Música

Gli Uniform sono la colonna sonora della Terza Guerra Mondiale

Bastano i primi due secondi di “Tabloid” per entrare nel mondo di Wake In Fright, l’ultimo album del duo newyorkese Uniform: l’amplificatore stride in feedback, un riff di due note suonato su una chitarra che sembra fatta con la scocca di un carrarmato, e un grido di frustrazione. Poi entra il beat, che, a sentire Ben Greenberg, responsabile della parte musicale del progetto, è letteralmente composto con suoni di bombe che esplodono campionati da film, librerie di effetti sonori e field recording. Michael Berdan, alla voce, è un oracolo di disperazione che sputa grida di dolore dal mondo della tossicodipendenza, dell’insonnia, della debolezza, della violenza.

Il mito di questa band e della sua leggendaria intensità dal vivo continua ormai dal 2015, quando era ancora lo strano side-project di Ben, rispettato polistrumentista e produttore di Brooklyn, e il ritorno sulle scene di Berdan dopo la tragica fine dei Drunkdriver. Rapidamente, la reputazione del duo ha raggiunto vette parecchio alte grazie alla sua originalità, duro lavoro in tour e incisività su disco. Ora, gli Uniform entrano in una nuova fase aggiungendo la batteria di Greg Fox, che abbiamo già visto nei folli sperimentatori avant-jazz Zs e nei blackmetallari Liturgy, al loro assalto frontale.

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Chi è a Milano e dintorni potrà sperimentare tutto ciò dal vivo venerdì 27 aprile a Macao, alla serata di Vasopressin con Uniform, Puce Mary, Lettera22 e Von Tesla.

Abbiamo mandato via mail alcune domande ai due fondatori, che ci hanno risposto dal furgone e hanno anche trovato il tempo di preparare per noi e i nostri lettori una playlist su YouTube che spiega un po’ di cose (ma pone anche qualche domanda) sugli Uniform. Buon ascolto, buona lettura e buona insonnia.

Noisey: È passato un anno dall’uscita di Wake In Fright, un disco che, per quanto fosse in gran parte basato su sentimenti e storie personali, è difficile non ricondurre all’ascesa di Donald Trump e al senso di disperazione e fragilità che ciò ha portato a molte persone. È cambiata la vostra percezione di quelle canzoni con tutto quello che è accaduto nel vostro Paese?
Uniform: È stato un anno pieno di avvenimenti, tumultuoso a dir poco. Per quanto Trump non fosse nei nostri pensieri quando abbiamo registrato quel disco, è diventato difficile separare quelle canzoni dalla minaccia esistenziale rappresentata da lui e da chi lo sostiene. Da questo punto di vista, il disco ha preso una forma diversa. Ciò che proveniva da un senso di confusione e paura personale si è trasformato in un’espressione di rabbia. Ci sembra appropriato.

Il video di “The Killing Of America” affronta la piaga delle stragi compiute con armi da fuoco sul suolo americano. Pensate che la recente ondata di proteste che sta scuotendo la nazione riuscirà a ottenere delle leggi più severe sul possesso di armi? Basterà cambiare le leggi?
Il controllo e la regolamentazione sono le uniche risposte, possiamo soltanto sperare che le cose cambino per il meglio nonostante tutti i fatti puntino in direzione contraria.

Il clima culturale odierno sembra diventare sempre più sensibile agli immaginari violenti. Vi è mai capitato di ricevere critiche per il vostro stile oscuro e diretto?
Non è mai capitato, e penso che sia per come presentiamo queste materie. L’ultima cosa che vogliamo fare è presentare la violenza in maniera positiva, e penso che sia anche ciò che ci rende diversi da molti altri progetti industrial e metal. Pensiamo che queste cose siano orribili. Punto e basta. Non c’è ambiguità. Se qualcuno si mettesse in contatto con noi per dirci che trova il nostro approccio insensibile, mi piace pensare che staremmo a sentire questa persona e cercheremmo di correggere qualsivoglia torto possiamo aver causato per mezzo della nostra arte da quel momento in poi. A questo punto della mia vita preferisco ascoltare che parlare.

