Da più di un mese, i minatori della provincia delle Asturie, nel nord della Spagna, sono in sciopero, sciopero più volte sfociato in scontri violenti con le forze dell’ordine. Il nuovo governo conservatore spagnolo sta infatti tagliando drasticamente i loro mezzi di sussistenza e ha ridotto i sussidi pur sapendo che, senza quei soldi, le miniere dovranno chiudere. Poiché i minatori hanno solo il proprio lavoro per mantenere la famiglia, non l’hanno presa tanto bene.
Ho deciso di passare il 4 luglio, un mercoledì, a fuggire qua e là per il campo di battaglia, mentre le poche centinaia di minatori rimasti alla miniera di Soton, nelle Asturie, (che negli anni Novanta contava mille operai) respingevano le squadre antisommossa, inviate sulle montagne per contrastare questi irriducibili minatori ribelli con barricate date alle fiamme e lanciarazzi fatti in casa.
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I minatori hanno risposto alla decisione del governo di attentare alla loro sopravvivenza bloccando le strade e le linee ferroviarie che attraversano le Asturie dirette alla capitale, Madrid. È una battaglia che va avanti a intermittenza da più di un mese, ormai, ed è una strana guerra, perché mentre i minatori combattono per il loro futuro, secondo le autorità si tratta solo di una disputa per la circolazione delle merci (anche se è una disputa costata già un occhio a un poliziotto).
Si sarebbe tentati di confrontare la situazione spagnola con gli scioperi inglesi degli anni Ottanta, ma la realtà è molto diversa. Certo gli scontri possono essere stati duri allora, ma per quanto il tumulto guidato da Arthur Scargill sia stato turbolento—erano gli anni 1984-85—i minatori inglesi non hanno mai attaccato la polizia o i crumiri con esplosivi, fionde e lanciarazzi costruiti con vecchi tubi.
I minatori hanno diversi tipi di bazooka fai-da-te—i più potenti sparano grazie a una carica esplosiva una specie di enormi palle da golf e vengono usati solo contro i veicoli, perché se i minatori li puntassero direttamente contro i poliziotti, in breve si troverebbero in tribunale con un’accusa di omicidio. Nonostante le barriere linguistiche, ho capito che se la situazione degenerasse, i minatori potrebbero prendere in considerazione l’idea di puntare queste armi direttamente sulla polizia. Tuttavia sperano vivamente di non dover ricorrere a questa, ultima, risorsa.
Il giorno prima, martedì, ho parlato con alcuni dei minatori e con le loro famiglie. Mi stavano dicendo che avrebbero scioperato per tutto il tempo necessario, quando è stata chiamata una barricata il giorno dopo alla miniera di Soton, a Carrocera. Nelle Asturie, le barricate sono all’ordine del giorno, ma di solito non vengono pianificate in anticipo. L’imperativo del momento è infatti cogliere di sorpresa la polizia, dal momento che c’è il sospetto che i telefoni dei minatori siano stati messi sotto controllo e che le forze dell’ordine abbiano degli agenti sotto copertura che partecipano alle riunioni e alle proteste per carpire informazioni.
Mi hanno detto di farmi trovare fuori dal mio albergo alle 4 e 20 di mercoledì mattina, dove sono venute a prendermi le guide del giorno precedente. Nessuno parlava inglese e il mio interprete era impegnato—divertimento aggiunto. Siamo arrivati così a un parcheggio vicino alla miniera, dove mi hanno detto di cambiare macchina. Non ho idea del perché—credo per seminare potenziali inseguitori—ma l’ho fatto comunque. Due minuti dopo la macchina si è fermata, mi hanno detto di scendere e uno dei minatori ha tirato fuori una motosega dal bagagliaio.
Il che non ha per niente migliorato la mia nausea, ma per fortuna è emerso che lo scopo non era trasformarmi in un puzzle di membra aggrovigliate, ma solo di tagliare qualche tronco per bloccare la strada.
Siamo arrivati alla miniera, dove si stavano raggruppando numerosi altri minatori, abbattendo altri alberi e lanciandoli giù dal sovrappasso pedonale che collegava un lato della valle alla miniera. Hanno poi sparso pneumatici e benzina sulle macerie che bloccavano l’autostrada sottostante, e hanno dato fuoco al tutto, mossa rischiosa, ma che ha dato l’esito sperato: bloccare il traffico e dare origine a un enorme ingorgo.
Per dissuadere la polizia dall’utilizzare il sovrappasso, i minatori hanno eretto una barriera chiodata, costruita sul posto. Davanti all’entrata hanno scritto un “Vietato l’accesso ai bastardi”, chiaramente indirizzato ai poliziotti e non a chi porta a passeggio il cane la mattina presto.
All’entrata della miniera era stato abbattuto un altro albero. E, solo per mettere ulteriormente in guardia i poliziotti, hanno dato fuoco anche a quello.
Nel frattempo, al sovrappasso, le fiamme dell’autostrada cominciavano a spegnersi, così i minatori hanno cominciato ad alimentarle con alberi interi. È impossibile non sembrare un duro, se fai questo genere di cose.
Erano passate tre ore e la polizia ancora non si vedeva. Mentre i minatori chiacchieravano tra loro e controllavano le barricate, ho cominciato a pensare che i poliziotti non si sarebbero presentati. Ma mi sbagliavo:
Ero tornato alla barricata all’ingresso della miniera quando, all’improvviso, ho visto comparire le camionette della polizia dall’altro lato del fiume, che hanno cominciato a sparare gas lacrimogeno ai minatori, i quali hanno risposto con i loro lanciarazzi.
