Tredici Pietro va preso sul serio

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“Io non riuscivo a dire ai miei genitori che volevo fare musica, alla fine gliel’ho detto quasi in lacrime”: sentire certe parole uscire dalla bocca di un ragazzo di vent’anni fa sempre una certa impressione. Se questo è poi il figlio di uno dei più grandi cantanti della storia della musica italiana l’effetto è anche più intenso, il fatto quasi inspiegabile. Poi però la spiegazione arriva, ed è talmente limpida—e sorprendentemente matura—che potrebbe portare anche i suoi detrattori iniziali a fare il tifo per lui, Pietro. Pietro Morandi. Tredici Pietro.

Chi di voi, almeno al primo ascolto, non ha pensato “sul serio er fijo de Gianni Morandi si è messo a fare del rap?”. In fondo era solo un meme nato dallo storico People Vs Dark Polo Gang, no? Bé, io l’ho pensato, e come me moltissime persone; e lo stesso rapper—perché è questo il punto della discussione, ora può davvero chiamarsi così senza far alzare sopracciglia—ne è consapevole. “’Pizza e Fichi’ è stata la prima traccia che abbiamo deciso di pubblicare ma per noi, tra i provini che avevamo, era la più debole”: sin dal principio, Tredici Pietro e Mr. Monkey, il suo produttore, sapevano che non sarebbe stato facile, che avrebbero avuto bisogno di un brano di rottura per fare breccia nella scena, che non sarebbe stato facile e veloce guadagnare credibilità. Sono però altrettanto sicuri che l’impatto non è dovuto alla natura di “Pizza e Fichi” come brano; “fosse stata un’altra traccia—che ne so, ‘Rick e Morty’—non credo che la sostanza sarebbe cambiata, la gente non avrebbe reagito diversamente. Il pezzo era sicuramente provocatorio, ma ha provocato più l’idea che io rappassi”.

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Ed è proprio con questo concetto del “figlio di Morandi che rappa” che si apre anche il suo primo album, Assurdo, un lavoro che rivendica le origini del suo autore ma vuole anche dimostrare che non è il retaggio personale a permettere (o impedire) a qualcuno di fare rap. Già nella prima traccia, infatti, appare subito chiaro come per Pietro sia stato tutt’altro che facile accettare che lui, in quanto “figlio di”, avesse effettivamente diritto a fare un certo tipo di musica:

E tremo, quando scrivo queste barre tremo / Intrattengo un dialogo con il supremo / Mi punisce per come mi esprimo / Ma vomito lo stesso che mi sono ingerito / Quindi non ho diritto di parlare, sto zitto.

“La mia paura è sempre stata ‘ma io ho diritto di farlo?’”, mi dice, andando più nel profondo rispetto a quanto aveva fatto durante la sua prima intervista con noi. “Pensavo di no, ma di poterlo ottenere proprio con la musica”: Pietro mi racconta molto serenamente di aver vissuto un rapporto molto complicato con la musica e la figura paterna, una certa soggezione mista a paura di esporsi, entrambi fattori che col tempo lo hanno spinto a diventare più introverso, timoroso delle reazioni che la gente potesse avere ai suoi comportamenti: “Prima di fare musica e pubblicare non ne avevo mai parlato ai miei o a mio padre, mi sentivo sempre inadatto alla situazione. Se devo fare un paragone lo faccio con mio padre, e non è esattamente facile”.

È piuttosto complicato, in effetti, avere in casa una persona con milioni e milioni di dischi venduti, decine e decine di premi e riconoscimenti, addirittura un asteroide rinominato in suo onore. Col tempo, però, la musica si è rivelata d’aiuto proprio nella gestione del complesso rapporto con Gianni: “Ho notato che mio padre riconosceva in me un’artisticità, una capacità, che prima non pensavo di avere”, dice Pietro sorridendo, “è stato liberatorio, ho iniziato a sentirmi sempre più un suo pari, a convivere con la cosa in maniera naturale. Ora c’è più dialogo con mio padre, mi sento più libero anche nei suoi confronti. Da quando ho iniziato a parlare di lui nelle canzoni è diventato più facile anche parlarne nella vita reale”.

