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E se i film di Christopher Nolan fossero una fregatura?

Džon Djevid Vašington

Attenzione: l’articolo contiene dettagli sulla trama di Tenet.

Dopo Dunkirk, uno avrebbe quasi potuto pensare che Christopher Nolan fosse prossimo al picco della sua carriera. Ma se dopo Zodiac David Fincher ha smesso di tirarsela e ha cominciato a buttare fuori i suoi lavori migliori, Nolan… be’, Nolan non l’ha fatto—e la cosa è evidente già dal terzo minuto dell’attesissimo Tenet. Il film è, di fatto, il più contorto del regista, e bastano davvero poche scene per farlo precipitare in una storia tanto arzigogolata quanto folle.

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La trama è pressoché impossibile da riassumere in poche parole. In pratica ci sono inseguimenti in macchina che si svolgono balzando qua e là nello spazio e nel tempo; l’inversione dell’entropia del pianeta; l’apocalisse; c’è pure una sottotrama di spionaggio per recuperare del plutonio usando come esca dei quadri falsi. E fate conto che non ho toccato nemmeno la metà di quello che viene raccontato in questo giga-meta film.

Sarei in malafede se non dicessi che, almeno in un primo momento, tutta questa confusione e questo miscuglio tra generi sono in qualche modo gustosi. Potremmo dire che Tenet è davvero l’opera più radicale del suo autore, nel senso che Nolan supera a piè pari i concetti di trama, personaggi, leggibilità narrativa e verosimiglianza. È come se in un colpo solo avesse raccolto tutte le sue manie (tipo, senza un ordine preciso: la fede, lo spazio-tempo, le donne, l’escatologia, la famiglia, i botti con le macchine) e si fosse liberato di quel sentimentalismo che appesantisce la maggior parte della sua filmografia (vedi Interstallar, o le scene di Inception con Marion Cotillard).

Il risultato è un film estremamente tecnico e freddo, capace di mandare in tilt il cervello a chiunque provi a raccogliere tutte le briciole teoretiche lasciate qua e là da Nolan via via che la trama avanza. Tenet è talmente ossessionato dal voler stupire a tutti i costi che a tratti sfonda le soglie del trash—si veda l’attore Kenneth Branagh, che interpreta un oligarca russo (con tanto di accetto caricaturale) degno di Arnold Schwarzenegger in Danko; oppure il momento in cui Robert Pattinson dice a John David Washington (il protagonista) che “questa è la fine di una bella amicizia, per te è l’inizio,” cioè un rifacimento quasi-parodico della scena finale di Casablanca che ti porta a dire: “Ok, cosa cazzo sto guardando?”

Sia chiaro, Tenet non è un film di per sé brutto. È solo un grosso pallone che non smette mai di gonfiarsi, gonfiarsi e gonfiarsi senza mai scoppiare, lasciando lì il pubblico a chiedersi perché. Una possibile risposta è che a Nolan non frega più niente.

Perché sì, alla fine Nolan è un maledetto geek che adora cospargere i suoi film di strati metacinematografici, easter egg e ribaltamenti narrativi. Qui ce lo dice fin dal titolo palindromo (Tenet si può leggere sia destra che da sinistra), lasciando intendere che anche la trama potrebbe essere letta così (e se la fine fosse… l’inizio?!). Il cinema di Nolan, del resto, si è sempre basato sullo stesso patto con lo spettatore: far credere qualcosa che non esiste. Certo, mi direte che questo patto è alla base di tutto il cinema; Nolan però lo interpreta in maniera così altisonante e contemporaneamente ingenua da lasciare interdetti.

Questi stessi giochetti—altrettanto scadenti e sofisticatissimi insieme—sono al centro di The Prestige, una storia di illusionisti rivali ambientata nella Londra di metà Ottocento, e contemporaneamente anche l’opera più meta di Nolan. Qui, più che altrove, Nolan infatti cerca di spiegarci cosa significa sacrificarsi quando si è artisti, con un twist finale dalle tinte più cupe di M. Night Shyamalan—perché i due illusionisti erano in realtà gemelli, no? Non così diversamente dai due personaggi di The Prestige, Nolan è un prestigiatore che ha costruito tutti i suoi migliori trucchi su una enorme montagna di confusione.

Salutato come il salvatore nel cinema del periodo post-lockdown, sotto sotto Tenet ha il sapore di un film Marvel qualunque mascherato da 2001: Odissea nello spazio. Eppure, tirare fuori due ore e mezza di film da 250 milioni di budget nel bel mezzo di una crisi economica globale è un attestato al talento incredibile di Nolan—quello di prenderci in giro. E questo non glielo si può negare.