma anche per screditare quello del nostro interlocutore.
Eccone alcune:
Generalizzazione indebita
Conosciuta anche come “fare di tutta l’erba un fascio.” Dove sta l’errore? Semplice, nel sostenere un’affermazione generale, a partire da un numero limitato di casi osservati. Ecco che, quindi, ci troviamo a sostenere che tutti gli inquilini del palazzo non fanno la raccolta differenziata solo perché ne abbiamo beccati un paio, o che tutti i giovani sono svogliati solo perché tuo cugino al liceo ha poca voglia di studiare le materie che non gli piacciono. O ancora: pensiamo a tutte le volte in cui abbiamo chiesto a un nostro amico che è stato all’estero com’erano gli abitanti della nazione in cui è stato.
Fallacia dell’aneddoto
Ah, quanto ci piace citare un aneddoto o un esempio isolato della nostra esperienza personale, per negare quello che sta dicendo il nostro interlocutore! Ne sono esempi i classici “mio nonno fumava 25 sigarette al giorno ed è vissuto fino a 97 anni,” “È impossibile che tu non lo sappia fare, io lo faccio in massimo dieci minuti”: insomma tutti quei casi in cui usiamo la nostra esperienza personale o un singolo evento, come prova assoluta di un’affermazione generale.
Post hoc ergo propter hoc
Benvenuti in una delle trappole mentali più frequenti: quella che ci induce a pensare che un evento B, che si verifica dopo un evento A, sia necessariamente causato da questo. Senza aver considerato ed escluso a priori tutti i possibili fattori che possono invece aver influito sull’evento B.
Fallacia dell’uomo di paglia
Questa è una strategia retorica per cui l’interlocutore confuta un argomento proponendone però una visione distorta ed esagerata. Non facciamo fatica a pensare a tutti quei politici che mettono in bocca all’avversario parole che non ha mai detto, con il solo scopo di criticare più facilmente la loro tesi.
Quindi, come evitare le fallacie? Non si può: bisogna piuttosto conoscerle, facendo attenzione a quello che diciamo e soprattutto, a quello che sentiamo dire. Controbattere con “questo lo stai dicendo tu, ma non vi è nessun dato a supporto” può essere un ottimo punto di partenza.
Se l’agitazione mi assale, come faccio?
Diciamolo subito: non servono a niente tutti quegli espedienti che abbiamo sentito dire, come, ad esempio, immaginare il pubblico nudo. Fai un respiro, non avere fretta. Sfrutta a pieno quelle compagne meravigliose che sono le pause—che non sono dei vuoti, ti aiutano a tirare il fiato, e a fare mente locale a ciò che dobbiamo dire immediatamente dopo.
Inoltre, riescono a dare enfasi e creare aspettative. “Se devo dire una frase molto importante, non può essere inserita all’interno di un corpo testo o di un discorso pronunciato in maniera veloce,” spiega ancora Nanni. “Dobbiamo farla precedere da una pausa, da un cambiamento di tono di voce, oppure da un gesto. Ecco perché non c’è mai un motivo per andare velocissimo quando si parla, o troppo lento: c’è solo un uso strategico delle pause che sono un grande strumento.”
Forse potrete pensare che questi consigli non tengano conto di tutti quei discorsi improvvisati che dobbiamo affrontare tutti i giorni, magari in un consiglio di classe o in una riunione aziendale—ma c’entrano eccome.
All’inizio potrà sembrare strano stare attenti a come e cosa dire, ma dopo un po’ di pratica servirà anche ad incentivarvi a prendere la parola e a sentirvi sicuri di quello che dite. Soprattutto in tempi come questi, in cui sempre più persone hanno questa sacrosanta presunzione di avere sempre qualcosa da dire, saper parlare in pubblico è un’arma importantissima.