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La copertina di Assurdo di Tredici Pietro, cliccaci sopra per ascoltarlo su Spotify

Dopo aver liquidato la questione padre, croce e delizia della narrazione mediatica che circonda Pietro sin dagli esordi, lo colgo di sorpresa quando gli chiedo di parlarmi del rapporto con la madre, alla quale dedica un verso in “Passaporto” in bilico tra il cliché da pezzo rap e lo sfogo sincero: “Mamma, scusa, sono squilibrato”. “Io non sono mai a casa, molto poco a contatto con i miei”, mi dice, “da una parte per necessità, ma dall’altra mi dispiace, perché so che hanno una certa età, quindi ho paura di perdermi dei momenti con loro”. La confessione è molto schietta e sincera, sensibile, e restituisce anche una conferma importante sulla figura di Pietro: fa il rapper per scelta, ma è lontanissimo dall’immagine e dallo stereotipo del rapper-maschio-alfa.

“Il mercato si è rotto le palle di quel prototipo. Se voglio arrivare su, non posso proporre qualcosa che sta andando giù”, mi risponde quando gli chiedo come si sente ad essere così lontano dallo starter pack del rapper di oggi. Quasi classico è però l’approccio alla scrittura: Assurdo è un disco sincero, diretto, che non vede Pietro esagerare o ostentare da nessun punto di vista. Il più grande punto di forza del progetto è proprio l’elemento autobiografico ricorrente, secondo quella scuola che considera il rap una forma di autoterapia, una valvola di sfogo su cui riversare tutto quello che a parole difficilmente verrebbe fuori. Come dice in “Biassanot”:

Se mi becchi in strada mi guardi con quella faccia / Del tipo: “Guarda quel tipo, mica pizza e fichi / Sai lui di chi è figlio? Penso alla famiglia / Raccomandato, sei un raccomandato.

“Le mie canzoni sono forse l’unico luogo in cui riesco a dire determinate cose, perché con le parole altrimenti faccio molta fatica, lo puoi chiedere a chi mi conosce”; per lui la “verità” è molto importante, dice, e aggiunge infatti di essere “una sorta di purista, nel senso che ascolto e rispetto solo chi è vero. E chi è vero lo decide la musica”. Ribadisce di non essere particolarmente fan di questo mercato, che impone una sorta di filtro tra personaggio/rapper e persone e impedisce quindi alla musica di essere completamente onesta.

È passato tempo da quando i commenti sotto al video di “Pizza e Fichi” erano un focolaio di haters accaniti. Pietro sa che il suo progetto fa registrare numeri non indifferenti, ma sa anche benissimo che fidarsi ciecamente del responso del pubblico è sbagliato, aggiungendo che “per i numeri che ho, è molto poca la gente che effettivamente sta dietro sul serio alla cosa. Da questo punto di vista, mi ricordo un po’ Sfera agli esordi, la Dark agli esordi. È come succedeva con Berlusconi: non lo voti, non lo guardi, ma alla fine ne parli”. Non lo preoccupa però particolarmente l’essere ancora in parte visto come un fenomeno particolare, perché la più grande soddisfazione è proprio dovuta all’essere criticato solo per chi è dalla nascita, non per la musica che fa: “Mi consola il fatto che tutti quelli che odiano lo fanno appigliandosi ad altro. Nessuno mi dice che sono scarso. Se io avessi fatto Pietro Morandi, non Tredici Pietro, con robe tipo “Sono il figlio di, sono bello”, internet avrebbe mostrato tutto, e avrebbe mostrato a tutti la mia stupidità”.

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Fotografia di Francis Delacroix, per gentile concessione dell’ufficio stampa di Tredici Pietro

Finiamo anche per parlare di Madame, uno dei nomi più caldi della scena italiana attuale, nonché unico featuring presente nel progetto. La loro era una collaborazione chiacchieratissima ancor prima di nascere, e non ha certo deluso le aspettative: “Sia io che Madame siamo consapevoli di essere tra i più chiacchierati della scena, io forse un po’ meno perché ho ancora del lavoro da fare dal punto di vista della credibilità. Nel circuito rap sono meno apprezzato che in quello del pop, per dire. Cantanti grossi mi scrivono presi bene, coi rapper succede molto meno”. Pietro sente un po’ la pressione delle aspettative, consapevole di dover fare uno sforzo doppio proprio in virtù delle sue origini, ma al contempo si rivela candidamente un vero fan di Madame, senza timore di dirlo ad alta voce. “Per me lei è la rapper più forte che ci sia in Italia, dopo La Pina finalmente c’è una rapper veramente forte.”

Visto anche il titolo del disco, non posso salutarlo senza chiedergli cosa sia per lui più assurdo, a guardarsi indietro e intorno: “Che io stia rappando e stia ottenendo credibilità. Questa è senza dubbio la cosa più assurda”.

Riccardo è su Instagram.

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