Il vostro suono raggiunge livelli di intensità a tratti davvero minacciosi e claustrofobici. È uno sfogo per voi o è un’esigenza diversa quella di creare una tale massa di negatività?
In realtà non è altro che una riflessione sul mondo che ci circonda. In ogni momento ti trovi ad affrontare morte, depressione e aggressività. Fare musica è senza dubbio uno sfogo per noi ed è molto necessario per conservare la nostra salute mentale. Se non avessimo questo sbocco creativo non so che cosa faremmo.

Siete appena partiti per un lungo tour. Quanto è difficile per voi ritrovare l’energia e ricreare lo stesso intenso spettacolo ogni sera senza sentirvi come se steste recitando una parte?
Nessuna difficoltà, questa musica e questa band sono un’espressione molto naturale di ciò che siamo, non c’è alcuno spettacolo, saliamo sul palco e siamo semplicemente noi stessi. Nel bene e nel male.

New York e Brooklyn in particolare hanno una reputazione controversa quando si parla di musica. Per certi versi un covo gentrificato di persone privilegiate, per altri un ambiente vitale e fertile in cui l’underground fiorisce. Che idea vi siete fatti della città e in che modo influenza la vostra arte?
NYC è casa, è satura e distrutta e bellissima e orribile allo stesso tempo. Quando sei circondato da otto milioni di persone 24 ore su 24 è difficile non sentirsi isolati o come se si stesse urlando verso il vuoto. Ti dà anche costantemente numerosi esempi di comportamenti sbagliati, azioni e pensieri negativi, superficialità, ecc., tutte cose che ci ispirano a comportarci nel modo opposto.

La vostra unica data italiana sarà a Macao, uno dei migliori posti occupati in Italia. Qual è la vostra visione della filosofia DIY come mezzo per creare e promuovere l’arte, e come l’applicate nella vostra vita di tutti i giorni?
Dipende dal progetto. Nel nostro caso, noi ci siamo fatti le ossa in cantine, capannoni e varie gallerie d’arte e ancora oggi questi sono gli ambienti in cui ci troviamo meglio. A questo punto ci capita di suonare anche su palchi più grandi di tanto in tanto. Per quanto sia riconoscente per queste esperienze, nulla può sostituire l’aura di un buon posto autogestito.

Che cosa ci dobbiamo aspettare dal vostro prossimo disco? Visto il clima, immagino che questa volta userete suoni di esplosioni nucleari al posto della grancassa.
Hahahah! Useremo un algoritmo di raccolta dati di Facebook per scrivere i testi, sì.

So che Greg Fox (Zs, Liturgy, Guardian Angel) si è unito a voi per questo tour, suonerà la batteria anche sul nuovo album? Come mai avete deciso di espandere il suono includendo un batterista vero e che effetto pensate avrà sulla vostra estetica marziale e minimalista?
L’aggiunta di un batterista era nei nostri piani quasi fin dall’inizio della band. Sapevamo che ci avremmo messo alcuni anni a raggiungere il nostro obiettivo come duo. Siamo certamente contenti di aver coinvolto Greg e non vediamo l’ora di esplorare tutte le possibilità di una lineup a tre.

Mi rendo conto di avervi fatto soltanto domande che hanno a che fare con sentimenti negativi, forse perché le ho scritte ascoltando Wake In Fright. Ora l’album è finito e improvvisamente mi ritrovo a pensare che forse è il caso di dare un messaggio di speranza. A cosa vi rivolgete per trovare sollievo quando tutto sembra andare male? Dove trovate la speranza, il sorriso, la “luce in fondo al tunnel”
Film, dolci, amici, libri, MUSICA.
Prima o poi moriremo tutti.

Flyer by Francesco Goats.

Non perderti il concerto degli Uniform questo venerdì 27 aprile con Puce Mary, Lettera22 e Von Tesla a Macao, Milano. Segui l’evento su Facebook per avere maggiori informazioni.

Giacomo sarà a Macao. Ma lo trovi anche su Instagram.

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