Música

Il 2016 è stato l’anno in cui i musicisti hanno cominciato a parlare seriamente di salute mentale

Illustrazioni di Courtney Menard.

In una recente intervista con Zane Lowe su Beats 1, The Weeknd ha rivelato di aver sofferto di ansia da quando fa il musicista. “Non sei normale se fai il cantante. È snervante. Ti esponi letteralmente a centinaia di migliaia di persone”, ha sussurrato. “Ogni volta che vedete il vostro artista preferito sbagliare, non è perché non sa cantare. È perché ha paura”. Può essere difficile venire a patti col fatto che gli artisti che amiamo così tanto—responsabili della colonna sonora delle nostre vite—spesso lottano contro la stessa oscurità che la loro musica ci aiuta a superare. La verità va più a fondo di semplice ansia da palcoscenico: i musicisti hanno fino a tre volte più probabilità di ammalarsi di depressione rispetto ai loro fan.

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Questi dati sono emersi nel corso di uno studio di Help Musicians UK, il più grande sondaggio sulla salute mentale dei musicisti mai condotto. Di tutti gli artisti e professionisti dell’industria musicale intervistati, il 71 percento ha dichiarato di aver sofferto di ansia e attacchi di panico, il 68 percento di depressione e il 55 percento crede che ci siano delle lacune nei servizi per la salute mentale dei musicisti. Se consideriamo la mancanza di tempo, soldi ed energie necessarie per accedere a questi servizi—specialmente in tour, con zero ore di sonno—possono passare anni prima che un artista si conceda il tempo necessario per cercare aiuto. Su questo sfondo, il 2016 ha visto una tendenza crescente verso la condivisione di aggiornamenti sinceri ed emotivi da parte dei musicisti, tramite i social media. Oggi più che mai, i social media sono diventati una risorsa importante e accessibile per allargare il cerchio del discorso sulla salute mentale, ma questo porta con sé lati positivi e negativi. 

Justin Bieber in marzo ha spiegato con un lungo post su Instagram perché ha deciso di non incontrare più i fan dopo i concerti. “Mi fa piacere far sorridere la gente e farla felice, ma non voglio rimetterci”, ha scritto. “Alla fine mi sento sempre esausto mentalmente ed emotivamente, depresso”. Secondo l’articolo su i-D, è stata una mossa senza precedenti per il ragazzino che aveva donato la propria vita ai suoi fan fin dai tempi delle cover su YouTube, e per quanti fan dimostrassero la propria comprensione ne comparivano altrettanti che criticavano la scelta di Bieber come un atto di egoismo. A giugno, l’ex-One Direction ora solista Zayn Malik avrebbe dovuto cantare allo stadio di Wembley a Londra davanti a 90 mila fan urlanti. Ma Zayn non si è presentato. Invece di pubblicare il solito distaccato “per circostanze indipendenti dalla nostra volontà…”, Zayn ha postato una nota di suo pugno per i suoi venti milioni di follower su Twitter: “La magnitudine di questo evento mi ha portato a subire il peggior attacco d’ansia della mia carriera”.  

Soltanto pochi mesi dopo l’ammissione di Bieber, l’accoglienza per Zayn è stata molto più benevola, incoraggiata dal tweet di Gigi Hadid che incoraggiava i suoi tre milioni di follower e fare la stessa cosa. “Dopo aver pubblicato quella dichiarazione sono rimasto sconvolto da quante persone si sono messe in contatto con me… Ragazzi che su Twitter mi scrivevano del ruolo negativo dell’ansia nelle loro vite, ringraziandomi per averne parlato apertamente”, ha scritto Zayn nella sua autobiografia omonima. “Volevo dire la verità. Non c’è nulla da vergognarsi se si soffre di ansia”. Zayn non è di certo il primo artista a parlare apertamente di salute mentale—Brian Wilson, Sinéad O’Connor, Halsey sono soltanto i primi che mi vengono in mente, e Darryl McDaniels dei Run-DMC aveva parlato di depressione quello stesso mese—ma nel prendere possesso della propria ansia invece di farsi possedere a sua volta, e facendolo in un dialogo diretto con i fan, ha dato vita a un effetto valanga che ha influenzato una nuova ondata di dialogo aperto sulla salute mentale nel mondo della musica tramite i social media.