L’aria era irrespirabile a causa del gas lacrimogeno e del fumo degli esplosivi (gli operai ci hanno speso 4000 euro solo quel giorno), ma ero stato così furbo da comprare una maschera antigas e gli occhiali protettivi il giorno del mio arrivo. Sfortunatamente, non tutti i minatori era così preparati e sono stati costretti ad arretrare.
La polizia attaccava principalmente sul davanti, ma aveva anche veicoli appostati sul lato posteriore della miniera, che hanno coperto la zona di gas lacrimogeno. I minatori hanno risposto con razzi e fionde, e hanno addirittura rispedito al mittente i lacrimogeni.
Fumo denso, frequenti esplosioni e gente urlante che corre in un ambiente industriale: la situazione sembrava una rivisitazione di Stalingrado, ma senza armi giocattolo, perché qui nessuno è così patetico.
Alla fine i lacrimogeni hanno costretto i minatori ad arretrare ma, in quello stesso momento, altri lavoratori aprivano il fuoco per coprire i compagni:
La polizia, nascosta dietro una cortina di fumo, è riuscita a rimuovere una delle barriere sulla strada dietro alla miniera,riuscendo così ad aprirsi un varco per attaccare i minatori. Un grande contingente di minatori, allora, si è posizionato per difendere l’entrata del proprio posto di lavoro:
La polizia ha poi attaccato il sovrappasso, cercando di sgomberare i minatori che lo difendevano. Per qualche ragione mi hanno confuso con un minatore e hanno deciso di sparare un pioggia di proiettili di gomma nella mia direzione. Grazie, ragazzi!
I minatori hanno pian piano cominciato a esaurire le munizioni per i lanciarazzi, e hanno ripiegato sul lanciare pietre e attirare la polizia all’aperto.
Anche se la polizia sembrava preferire stare nascosta dietro alla cuccia del cane.
A questo punto le barricate avevano resistito per quasi cinque ore e i minatori erano stanchi. Potete biasimare questo tizio per essersi preso una meritatissima pausa?
Comunque la pausa non è durata molto, e i poliziotti hanno ricominciato a lanciare lacrimogeni per disperdere i minatori che tiravano le pietre. Di nuovo, altri operai che avevano conservato dei razzi hanno offerto copertura ai compagni.
Il tizio con il cappello azzurro era una delle mie guide. Proprio il giorno prima, il mio traduttore mi aveva detto di attaccarmi a lui, se avessi voluto vedere la vera azione. Sicuro, fin dall’inizio era nel bel mezzo dell’azione. Come potete vedere, è un mago con il lanciarazzi. L’ho soprannominato “Juan Rambo”.
Questo amico del grilletto facile ha sparato proiettili di gomma per tutto il giorno. Questi proiettili di gomma non sono quelli classici—invece di sparare un proiettile che sembra vero, quest’arma spara una palla di gomma che rimbalza ovunque e più rimbalza, più forte è l’impatto finale. Non è molto precisa, però: non l’ho visto colpire nessuno, in tutto il giorno.
A questo punto, i minatori avevano finito quasi tutte le munizioni e si erano quindi ritirati dentro la miniera, fuori dalla portata dei poliziotti. La polizia si rifiuta di entrare nella miniera—il tizio di cui vi parlavo prima, quello a cui manca un occhio, l’ha perso proprio dando la caccia ai minatori nel pozzo. Sono stato così fortunato da essere invitato a salire sull’enorme torre che sovrasta tutto il campo di battaglia. Da lassù alcuni minatori sparavano di tanto in tanto per ricordare ai poliziotti di tenersi alla larga.
Quando le cose si sono calmate, i poliziotti hanno scortato un camion dei pompieri perché spegnesse le fiamme e spostasse gli alberi ma, come potete vedere nel video qui sopra, i minatori non erano della stessa opinione. Hanno sparato due razzi e i pompieri si sono ritirati.
Mentre la battaglia infuriava, le barricate ancora fisse in mezzo all’autostrada hanno causato un’enorme incolonnamento durante l’ora di punta. A un certo punto ho visto uno dei minatori tentare di scardinare la portiera di un pullman e mi sono chiesto cosa volesse farci. È venuto fuori che i manifestanti, a volte, cercano di mettere fuori uso i pullman e i camion rubandone le chiavi, o danneggiandone il motore, per ostruire maggiormente l’autostrada. In questo caso però, l’autista non ne voleva sapere e ha fatto retromarcia a tutta velocità.
Dopo l’ultimo razzo del giorno, la polizia si è stufata, e l’ha dimostrato semplicemente lasciando il campo di battaglia. Nessuno dei contendenti vuole davvero ferire l’altro—se un poliziotto venisse ucciso, la causa dei minatori verrebbe danneggiata, e se fosse ucciso un minatore, potrebbe diventare un martire, aggravando ulteriormente la situazione. Allo stesso tempo però, entrambe le parti devono dimostrare all’altra chi comanda.
Con la prospettiva di un’iniezione di liquidi e la disoccupazione al 25 percento, questi sono tempi instabili per la Spagna. Lo sciopero aggiunge solo altra incertezza a quella che già avvolge il futuro del Paese—ma ora come ora i minatori non possono preoccuparsi del futuro del Paese, dato che il loro stesso destino, e quello delle persone che dipendono da loro, è sconosciuto.