In agosto, Selena Gomez ha pubblicato una dichiarazione in cui condivide la sua esperienza di depressione, attacchi di panico e di ansia come effetti collaterali della sua nota battaglia contro il lupus: “Voglio essere attiva e concentrarmi sul mantenere la mia salute e la mia felicità e ho deciso che il modo migliore per farlo è prendermi un po’ di tempo per me stessa… So che non sono sola e spero, condividendo la mia esperienza, di incoraggiare altri ad affrontare i propri problemi”. In settembre, Bruce Springsteen ha ammesso di aver sofferto di depressione acuta durante il processo di scrittura del suo libro Born To Run. “È stato come se tutta la mia famosa energia, una cosa che è sempre stata sotto il mio controllo per tutta la mia vita, fosse stata improvvisamente rubata”, ha scritto Springsteen. “Ero un guscio vuoto”. In autunno, Carmen Elle dei DIANA ha raccontato candidamente dell’impatto che la sua ansia ha avuto sul gruppo synthpop canadese in varie interviste. Parlando con Daily VICE, Elle ha fatto notare quanto lei e altri musicisti abbiano preso molta più confidenza nel parlare di salute mentale. “Non appena ho cominciato a dire ‘Oh… Ho un sacco di ansia da tour’, molti altri musicisti hanno cominciato a dire lo stesso. A livello personale, ho raggiunto uno stadio completamente nuovo”.

Una delle confessioni più difficili da leggere è arrivata da Kid Cudi, che ha postato uno status commovente sulla sua pagina Facebook in ottobre, sul fatto di essere entrato in rehab per superare la propria depressione e le proprie tendenze suicide. Una parola in particolare spicca: vergognarsi. Di tutto ciò che i musicisti hanno condiviso in materia di salute mentale nel 2016, quella di Cudi era una delle confessioni più necessarie. Un dialogo aperto sulla salute mentale è particolarmente problematico per gli uomini, in particolare nel rap, a causa della falsa equazione tra mascolinità e incomunicabilità dei sentimenti di debolezza. Spinta dal supporto per Cudi, la comunità nera su Twitter si è concentrata attorno all’hashtag #YouGoodMan tramite cui persone di colore potevano discutere apertamente e senza giudizi di salute mentale e dei suoi incroci con problemi di razza e mascolinità, tra cui un thread di canzoni su uomini di colore e salute mentale. La discussione all’interno di #YouGoodMan è arrivata a includere preoccupazioni e auguri per Kanye West dopo il suo ricovero in novembre, lo stesso giorno dell’annullamento del tour Saint Pablo. 

Ma tutta questa copertura mediatica e sui social non ha solo conseguenze positive. Complex ha pubblicato un articolo strumentale e pieno di congetture su West, coinvolgendo uno psicologo che ha risposto a una serie di “se” e voci di corridoio sulla sua presunta situazione psichiatrica. Le domande parlavano di test droghe, valutazioni psichiatriche volontarie o involontarie, quale fosse il peggio che potesse accadere. Del resto, la comprensione verso gli artisti affetti da problemi mentali non è stata costante, ma oscillante a seconda della convenienza. Gli stessi utenti dei social che hanno insultato Bieber dopo il suo post su Instagram, sono stati più rispettosi con Zayn dopo il suo tweet, ma anche in questi casi la copertura dei media ha visto la pubblicazione di storie non verificate e sensazionalistiche. Nel caso di uno come West, tutto quello che possiamo fare è attendere e sperare che superi questo momento difficile. Non vale la pena per nessuno andare a cercare “indizi” nelle interviste passate, cercare di rileggere i testi di The Life of Pablo alla luce di teorie sul suo futuro, o dare per scontato che West abbia una certa malattia basandosi su bufale da clickbait.

Dopo essere ritornato a calcare i palchi in novembre, Cudi ha postato un altro status in cui cita per nome amici e collaboratori per ringraziarli dell’affetto dimostrato durante le sue cure, fa riferimento a un nuovo stato mentale e promette abbracci a tutti. Un nome spicca fra tutti: quello di Zayn. Soltanto alcuni mesi fa, Zayn si trovava nello stesso stato di Cudi, tentando di venire a patti con i propri problemi e la propria immagine pubblica online. Qualcuno tra voi lettori avrà sicuramente un periodo buio in futuro, e, insieme alla musica, potrà contare sul sostegno di tweet e post su Instagram e Facebook da parte dei propri artisti preferiti. Ma i social media non sono la panacea per il dialogo sulla salute mentale. Se vogliamo che la nostra comprensione dei problemi mentali nel mondo della musica migliori, l’industria musicale deve comunicare meglio con gli artisti e i vari professionisti coinvolti rispetto ai loro bisogni, i media devono seguire i dettami etici sulla copertura di questioni di salute, e la conversazione deve continuare offline, nella vita reale. 

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